Pensioni, in arrivo una nuova riforma: il governo intenzionato a potenziare il secondo pilastro per evitare scenari drammatici in futuro.
Non è un segreto che sia necessario intervenire sulle pensioni attraverso una riforma strutturale, specialmente per risolvere il problema di quei lavoratori che nei prossimi anni rischiano di trovarsi con un assegno molto basso, incapace di rappresentare un adeguato sostegno economico.
Il passaggio integrale al calcolo contributivo, unito alle difficoltà del mondo del lavoro con carriere spesso discontinue, rendono il futuro delle pensioni alquanto incerto. E non è un caso che la stessa Giorgia Meloni nel suo discorso di insediamento alle Camere aveva posto la “messa in sicurezza delle pensioni future” come unico obiettivo sul fronte previdenziale. Niente superamento della legge Fornero o una maggiore flessibilità in uscita: l’obiettivo si chiama pensione di garanzia, per quanto a oggi non siano stati fatti passi in avanti in questa direzione con il governo che ha preferito concentrarsi sulle misure “spot” capaci di attrarre un maggior numero di elettori (vedi ad esempio l’introduzione e la successiva conferma di Quota 103).
Ma una riforma capace di intervenire sulle pensioni future sembrerebbe comunque in programma, almeno secondo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che nel corso dell’ultimo Salone del risparmio che due settimane fa si è tenuto a Milano ha posto nuovamente l’attenzione sull’importanza del secondo pilastro previdenziale, i fondi per la pensione integrativa e complementare.
Una delle soluzioni al rischio di ritrovarsi con una pensione molto bassa, infatti, è rappresentata proprio dal secondo pilastro, dalla possibilità che intervenga una seconda rendita mensile a integrare quella liquidata dall’Inps. Tuttavia, un po’ per ignoranza finanziaria e un po’ per la difficoltà di recuperare risparmi da investire in un fondo pensioni, il numero di lavoratori che vi hanno aderito è ancora molto basso: secondo una recente ricerca di Moneyfarm, degli oltre 24,2 milioni di cittadini nati tra il 1965 e il 1994 - pari al 41% della popolazione italiana - solamente il 26% è iscritto a un fondo pensione.
L’obiettivo è aumentare questo numero facendo in modo che quanti più lavoratori agiscano personalmente per assicurarsi una pensione più alta. È su questo che si muoverà la prossima riforma delle pensioni.
Pensioni, arriva la riforma strutturale del secondo pilastro
Il ministro Giorgetti - che da sempre ha messo in luce le difficoltà del sistema previdenziale italiano minimizzando sulle possibilità che allo stato attuale possa esserci una riforma che garantisca una maggiore flessibilità in uscita - non ha dubbi sul fatto che “se guardiamo al sistema pensionistico in prospettiva è evidente che sarà sempre più essenziale il ruolo della previdenza complementare”.
Perché per quanto sia vero che “negli ultimi anni l’adesione a tali forme è cresciuta costantemente”, in Italia non è stato raggiunto ancora il livello di altri Paesi. Il tutto nonostante un trattamento fiscale di favore per chi si iscrive a un fondo pensione, come pure agli ottimi risultati in termini di rendimento ottenuti nel 2024.
In questi ultimi anni il governo ha provato ad aumentare l’interesse nei confronti dei fondi pensione: ad esempio, con l’ultima legge di Bilancio è stato specificato che anche l’importo della rendita viene valutato ai fini del raggiungimento del requisito economico richiesto per uscire con 3 anni di anticipo grazie all’opzione contributiva della pensione anticipata. Ma non basta. Ed ecco quindi l’intenzione di una riforma più strutturale che dovrebbe muoversi su un doppio binario:
- da una parte introducendo l’obbligatorietà di adesione, come tra l’altro rilanciato - sempre allo stesso evento - dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Questo ha spiegato che introdurre un “automatismo” nell’adesione ai fondi pensione è una possibilità su cui il governo sta ragionando da tempo, specialmente per chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro;
- dall’altra, sarà necessario abbassare i costi dei fondi pensione. Perché come anticipato, il problema non è solo di una scarsa educazione finanziaria, ma anche del fatto che spesso non c’è abbastanza liquidità da destinare a questo tipo di investimento. Ecco perché gli sforzi pubblici dovranno essere orientati anche su questo fronte, con l’obiettivo di tagliare ulteriormente i costi e rendere l’adesione a un fondo pensione un investimento sostenibile per la maggior parte delle persone.
Oggi, per un problema di scarso interesse sul tema - va detto che molti giovani non sembrano davvero preoccuparsi delle difficoltà che troveranno una volta che andranno in pensione - e per costi ancora fuori portata per buona parte dei lavoratori, quello della pensione integrativa sembra essere ancora un “mercato di nicchia” - come definito da Mario Nava, direttore generale della Direzione generale per il Sostegno alle riforme strutturali (Dg Reform) della Commissione europea - ma il problema è che in realtà dovrebbe interessare tutti. D’altronde stiamo parlando di numeri spaventosi: 25 milioni di over 65 andranno in pensione nei prossimi 25 anni, se non si interverrà subito il rischio che molti di questi saranno dei “nuovi poveri” è davvero alto.
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