Cambia il sistema di indicizzazione delle pensioni. Ecco perché ci saranno aumenti ogni tre mesi invece che una volta all’anno. Le novità.
Cambia il metodo di calcolo per rivalutare le pensioni. Dal prossimo anno, infatti, potrebbe cambiare il metodo di “perequazione”, cioè il sistema di adeguamento delle pensioni all’inflazione.
Il decreto firmato dal ministro dell’Economia Giorgetti prevede un adeguamento automatico provvisorio per il 2023 pari al 7,3%. Questo verrà corrisposto a partire dal prossimo gennaio, ma in base a quanto annunciato ci potrebbe essere un ricalcolo delle pensioni in base all’inflazione non più annuale, ma su base trimestrale.
La scelta del governo Meloni di adeguare le pensioni all’inflazione su base trimestrale ha l’obiettivo di salvaguardare il potere d’acquisto di moltissimi, ma soprattutto quello di adeguarsi ai rapidi rincari dei beni di prima necessità.
Cambia il metodo d’indicizzazione delle pensioni: per chi
Secondo quanto riportano diversi giornali come Affari italiani e Libero quotidiano, l’indicizzazione del costo della vita per le pensioni potrebbe diventare trimestrale. Il prossimo anno potrebbe, infatti, essere introdotta una legge apposita che riporterebbe a una sorta di ritorno al passato, cioè di un ritorno alla “scala mobile”. L’ipotesi sembra coerente con lo scenario dell’inflazione in Italia e infatti potrebbe divenire realtà nel caso in cui l’inflazione restasse ancora a lungo superiore al valore del 10% come al momento.
Probabile che soltanto i pensionati possano usufruire di questa indicizzazione trimestrale per combattere la rapida crescita dell’inflazione o la sua altrettanto rapida decrescita, un fenomeno che difficilmente può essere controllato invece con la rivalutazioni su base annuale. Sembra infatti più improbabile che lo stesso sistema venga utilizzato per gli stipendi dei lavoratori, poiché sarebbe piuttosto pesante per la controparte dei datori.
Inoltre l’aumento delle pensioni per difendere il potere di acquisto di questi non coinvolgerà tutte le pensioni, ma solo quelle il cui importo non supera di 4 volte il trattamento minimo, quindi circa 2.100 euro. Vengono quindi esclusi tutti gli assegni pensionistici elevati, che invece subiranno un aumento graduale in base alla fascia di reddito.
Che cos’è la scala mobile?
Si tratterebbe quindi di una forma di ritorno alla scala mobile, uno strumento economico utilizzato in Italia fino al 1992. Con “scala mobile” si intende l’indicizzazione dei salari in funzione degli aumenti dei prezzi al fine di contrastare la diminuzione del potere d’acquisto. Al momento è infatti evidente come l’inflazione abbia aumentato il costo della vita in generale, ma in particolare sul prezzo della spesa e nelle bollette delle utenze. Un modo per combattere il carovita è proprio quello dell’indicizzazione, cioè di rivalutare degli stipendi e delle pensioni in base all’aumento del costo delle merci.
Dopo la soppressione, a partire dagli anni 2000 in Italia ci sono state diverse proposte per reintrodurre il sistema economico della scala mobile, in particolar modo da parte della sinistra italiana. La proposta espressa dal governo Meloni è una sorta di ritorno alla scala mobile che vuole adeguare le pensioni e, forse, anche i salari in relazione al costo della vita.
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