Pensioni, tutte le risposte alle vostre domande

Simone Micocci

27 Gennaio 2025 - 10:12

Hai dubbi su come funzionano le pensioni in Italia? Ecco una guida in cui rispondiamo alle domande più comuni.

Pensioni, tutte le risposte alle vostre domande

Pensi di sapere come si va in pensione in Italia? E quanti soldi prenderai una volta che smetterai di lavorare? La normativa sul pensionamento nel nostro Paese è piuttosto articolata, con regole che rimandano a diverse disposizioni legislative: d’altronde, quello previdenziale è un tema che è stato più volte oggetto di riforma, pertanto non è semplice essere aggiornati su tutti i cambiamenti intervenuti in questi anni.

A tal proposito, immaginiamo che le domande che vi ponete sulla pensione sono diverse: in questo articolo abbiamo provato a raccogliere le più comuni, dando una risposta semplice che possa essere facilmente comprensibile anche a chi non è particolarmente informato su questi temi.

Quando si va in pensione in Italia

Oggi esistono diverse forme per il pensionamento, ragion per cui non c’è una sola risposta alla domanda su quando si va in pensione in Italia. La maggior parte dei lavoratori accede alla pensione cosiddetta di vecchiaia, la quale si raggiunge all’età di 67 anni e con 20 anni di contributi. Se avete iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, dovete soddisfare un altro requisito: la pensione maturata deve avere un importo almeno pari al valore dell’Assegno sociale, oggi di circa 538 euro.

Ci sono poi altre opzioni che consentono di andare in pensione. In particolare c’è la pensione anticipata per la quale non è proprio prevista un’età limite da raggiungere, in quanto è sufficiente aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno se donne. La pensione anticipata poi prevede un’opzione riservata ai cosiddetti lavoratori precoci, ossia coloro che al compimento dei 19 anni di età avevano maturato già 12 mesi di contributi: questi possono smettere di lavorare già una volta raggiunti 41 anni di contributi, a patto che almeno un contributo settimanale sia stato versato entro il 31 dicembre 1995. Inoltre, per accedere alla cosiddetta Quota 41, serve anche far parte di una tra le categorie per le quali è stata riconosciuta una maggior tutela, quali disoccupati, invalidi, caregiver e lavoratori gravosi.

Per chi invece ha iniziato a lavorare dopo il 1996, rientrando nel cosiddetto regime contributivo, ci sono altre due opzioni per il pensionamento di vecchiaia e anticipato. Per il primo serve aver compiuto almeno 71 anni di età, ma sono sufficienti 5 anni di contributi, mentre per il secondo si può smettere di lavorare già a 64 anni di età, e con 25 di contributi, a patto che l’assegno maturato sia almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale (con agevolazioni previste per le lavoratrici madri).

Ci sono poi altre misure di flessibilità, come ad esempio Quota 103 per la quale sono richiesti 41 anni di contributi e 62 anni di età. Tuttavia, la pensione viene calcolata interamente con il sistema contributivo (che come vedremo di seguito rischia di essere maggiormente penalizzante). Lo stesso vale per Opzione Donna riservata alle lavoratrici che hanno compiuto i 61 anni entro la fine del 2024, hanno 35 anni di contributi e fanno parte di una tra le seguenti categorie: invalide, caregiver o lavoratrici licenziate o in corso di (esclusivamente presso grandi aziende).

C’è poi un’altra misura che tuttavia rappresenta perlopiù una forma di “accompagnamento” alla pensione. Si tratta dell’Ape Sociale, riservata a disoccupati, invalidi, caregiver e lavoratori gravosi. Questi possono smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi e 30 anni di contributi (36 per i gravosi) beneficiando nel periodo che li separa dal raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia un’indennità sostitutiva della pensione fino a un massimo di 1.500 euro.

Quanto si prende di pensione?

Rispondere a questa domanda è più complicato visto che quanto prenderai di pensione dipende da una serie di fattori. Come anticipato, molto varia a seconda del periodo in cui i contributi sono stati versati. Esistono, infatti, due diversi sistemi per il calcolo della pensione: il retributivo e il contributivo. Il primo si applica per i periodi antecedenti alla data del 31 dicembre 1995 e si estende fino al 31 dicembre 2011 per coloro che entro la fine del 1995 avevano maturato 18 anni di contributi. Nei periodi successivi, invece, si applica il contributivo.

La differenza tra questi due sistemi è che nel retributivo la pensione è calcolata prendendo una parte - solitamente il 2% per ogni anno di contributi - della retribuzione pensionabile, calcolata facendo una media dei migliori stipendi percepiti negli ultimi anni di carriera.

Con il contributivo, invece, tutta la contribuzione versata contribuisce al cosiddetto montante contributivo, il quale si trasforma in assegno di pensione attraverso l’applicazione di un coefficiente di trasformazione, un parametro tanto più conveniente quanto più si ritarda l’addio al mercato del lavoro.

Quanto prenderai di pensione, quindi, dipende da una serie di circostanze, in particolare da guadagni e da quanti sono gli anni lavorati.

Nei prossimi anni i requisiti per la pensione saranno sempre gli stessi?

No, le regole per l’accesso alla pensione sono in continuo aggiornamento. È stato disposto, infatti, che ogni due anni scatta un adeguamento tra i requisiti per la pensione e le speranze di vita: ciò significa che se si vive per più anni si smetterà anche di lavorare più tardi.

A tal proposito, il prossimo aggiornamento è in programma nel 2027, quando dovrebbe esserci un incremento di 2 o 3 mesi secondo le previsioni dell’Istat.

Se non raggiungo i requisiti per andare in pensione che succede ai contributi versati?

Devi sapere che il raggiungimento dei requisiti per l’accesso alla pensione è essenziale per poter fare in modo che i contributi versati in carriera si trasformino in una rendita. In caso contrario si perdono e non sarà possibile in alcun modo recuperarli.

Si può riprendere a lavorare dopo la pensione?

Assolutamente sì, sia come lavoratori autonomi che da dipendenti. Non ci sono, infatti, vincoli rispetto alla possibilità di cumulare i redditi da lavoro con quelli da pensione, eccetto il caso di coloro che hanno fatto accesso a Quota 103 i quali possono riprendere a lavorare solo una volta raggiunti i 67 anni di età.

In tutti gli altri casi non ci sono limiti. Anzi, i contributi versati possono essere utilizzati per aumentare di nuovo l’assegno, facendo richiesta del cosiddetto supplemento di pensione.

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