Pensioni, buone notizie se prima del 1992 hai fatto almeno una di queste due cose

Simone Micocci

26 Ottobre 2024 - 09:46

Il 1992 è stato un anno molto importante per le pensioni. Ecco quali vantaggi ci sono per chi entro questa data ha chiesto l’autorizzazione al versamento volontario o ha aderito a un fondo pensione.

Pensioni, buone notizie se prima del 1992 hai fatto almeno una di queste due cose

Conoscere la normativa sulle pensioni è molto importante, in quanto è tra le varie leggi che si sono susseguite in questi anni che si possono nascondere delle agevolazioni da sfruttare o per andare prima in pensione oppure per assicurarsi un trattamento economico più vantaggioso.

A tal proposito, qui vogliamo raccontarvi di due diverse agevolazioni riconosciute a coloro che entro la fine del 1992 soddisfavano degli importanti requisiti. Questo è stato un anno molto importante per il sistema previdenziale, in quanto è entrata in vigore una delle riforme che ha contribuito a trasformarlo com’è oggi. Ci riferiamo alla legge Amato (D.lgs. n. 503 del 30 dicembre 1992), con la quale c’è stato un primo aumento dell’età pensionabile, poi proseguito con la riforma Dini del 1995 (con la quale c’è stato il passaggio dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo) e dalla più famosa legge Fornero del 2011.

Ed è proprio nella legge Amato che sono presenti delle norme che favoriscono alcuni lavoratori, in particolare quelli che con lungimiranza hanno provveduto ad assicurarsi una migliore copertura previdenziale provvedendo al versamento volontario di contributi o iscrivendosi a un fondo per la pensione complementare.

A seconda dei casi ci sono delle buone, ma differenti, notizie: vediamo di cosa si tratta.

In pensione in anticipo con il versamento volontario dei contributi entro il 1992

La legge Amato oltre a introdurre le prime norme che hanno portato a un innalzamento dell’età pensionabile ha anche previsto delle deroghe alle attuali regole, riconoscendo ad esempio ad alcuni lavoratori la possibilità di andare in pensione a 67 anni con 5 anni di contributi in meno rispetto a quanto previsto dalla normativa, quindi 15 anni anziché 20.

Nel dettaglio, sono tre le ragioni che consentono di andare in pensione con 15 anni di contributi, di cui la prima è quella riservata a coloro che hanno maturato tutti i 15 anni richiesti entro il 31 dicembre del 1992. È ovvio quindi che più si va avanti negli anni e più questa deroga è destinata a cadere in disuso.

La seconda è quella che ci interessa in questo caso: spetta questa agevolazione, infatti, anche a coloro che entro il 31 dicembre 1992 sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione.

Chi ha fatto richiesta per il versamento volontario della contribuzione entro la suddetta data può andare in pensione quindi anche se non ha raggiunto il requisito minimo richiesto per la pensione di vecchiaia. E la buona notizia è che non necessariamente bisogna aver provveduto al versamento volontario: è sufficiente l’autorizzazione da parte dell’Inps, infatti, per beneficiare dell’agevolazione.

C’è poi una terza deroga Amato che è quella riservata a coloro che hanno iniziato a versare contributi da almeno 25 anni (in realtà da almeno 30 visto che almeno un contributo deve risultare prima del 31 dicembre 1995) e per almeno 10 anni non raggiungono le 52 settimane di contributi. Una misura volta a tutelare chi è stato spesso precario oppure ha lavorato per gran parte del tempo con orario part-time.

L’agevolazione per chi ha aderito a un fondo pensione entro il 1992 (e 1993)

Come anticipato la seconda agevolazione riguarda la rendita futura. Nel dettaglio, fa riferimento alla liquidazione - e alla tassazione - di quanto eventualmente versato in un fondo pensione.

Nel dettaglio si parla di vecchi iscritti ai fondi pensione nel caso di quelle persone che hanno aderito a uno dei vari fondi prima che la previdenza complementare venisse riconosciuta a tutti gli effetti come il secondo pilastro del sistema previdenziale. Possiamo dire che la loro “lungimiranza” è stata premiata, perché come vedremo di seguito per loro ci sono diversi vantaggi.

Nel dettaglio, possiamo definire “vecchi iscritti” coloro che hanno aderito a un fondo pensione prima della legge n. 421 del 1992 con la quale è stata disciplinata la previdenza complementare in Italia. Ma anche per chi lo ha fatto prima dell’entrata in vigore della legge delega del suddetto provvedimento, quindi prima del 29 aprile 1993.

Tra i vantaggi riservati ai vecchi iscritti a un fondo pensione c’è la possibilità di scegliere anche di ricevere il 100% di quanto versato in un’unica soluzione anziché sotto forma di rendita. Tutti gli altri, infatti, possono scegliere al massimo di ricevere il 50% in un’unica soluzione, convertendo l’altra metà di quanto versato in rendita vitalizia.

Ma vanno considerati anche i vantaggi fiscali. La normativa sulla pensione integrativa, infatti, prevede che al momento del pensionamento il capitale e la rendita sono oggetto di una ritenuta d’imposta del 15%, riducibile fino al 9% per gli anni di permanenza oltre il quindicesimo, come stabilito dal D.Lgs. 205/2005. Per i «vecchi iscritti» esistono diversi regimi fiscali, a seconda del periodo in cui sono stati maturati i montanti:

  • Fino al 2000: tassazione separata con aliquota TFR (minimo 23%).
  • Tra il 2001 e il 2006: tassazione separata interna al fondo (minimo 23%).
  • Dopo il 2007: tassazione con aliquota agevolata dal 15% al 9%.

I vecchi iscritti possono quindi scegliere tra applicare la tassazione in vigore fino al 2006 sull’intero capitale o adottare il regime agevolato per i montanti maturati dopo il 2007, con la possibilità di riscuotere il 50% sotto forma di capitale e il resto come rendita.

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