Si torna a parlare con insistenza della Legge Fornero in vista di un eventuale Governo Draghi; ma cosa cambierebbe qualora i requisiti per il pensionamenti dovessero essere solamente quelli dettati dalla riforma del 2011?
Andare in pensione tenendo conto della sola Legge Fornero: come sarebbe?
Si parla con insistenza di un ritorno dell’Italia al regime pensionistico descritto dalla riforma Fornero del 2011. Prima l’Unione Europea che tra le linee guida per l’accesso al Recovery ha messo la piena attuazione della Legge Fornero, adesso la possibilità di un Governo Draghi che sul fronte pensioni potrebbe prendere delle scelte anche impopolari.
Ma cosa cambierebbe davvero con un ritorno totale della Legge Fornero? In realtà poco o nulla; abbiamo provato ad immaginare, infatti, un sistema pensionistico basato solamente su quanto stabilito dalla riforma del 2011 e come vedrete di seguito non ci sono grandi novità rispetto a cosa già accade oggi.
Legge Fornero: cosa è successo negli ultimi anni?
È bene sottolineare che già oggi il sistema pensionistico è regolato da quanto deciso in quel famoso 2011, quando in piena crisi finanziaria l’allora Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, approvò la riforma delle pensioni aumentando l’età pensionabile.
Da allora ci sono state altre riforme delle pensioni, ma nessuna di una tale portata; negli anni, infatti, si è cercato di rendere meno severa la riforma Fornero, andando ad introdurre misure di flessibilità a tutela delle categorie di lavoratori più svantaggiati.
Ad esempio, il Governo di Centrosinistra pensò all’Ape Sociale e all’Ape Volontario, due misure che consentono l’uscita anticipata dal mercato del lavoro a 63 anni andando a percepire nel contempo un’indennità sostitutiva pari alla pensione fino ad allora maturata. L’indennità viene erogata tramite un prestito erogato da un istituto finanziario, il quale poi dovrà essere restituito al raggiungimento della pensione. Nel caso dei lavoratori che rientrano nelle categorie previste dall’Ape Sociale (disoccupati, invalidi, caregiver, usuranti) sarà lo Stato a farsi carico del prestito. Per l’Ape Volontario, invece, ciò spetta al lavoratore, con il prestito che verrà restituito con trattenute sulla futura pensione.
Successivamente è stata la volta di Quota 100, vero e proprio punto di rottura rispetto a quanto stabilito dalla Legge Fornero. Rispetto all’Ape, infatti, Quota 100 si rivolge a tutte le categorie di lavoratori e non prevede penalizzazioni sull’assegno: ha rappresentato, quindi, una vera e propria alternativa alla pensione con i requisiti dettati dalla riforma Fornero, con l’uscita dal mercato del lavoro possibile già all’età di 62 anni (a condizione che nel frattempo ci siano almeno 38 anni di contributi accreditati).
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Questo quanto successo negli ultimi anni, ma va detto che la riforma Fornero è attualmente in vigore. I requisiti per il pensionamento, sia per quanto riguarda la pensione di vecchiaia che per quella anticipata.
La domanda che ci dobbiamo fare, quindi, non riguarda cosa accadrebbe in caso di ritorno alla riforma Fornero, in quanto questa è rimasta in vigore in tutti questi anni (al contrario di quanto sostenuto da Matteo Salvini, il quale più volte si è preso i meriti per aver cancellato la Legge Fornero). Quello che piuttosto ci interessa è capire cosa potrebbe succedere nel caso in cui un eventuale Governo Draghi decidesse di annullare tutte le riforme fatte in passato mantenendo la sola Legge Fornero come punto di riferimento per l’accesso alla pensione.
Pensione con la sola Legge Fornero: quando si smette di lavorare?
Tenendo conto della sola riforma Fornero, i requisiti per il pensionamento sono i seguenti:
- pensione di vecchiaia: 67 anni di età e 20 anni di contributi;
- pensione di vecchiaia contributiva (per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996): 71 anni di età e 5 anni di contributi;
- pensione anticipata: 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne;
- pensione anticipata con Quota 41: 41 anni di contributi, di cui 12 mesi accreditati prima del compimento dei 19 anni (lavoratori precoci);
- pensione anticipata contributiva (per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996): 64 anni di età e 20 anni di contributi, oltre ad una pensione maturata superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.
A questo bisogna aggiungere che la Legge Fornero ha previsto un adeguamento dei suddetti requisiti con le aspettative di vita, il che comporterà un aumento nei prossimi anni.
Il prossimo adeguamento con le aspettative di vita è in programma il 1° dicembre 2023 e sarà così ogni biennio: con la sola Fornero, infatti, si rischierà di andare anche oltre i 67 anni con l’avanzare degli anni, in quanto misure come il blocco dell’età pensionabile (che la riforma del 2019 ha disposto per la pensione anticipata) non saranno ammesse.
Niente misure di flessibilità e pensione con i soli requisiti suddetti che tra l’altro potrebbero aumentare ogni due anni. Questo sarebbe lo scenario qualora l’Italia dovesse basarsi sulla sola Legge Fornero, dimenticando misure come Quota 100 (o Quota 102) che possano permettere di anticipare il collocamento in quiescenza.
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