Pensioni d’invalidità: l’importo è troppo basso, potrebbe ledere alcuni principi della Costituzione. La Corte d’Appello di Torino interpella i giudici della Consulta.
Pensioni di invalidità: l’importo è troppo basso? Sarà la Corte Costituzionale a dirlo, valutando se esistono degli aspetti della pensione di invalidità che violano i principi dettati dalla Costituzione.
La Consulta dovrà pronunciarsi il prossimo 23 giugno, quando dovrà valutare i dubbi posti dalla Corte d’Appello di Torino riguardo alla legittimità costituzionale di alcuni aspetti riguardanti la pensione per invalidi totali. Ci riferiamo, quindi, a tutti quei cittadini che hanno un’invalidità al 100% e un’età compresa tra i 18 e i 65 anni ai quali la normativa riconosce un assegno mensile - dell’importo di 286,81€ - in caso di un reddito inferiore ai 16.982,49€.
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Da tempo si parla della possibilità di aumentare gli importi delle pensioni di invalidità, ritenuti troppo bassi per garantire un tenore di vita dignitoso, tuttavia ad oggi non ci sono state mosse concrete in questa direzione. Ci sono possibilità di integrare la pensione di invalidità con altri strumenti di sostegno al reddito - vedi ad esempio il reddito di cittadinanza - ma questo non è sufficiente per parlare di aumenti degli assegni.
A tal proposito, la sezione lavoro della Corte d’Appello di Torino ritiene che ci siano diversi aspetti della pensione di invalidità che ledono i principi costituzionali; sarà la Corte Costituzionale, il prossimo martedì 23 giugno, a decidere a riguardo.
Pensioni di invalidità troppo basse?
Nello specifico, la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi in merito all’articolo 12 - primo comma - della Legge del 1972 sugli invalidi civili, che determina l’importo dell’assegno di pensione per gli invalidi civili totali.
Qui, infatti, si legge che a coloro che hanno un’età superiore ai 18 anni, e a cui sia stata accertata un’inabilità lavorativa totale a seguito di una visita medico-sanitaria, spetta una cifra pari a 234 mila lire annue da ripartire in 13 mensilità. Questa somma ovviamente è stata aumentata nel corso degli anni adeguandola al costo della vita; il risultato è un importo che per il 2020 è pari a 286,81€, da riconoscere per 13 mensilità.
Secondo i giudici della Corte d’Appello di Torino, però, questa somma sarebbe “insufficiente a garantire il soddisfacimento delle elementari esigenze di vita” ed è per questo che la questione è stata girata ai giudici della Corte Costituzionale per valutare che non ci siano violazioni con quanto disposto dall’articolo 38 - primo comma - della Costituzione, il quale recita:
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
Per i giudici della Corte d’Appello di Torino, quindi, l’importo è talmente basso che la pensione di invalidità oggi non garantisce l’adeguato mantenimento ai cittadini inabili al lavoro; vedremo cosa ne penserà la Corte Costituzionale.
Ci potrebbe essere, inoltre, una violazione del principio di uguaglianza tutelato dall’articolo 3 della Costituzione. Questo perché, secondo i giudici, non è corretto che ci sia una tale differenza d’importo tra la pensione di invalidità (286,81€) e l’assegno sociale (459,83€), quella prestazione corrisposta ai cittadini di età superiore ai 66 anni in possesso di determinati requisiti reddituali (che sono meno favorevoli di quelli richiesti agli inabili totali per il riconoscimento della relativa indennità).
Dal momento che, almeno secondo i giudici della Corte d’Appello, la situazione di coloro che hanno superato i 66 anni e hanno un reddito molto basso è sostanzialmente simile a quella degli inabili totali al lavoro, costituisce violazione del principio di uguaglianza il fatto che gli importi delle due misure siano così differenti tra di loro.
Sarà la Corte Costituzionale ad esprimersi in tal senso; una sentenza molto attesa in quanto potrebbe avere ripercussioni sugli assegni delle pensioni di invalidità, obbligando la politica ad intervenire per aumentarne l’importo.
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