Pensioni, dal 2023 l’uscita dal lavoro si complica: perché e chi ci rimette di più

Stefano Rizzuti

09/12/2022

Con quota 103, la riforma di Opzione donna e la rivalutazione degli assegni, andare in pensione nel 2023 può essere più complicato o meno conveniente: chi rischia di essere maggiormente penalizzato.

Pensioni, dal 2023 l’uscita dal lavoro si complica: perché e chi ci rimette di più

Uscire dal lavoro in anticipo nel 2023 sarà più complicato. In attesa di una riforma che superi completamente la legge Fornero, come vorrebbe fare il centrodestra, sulle pensioni le novità per il nuovo anno non faranno piacere a tutti. Con la legge di Bilancio, infatti, si rende più difficile lasciare il lavoro prima del raggiungimento dei tradizionali requisiti richiesti proprio dalla Fornero.

Innanzitutto la quota 102 diventerà quota 103: l’uscita anticipata sarà possibile ad almeno 62 anni e con 41 di contributi versati. Opzione donna viene prorogata, ma ridimensionata, anche se le modalità sono ancora in discussione. Non cambierà, invece, l’Ape sociale, che viene semplicemente rinnovato.

Cattive notizie, almeno per una parte dei pensionati, per le rivalutazioni: si passa da tre a sei fasce, penalizzando - con un aumento rispetto all’inflazione minore - chi percepisce un assegno superiore a 2.100 euro. Altro capitolo spinoso è quello delle pensioni minime: cresceranno, ma meno di quel che vuole Forza Italia. Non si arriverà, probabilmente, alla soglia dei 600 euro: non ci sono abbastanza risorse e l’intervento dovrebbe essere rinviato.

Per la riforma vera e propria, invece, si partirà dal 19 gennaio, con i tavoli con i sindacati annunciati dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma come sarà l’uscita anticipata nel 2023 e chi rischia di rimetterci di più?

Quota 103, chi viene penalizzato

Nel 2023 l’uscita anticipata sarà quella prevista dalla quota 103, ovvero con 62 anni di età e 41 di contributi. In teoria non è prevista una penalizzazione, ma di fatto chi aderisce non potrà percepire una pensione superiore a cinque volte i minimi. Quindi cinque volte più di 570 euro circa, la cifra stabilita per le minime nel caso in cui non ci siano modifiche alla manovra sul tema.

Al massimo parliamo di una pensione da 2.815 euro lordi al mese, poco più di 36mila euro l’anno. Inoltre l’assegno non sarà cumulabile con altri redditi da lavoro, se non per quello autonomo con importi inferiori ai 5mila euro. Di fatto aderire a quota 103 vuol dire farsi decurtare una parte dell’assegno: per esempio per le pensioni intorno ai 3.500 euro il taglio è superiore al 20%.

I criteri più stringenti di Opzione donna

Per l’Opzione donna le regole del 2023 devono ancora essere definite. Sembrano saltare i criteri legati ai figli inseriti nella manovra, ovvero l’anticipo a 58 anni per chi ha almeno due figli e a 59 per chi ne ha uno. Dovrebbero invece restare i requisiti riguardanti l’appartenenza ad alcune categorie: caregiver, lavoratrici licenziate o di aziende in crisi e quelle con un’invalidità almeno al 74%. Con Opzione donna si potrebbe quindi andare in pensione con 60 anni d’età e 35 di contributi, ovvero un anno in più rispetto alle regole attuali per le autonome e due per le dipendenti (con criteri più strigenti rispetto al 2022).

Ape sociale, proroga senza modifiche

Resta tutto invariato per l’Ape sociale: in questo caso non ci saranno complicazioni aggiuntive. Potranno andare in pensione, con almeno 63 anni di età e 36 di contributi, i disoccupati, gli invalidi, chi assiste familiari con disabilità, chi compie lavori gravosi. Si scende a 30 anni per i disoccupati da lungo tempo, gli invalidi civili e i caregiver.

Le rivalutazioni delle pensioni nel 2023: chi ci rimette di più

Cambia anche la rivalutazione delle pensioni con l’indicizzazione all’inflazione: si passa da tre a sei scaglioni. Con notizie positive per gli assegni più bassi: la rivalutazione è più che piena per le minime ed è piena per gli importi fino a quattro volte il minimo. Arriva invece un taglio per le pensioni sopra i 2.100 euro, con un ulteriore aggravio sopra i 2.626 euro.

Con un assegno da circa 3mila euro, quindi, la cifra scende nettamente rispetto alle stime precedenti: con la rivalutazione si perdono circa 46 euro al mese. I sindacati hanno chiesto al governo di ampliare la rivalutazione al 100%, estendendola anche ad assegni superiori a 2.100 euro. Le risorse sono poche e sembra quindi difficile, ma il governo non ha del tutto escluso questa ipotesi.

Pensioni, quante uscite anticipate ci saranno nel 2023

Secondo le stime dell’Osservatorio previdenza di Cgil e Fondazione Di Vittorio nel 2023 le uscite anticipate, considerando quota 103, Opzione donna e Ape sociale, riguarderanno solamente 25mila lavoratori e lavoratrici. Parliamo, quindi, di circa il 40% delle adesioni rispetto alle previsioni del governo: secondo la legge di Bilancio, infatti, dovevano essere 90mila.

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