Riforma delle pensioni, il governo valuta la proroga di Quota 103, l’estensione di Quota 41 e il ritorno di Quota 96. Ma quale tra le tre soluzioni sarebbe la più conveniente? Facciamo chiarezza.
Per la riforma delle pensioni da attuare nel 2023 il governo sta prendendo in considerazione tre diverse opzioni: Quota 103, Quota 41 o Quota 96.
Per il futuro delle pensioni, quindi, si intende puntare sulle “quote”, nome che sta a indicare il risultato che la somma tra contributi ed età anagrafica deve dare per poter andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti fissati dalla riforma Fornero.
A tal proposito, chi legge delle ultime notizie in tema di riforma delle pensioni si chiede quale tra queste tre opzioni è più conveniente, ossia su quale il governo dovrebbe investire per rendere maggiormente flessibile il sistema finanziario.
Non c’è una risposta valida in assoluto: molto, infatti, dipende dalla propria posizione contributiva, nonché da come le suddette Quote verranno ritagliate. Solitamente, infatti, Quota 41 e Quota 96 sono sicuramente più convenienti rispetto a Quota 103, tuttavia il governo sembra stia valutando l’ipotesi di limitare notevolmente la platea che può accedere a queste due misure, il che ne ridurrebbe automaticamente anche la convenienza; vediamo perché.
Quota 96 la più conveniente per chi ha meno contributi
Oggi per andare in pensione a 61 anni bisogna aver maturato i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata, quindi 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. In alternativa alcuni lavoratori precoci possono accedervi con 41 anni di contributi, ma si tratta di un gruppo ristretto di persone.
Con Quota 96 sarebbe diverso, visto che questa misura consentirebbe il pensionamento a 61 anni con soli 35 anni di contributi. Di fatto, rispetto alle altre due (come vedremo di seguito Quota 41 e Quota 103 richiedono un maggior numero di contributi) questa conviene a coloro che non hanno un’anzianità contributiva elevata.
Tuttavia, almeno secondo quanto riportano le ultime indiscrezioni sulla riforma, il governo sta valutando di ripristinare Quota 96 per i soli lavoratori impiegati in mansioni usuranti e gravosi. Ciò ne riduce notevolmente la platea, e di conseguenza anche il costo della misura che rappresenterebbe così un’alternativa per Quota 41 (alla quale possono sì accedere i gravosi ma solo quelli che hanno almeno 41 anni di contributi di cui 12 mesi maturati entro il compimento dei 19 anni di età) e all’Ape sociale (per la quale sono richiesti 36 anni di contributi e 63 anni di età).
Quota 41 per tutti converrebbe a chi ha meno di 62 anni
Da tempo la Lega punta su Quota 41 per tutti per rendere maggiormente flessibile il sistema pensionistico italiano. Con questa misura, infatti, bastano 41 anni di contributi per andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica, mentre oggi - come visto sopra - per la pensione anticipata ne servono 1 anno e 10 mesi in più per gli uomini e 10 mesi in più per le donne.
Come già abbiamo avuto modo di vedere, Quota 41 in realtà esiste già oggi, ma è limitata a poche persone in quanto vi possono accedere solamente i precoci che rientrano in uno dei profili che necessitano di una maggior tutela (disoccupati, invalidi, caregiver e, appunto, gravosi).
L’estensione di Quota 41 per tutti i lavoratori rappresenterebbe quindi un passo importante in quanto vorrebbe dire superare la legge Fornero per quanto riguarda la pensione anticipata. Potremmo quindi intenderla come la Quota più conveniente delle tre, se non fosse che Giorgia Meloni abbia fissato una condizione affinché si possa procedere con l’estensione di tale misura.
Quota 41 per tutti, infatti, costa troppo e bisogna trovare un modo per contenerne i costi: l’unico è prevedere una penalizzazione per chi vi ricorre, individuata in un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno. Ciò comporterebbe un taglio dell’assegno variabile a seconda della posizione contributiva dell’interessato, in media tra il 10 e il 15 per cento dell’assegno.
Una penalizzazione che renderebbe Quota 41 molto meno conveniente: chi, infatti, per “risparmiare” poco meno di 2 anni di lavoro accetterebbe di tagliarsi l’assegno di pensione? Sicuramente qualcuno ci sarà, ma molti meno rispetto a quelli che sarebbero andati in pensione con Quota 41 per tutti senza paletti.
Quota 103 conviene a chi ha più di 62 anni di età
La terza opzione sul tavolo riguarda la conferma di Quota 103 (al momento in scadenza al 31 dicembre 2023), misura che al pari di Quota 41 consente di andare in pensione con 41 anni di contributi ma solo al compimento dei 62 anni di età.
Di fatto, per chi ha raggiunto questo limite Quota 103 è molto più conveniente di Quota 41 in quanto non prevede penalizzazioni sull’assegno e consente comunque di anticipare il pensionamento rispetto alla pensione anticipata.
Come visto sopra, invece, sotto i 62 anni Quota 41 sarebbe l’unica possibilità per andare in pensione con 41 anni di contributi, ma in tal caso bisognerebbe mettere in conto un taglio dell’assegno.
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