Pensioni, ecco cosa fare se viene negato l’accompagno

Simone Micocci

20 Aprile 2025 - 09:52

Ecco cosa fare se viene negato l’accompagno, come fare ricorso contro l’Inps per l’indennità.

Pensioni, ecco cosa fare se viene negato l’accompagno

L’indennità di accompagnamento, comunemente conosciuta anche come “accompagno”, è un supporto fondamentale per i cittadini con disabilità che necessitano di aiuto quotidiano.

Per il riconoscimento dell’indennità da parte dell’Inps, infatti, non è sufficiente l’invalidità al 100%, bensì bisogna dimostrare la mancanza di autonomia. Deve trattarsi di una necessità ulteriore rispetto alla condizione di invalidità, che si traduce nell’attestata incapacità di deambulare o, alternativamente, compiere i comuni atti della vita quotidiana (mangiare, lavarsi e così via) da soli.

L’accompagnamento è appunto finalizzato alle spese per la cura e l’assistenza, indipendentemente dal reddito del titolare, con un trattamento 2025 di 542,02 euro al mese. Quando viene negato l’accompagno si subisce quindi un forte disagio e chi ritiene di rispondere adeguatamente ai requisiti si sente vittima di un’ingiustizia. Non si tratta però di una decisione insindacabile, perciò non bisogna perdere le speranze. Ecco cosa si può fare.

Cosa fare se l’accompagno viene negato. La causa contro l’Inps

Il diritto all’indennità di accompagnamento può essere riconosciuto anche senza consentire al beneficiario di ricevere il trattamento economico, ad esempio perché riceve già una prestazione analoga e quindi incompatibile.

Ciò accade quando si percepisce un’indennità per l’invalidità a causa di guerra, servizio o lavoro, anche se il cittadino ha diritto a scegliere il trattamento più favorevole economicamente. L’altra ipotesi in cui non si può ricevere l’assegno - o se ne subisce la sospensione - è il ricovero gratuito in istituto per un periodo superiore a 30 giorni.

Altrimenti, l’indennità di accompagnamento spetta sempre a chi ne ha i requisiti di salute ed è subordinata alla valutazione della Commissione medica invalidi civili dell’Inps, che deve comunicare l’esito attraverso un verbale.

Dalla notifica del verbale, il cittadino ha un tempo di 6 mesi per opporre un ricorso, dovendo quindi affidarsi a un avvocato per intentare una causa contro l’Inps.

L’intervento del legale è fondamentale per richiedere al tribunale competente (nel capoluogo di provincia dove risiede il cittadino) la nomina di un Consulente tecnico d’ufficio (Ctu). Il tribunale procede così a nominare un medico legale terzo e imparziale che visita nuovamente il paziente e sottopone al giudice il proprio parere professionale. Non si tratta di un vero e proprio grado di giudizio, ma di una fase denominata “accertamento tecnico-preventivo” che serve appunto a ottenere la valutazione medica, senza la quale il giudice non avrebbe basi per decidere.

Proprio il verbale del medico legale è il fulcro di questo procedimento e viene notificato agli avvocati di entrambe le parti, che possono proporre il proprio parere entro 15 giorni. Se il verbale è positivo e non avviene opposizione da parte dell’Inps, il tribunale sancisce l’omologazione entro 30 giorni dal deposito dello stesso in cancelleria. Se il verbale è negativo, invece, il paziente può opporsi entro 30 giorni dal deposito e proponendo un ricorso entro i 30 giorni successivi. In questa fase la valutazione del giudice è comunque basata su nuove consulenze tecniche, che possono superare o integrare la precedente.

L’esito della sentenza

Al termine, il cittadino può quindi ottenere l’accompagnamento in precedenza negato oppure no. In quest’ultimo caso, non resta che proporre una nuova richiesta all’Inps e ricominciare il procedimento dall’inizio. Per questo genere di azioni non sono necessarie particolari considerazioni, dal momento che tutto viene affidato ai consulenti tecnici. Allo stesso tempo, è sempre preferibile capire con precisione il motivo del rigetto e consultare un esperto per comprendere se il verbale risulta effettivamente discrepante rispetto alle proprie condizioni di salute.

In ogni caso è indispensabile farsi assistere da un avvocato, eventualmente con l’ausilio del patrocinio gratuito a carico dello Stato se si rientra nei requisiti di reddito. Altrimenti, si ricorda che in caso di soccombenza dell’Inps quest’ultimo sarà chiamato al rimborso delle spese legali e processuali. Viceversa, per le cause previdenziali è previsto l’esonero dalle spese processuali per il cittadino soccombente con reddito entro il doppio del limite per il gratuito patrocinio.

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