Le pensioni escono sconfitte dall’accordo per il Recovery Fund: ecco perché l’Italia dovrà prestare attenzione alle riforme che intende attuare nei prossimi anni.
Pensioni, ultime notizie: in futuro l’Italia sarà osservata speciale dell’Unione Europea. È questo, in sintesi, il principio affermatosi con l’accordo per un Recovery Fund da 750 miliardi di euro. Intendiamoci: quello raggiunto dal Premier Giuseppe Conte è un ottimo risultato, se non altro perché permette all’Italia di avere sufficienti risorse per ripartire dopo la crisi.
Tuttavia, l’accordo sottoscritto rappresenta anche una vittoria per i Paesi cosiddetti frugali, i quali sono riusciti ad ottenere una sorta di controllo sulle risorse stanziate.
Andiamo con ordine: l’accordo raggiunto dall’Unione Europa mette sul tavolo 750 miliardi di euro, di cui 390 di sovvenzioni (che quindi non andranno rimborsati) e altri 360 miliardi di prestiti. Nel dettaglio, per l’Italia sono previsti 209 miliardi di euro, di cui 127 miliardi come prestito e 82 miliardi di finanziamenti a fondo perduto.
La parola “prestito”, però, spaventa i più attenti: d’altronde in più di un’occasione Giuseppe Conte ha ribadito la propria contrarietà al MES proprio perché si tratta di un prestito. Perché allora con il Recovery Fund le cose dovrebbero andare diversamente? A tal proposito c’è chi teme che questo accordo possa portare ad un controllo sull’Italia, specialmente sul fronte pensioni.
Recovery Fund: quali ripercussioni sulle pensioni?
Sono stati giorni di intense trattative: Giuseppe Conte contrapposto al premier olandese Mark Rutte, il quale ha avuto diverse remore riguardo alle politiche pensionistiche attuate dall’Italia negli ultimi anni, come ad esempio Quota 100.
Alla fine l’accordo, comunicato da Giuseppe Conte con grande entusiasmo. Ma va detto che i timori di molti si sono concretizzati: l’Italia nei prossimi anni dovrà rispondere all’Unione Europea riguardo al come saranno utilizzate le risorse messe a disposizione dal Recovey Fund.
Sarà l’Unione Europea, infatti, ad autorizzare o meno queste riforme. Nel dettaglio, il Piano Nazionale di Riforme dovrebbe essere presentato in Europa il prossimo autunno, e all’interno di questo ci saranno una serie di misure che andranno a toccare diversi ambiti, dal lavoro alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alle pensioni. Ma attenzione, perché su quest’ultimo fronte non dobbiamo aspettarci una riforma che permetterà di andare in pensione in anticipo e con assegni più elevati: difficilmente, infatti, l’UE accetterebbe una riforma che andrà ad aumentare la spesa pensionistica.
Anche perché va detto che l’accordo raggiunto stabilisce che il giudizio sulle riforme venga votato a maggioranza qualificata dei ministri europei a Bruxelles. Basterebbe un gruppo di Paesi che rappresenta appena il 35% della popolazione europea a bloccare una proposta dell’Italia; ecco perché per i cosiddetti Paesi frugali l’accordo raggiunto per il Recovery Fund rappresenta comunque una vittoria, in quanto questi potranno comunque tenere sotto costante controllo le riforme che il nostro Paese vorrà attuare.
E le pensioni saranno le sorvegliate speciali; anche perché il premier olandese, Mark Rutte, è riuscito ad ottenere il via libera ad una sua richiesta, quella per cui gli esborsi successivi ai primi siano condizionati dalla verifica del raggiungimento degli obiettivi intermedi descritti dal Piano delle riforme nazionali.
Basterebbe, quindi, che l’Italia sulle pensioni prenda qualche decisione che scontenta l’Europa - da sempre contraria all’aumento della spesa pensionistica - per non avere più accesso alle risorse del Recovery Fund.
Pensioni: cosa ci attende?
Per il momento non c’è il rischio che l’Italia debba attuare una stretta sulle pensioni: Quota 100 dovrebbe essere confermata fino al 2021, e l’aumento dell’età pensionabile dovrebbe esserci solamente dal 2023 quando è in programma un nuovo adeguamento dei requisiti per la pensione con le aspettative di vita.
Tuttavia, l’Italia non potrà neppure attuare la riforma che aveva in programma, con la quale si puntava ad incrementare gli assegni, ad esempio riconoscendo la quattordicesima ad un maggior numero di pensionati, e a prevedere una misura che permetta ai lavoratori di accedere in anticipo alla pensione.
Perché una tale riforma andrebbe ad aumentare la spesa previdenziale, un punto su cui buona parte dell’UE è sempre stata contraria.
Tutto comunque dipenderà dal raggiungimento degli obiettivi indicati dal Piano Nazionale delle Riforme; qualora il traguardo non dovesse essere raggiunto, o comunque nel caso in cui il debito pubblico dovesse aumentare ancora rendendo complicata la restituzione delle somme ricevute in prestito, allora sì che le pensioni verrebbero nuovamente utilizzate per fare cassa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA