La pensione non preclude il diritto al trattamento integrativo (ex Bonus Renzi) di 100 euro per coloro che nel contempo svolgono un’attività lavorativa.
Chi prende la pensione ha diritto all’ex bonus Renzi, oggi trattamento integrativo di 100 euro, ma solo quando ovviamente soddisfa il requisito principale per avere accesso a questa prestazione: è allo stesso tempo un lavoratore dipendente.
Il trattamento integrativo riconosciuto ai sensi del decreto legge n. 3 del 2020, convertito dalla legge n. 21 del 2020, infatti, per quanto si tratti di una sorta di rimborso Irpef è erogato solamente in favore di coloro che sono in possesso di un reddito da lavoro subordinato o similare. Non spetta quindi sulla sola pensione, sulla quale per abbattere l’Irpef dovuta si applicano solamente le normali detrazioni.
Tuttavia, nulla toglie che il pensionato che allo stesso tempo svolge attività di lavoro subordinato - per la quale ricordiamo che non ci sono limiti eccetto che per coloro che hanno avuto accesso “agevolato alla pensione”, come nel caso di Quota 103 - possa al tempo stesso godere anche del trattamento integrativo in oggetto il quale solitamente viene pagato direttamente in busta paga.
Va ricordato però che per avere diritto al bonus in oggetto è necessario soddisfare un limite di reddito che a partire da quest’anno è pari a 15 mila euro lordi. A tal proposito, si potrebbe pensare che il fatto di avere oltre al reddito da lavoro quello da pensione possa comportare il superamento della suddetta soglia precludendo così l’accesso al trattamento integrativo.
Ma è davvero così? Facciamo chiarezza.
Ex bonus Renzi 100 euro, quando spetta ai pensionati
Come anticipato, il trattamento integrativo introdotto in sostituzione del bonus Renzi è una prestazione introdotta al fine di ridurre il cuneo fiscale, ossia la differenza che c’è tra lo stipendio lordo e netto.
È rivolta ai soli lavoratori dipendenti: quindi possono goderne anche coloro che mentre percepiscono la pensione continuano a lavorare come dipendenti.
Tuttavia, bisogna ricordare che con l’ultima riforma fiscale il limite per godere del trattamento integrativo è stato abbassato da 28.000 a 15.000 euro lordi. Quindi è diventato più complicato accedervi, per quanto ci teniamo subito a sottolineare che i redditi da pensione non sono considerati nel suddetto limite.
Come specificato dall’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 3 del 5 febbraio del 2020, nei redditi considerati ai fini del riconoscimento del trattamento integrativo non si considerano quelli “indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”, quali:
- le pensioni di ogni genere e gli assegni a esse equiparati;
- compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca
- le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, a esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;
- quanto percepito a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale
- quanto percepito per il ruolo di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, come pure dalle collaborazioni a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita
- prestazioni pensionistiche complementari.
Quindi, avere una pensione - anche se complementare - non impedisce di accedere al bonus, a patto che il reddito da lavoro subordinato sia inferiore a 15 mila euro e, ricordiamo, superiore a 8.500 euro (al di sotto della quale si è incapienti).
Bonus 100 euro meglio in busta paga o a fine anno?
Fatta chiarezza sul fatto che il reddito da pensione non incide sul diritto al trattamento integrativo, è ovvio che non c’è differenza nel percepire il bonus 100 euro in busta paga o in sede di dichiarazione dei redditi. Molto, quindi, dipenderà dalle preferenze personali.
Chi aspetta il modello 730 lo fa infatti perché ha paura che il possesso di altri redditi da lavoro subordinato possa comportare il superamento della soglia e la conseguente restituzione del bonus. In questo caso, però, non ci sono problemi in quanto appunto la pensione non è considerata.
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