Covid, diverse le conseguenze sulle pensioni: il calo delle aspettative di vita potrebbe avere effetti positivi sia sugli assegni che sulla data del pensionamento.
C’è una notizia importante di questa settimana che avrà delle conseguenze anche sul fronte pensioni: il Covid ha ridotto l’aspettativa di vita media degli italiani. La speranza di vita è crollata a causa dei numerosi decessi per Covid, facendo perdere i progressi dell’ultimo decennio.
La speranza di vita è un parametro molto importante per le pensioni: le ultime riforme, dalla Dini alla Fornero, infatti, hanno legato a questo dato sia la data del pensionamento che il calcolo dell’assegno, stabilendo che ogni due anni ci dovesse essere un adeguamento in base alla variazione delle aspettative di vita.
L’ultimo aggiornamento c’è stato nel 2021, il prossimo è in programma per il 2023: ed è in quell’occasione che potremo vedere in che modo il Covid ha impattato sulle pensioni.
Pensioni: come il Covid impatta sugli assegni
Ci sono due motivi per i quali il Covid avrà conseguenze sugli assegni di pensione.
Il primo riguarda il crollo del PIL. Per capire in che modo questo impatta sull’importo dell’assegno è bene ricordare come funziona il calcolo contributivo della pensione, introdotta dalla riforma Dini dal 1° gennaio 1996: ebbene, con questo sistema l’importo è il prodotto di un coefficiente di trasformazione - il quale è tanto più vantaggioso quanto più si ritarda l’accesso alla pensione - per il montante contributivo, ossia la somma dei contributi versati dal lavoratore.
Il montante contributivo ogni anno viene rivalutato, moltiplicandolo per un tasso di capitalizzazione che è pari alla crescita media del PIL nominale nel quinquennio precedente.
Un calo drastico del PIL, quindi, non giova sulle pensioni. Tuttavia, stando ai dati attuali, sembra che, per il momento, per i montanti contributivi non ci saranno conseguenze con il crollo del PIL accertato nel 2020 (-7,8% in termini nominali e -8,9% in quelli reali). La media quinquennale (dal 2015 al 2020) è attualmente pari a 0,99954, di poco sotto la parità. Si tratta di un dato provvisorio, ma per il momento sembra sia stata evitata la variazione negativa che tutti temevano.
Nel lungo periodo, però, le conseguenze si sentiranno eccome. Infatti, per recuperare il PIL nominale che è andato perduto lo scorso anno servirà una forte crescita economica. Ma la pandemia continua a richiedere restrizioni e ad oggi il rilancio dell’economia è ancora un obiettivo lontano.
Ma c’è un altro motivo per cui il Covid potrebbe impattare sull’importo delle pensioni e questa volta potrebbe esserci persino un vantaggio per i futuri pensionati. Come anticipato, infatti, il coefficiente di trasformazione che si applica sul montante contributivo per il calcolo dell’assegno, è legato alle aspettative di vita: ogni due anni questi vengono aggiornati in base alla variazione delle speranze di vita e in caso di incremento, com’è stato negli ultimi anni, i coefficienti di trasformazione diventano sempre meno vantaggiosi per il lavoratore al quale conviene ritardare l’accesso alla pensione per avere un assegno più alto.
Una decelerazione delle aspettative di vita, quindi, ha un effetto positivo sull’assegno di pensione. Gli effetti di questa situazione li vedremo il 1° gennaio 2023, quando i nuovi coefficienti di trasformazione saranno definiti da un apposito decreto direttoriale del Ministero del Lavoro.
Se il trend dovesse essere confermato, per la prima volta dopo anni non ci sarà un calo dei coefficienti di trasformazione ma questi potrebbero anche restare invariati rispetto ad oggi.
Pensioni: come il Covid impatta sulla data del pensionamento
Il 1° gennaio 2023, inoltre, ci sarà l’adeguamento dei requisiti per l’accesso alla pensione con la variazione delle aspettative di vita. Secondo le previsioni, nel 2023 era in programma un incremento di tre mesi dell’età pensionabile, ma solo nel caso in cui il trend di crescita delle aspettative di vita registrato negli ultimi anni sarebbe rimasto invariato.
Come abbiamo appena visto non è stato così: non è da escludere, quindi, che il crollo delle aspettative di vita possa portare i requisiti per l’accesso per la pensione a rimanere invariati per almeno un altro biennio (2023-2024).
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