Il rinnovo di contratto della Pubblica amministrazione avrà conseguenze anche sulle pensioni di chi ci è andato nell’ultimo triennio. Il ricalcolo, con relativo aumento, avverrà d’ufficio.
Il governo è al lavoro per il rinnovo del contratto della Pubblica amministrazione, riferito al triennio 2022-2024, con il quale ne dovrebbe risultare un aumento medio e lordo di circa 180 euro al mese. Un’operazione che avrà un effetto positivo anche per le pensioni, presenti e future.
A guardare interessati al rinnovo di contratto della Pubblica amministrazione ci sono infatti anche coloro che sono andati in pensione nel triennio interessato, tra il 2022 e il 2024. L’incremento stipendiale, infatti, comporterà un ricalcolo della pensione, tenendo conto dei contributi previdenziali versati in più grazie al rinnovo, con relativo aumento.
Quindi, se da una parte per i lavoratori ci sarà un aumento di stipendio, per chi nel frattempo è andato in pensione è previsto un incremento della pensione, ovviamente non di pari importo. Va detto però che in entrambi i casi spettano anche gli arretrati: le mensilità trascorse, quindi, verranno comunque riconosciute agli aventi diritto.
Come funziona il ricalcolo della pensione con il rinnovo di contratto
A oggi sembra molto complicato che per il rinnovo di contratto della Pubblica amministrazione venga raggiunto un accordo per riconoscere gli aumenti stipendiali già nel corso del 2024. Le trattative sono appena iniziate nei comparti Difesa, Sicurezza e Sanità, mentre in altri deve essere ancora aperto il tavolo.
Come anticipato, però, chi nel frattempo è andato in pensione non deve temere di perdere i vantaggi riconosciuti dal rinnovo. Per le mensilità trascorse spetteranno gli arretrati e della maggiore contribuzione versata se ne terrà conto al momento del ricalcolo della pensione.
L’ultima retribuzione percepita, d’altronde, incide tanto sulla parte calcolata con il retributivo che su quella contributiva: un aumento, più o meno considerevole a seconda dei casi, impatta quindi anche sull’importo della pensione.
La buona notizia è che il ricalcolo avviene d’ufficio, senza quindi alcuna richiesta da parte del pensionato. Sarà l’Inps, una volta acquisiti gli effetti del rinnovo contrattuale, a procedere con la riliquidazione dell’assegno effettuando un nuovo calcolo alla luce degli elementi a disposizione.
Attenzione però: mentre per l’arrivo degli arretrati riferiti alle mensilità in cui si era ancora al lavoro non ci sarà da attendere molto, per il ricalcolo della pensione le tempistiche rischiano di essere molto più lunghe.
Tanto che potrebbero volerci anche anni: come prima cosa, infatti, l’amministrazione di riferimento deve adeguare alla data del rinnovo l’inquadramento economico del lavoratore, per poi comunicare tutto all’Inps. Anche perché l’aumento di stipendio non incide solamente sulla pensione, ma anche sul TFS (sempre liquidato dall’Inps).
Solo una volta acquisiti i nuovi elementi l’Inps effettua il ricalcolo della pensione, operazione che comporta non solo l’aumento del trattamento previdenziale ma anche il pagamento degli arretrati fin dalla data di liquidazione dell’assegno.
Aumenti considerevoli solo per chi smette di lavorare nel 2024
Va detto comunque che il rinnovo di contratto garantirà un aumento significativo, si parla appunto di 180 euro medi e lordi, solamente a decorrere dal 2024. Per gli anni 2022 e 2023 si prevedono cifre molto più basse, ragion per cui chi ha smesso di lavorare in questo biennio difficilmente noterà una grande differenza sulla pensione al momento del ricalcolo.
D’altronde va ricordato che sull’aumento di stipendio solo il 33% viene versato ai fini contributivi. Su un incremento di 180 euro, quindi, si tratta di circa 60 euro al mese, mentre con aumenti tra i 10 e i 20 euro come dovrebbero essere quelli spettanti per 2021 e 2022 la maggiore contribuzione dovuta sarebbe tra i 3 e i 6 euro al mese. Troppo poco per aspettarsi un significativo aumento della pensione.
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