Pensioni: dai lavori usuranti a Quota 41 per tutti, intervista a Tripiedi (M5S)

Antonio Cosenza

30/07/2020

Pensioni: possibile estensione della platea dei lavori usuranti, anche Quota 41 per tutti è nelle intenzioni del Movimento 5 Stelle. Ne parliamo con Davide Tripiedi, deputato per il M5S in Commissione Lavoro.

Pensioni: dai lavori usuranti a Quota 41 per tutti, intervista a Tripiedi (M5S)

Pensioni: in Commissione Lavoro si discute della proposta di legge firmata da Davide Tripiedi (Movimento 5 Stelle) riguardo al possibile allargamento della platea dei lavori usuranti.

Con Tripiedi noi di Money.it abbiamo parlato non solo di questa proposta di legge, ma anche di altri temi caldi sul fronte pensioni: si pensi, ad esempio, alla possibile estensione a tutti i lavoratori della possibilità di accedere a Quota 41, come pure di come potrebbero essere utilizzate le risorse del Recovery Fund.

Un’intervista che arriva poche ore dopo dalla promessa del Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, riguardo ad una riforma delle pensioni strutturale da attuare dopo Quota 100.

Ma vediamo nel dettaglio cosa dobbiamo attenderci per il prossimo futuro secondo quanto spiegato dall’Onorevole Tripiedi (che ringraziamo per la disponibilità).

Onorevole Tripiedi, lei sta lavorando personalmente al disegno di legge per la tutela dei lavoratori usuranti per l’accesso al pensionamento anticipato. Può dirci, in sintesi, quali sono i contenuti di questo disegno di legge?

Il tema delle pensioni per me e per noi del Movimento 5 Stelle è da sempre di fondamentale importanza.

Non a caso, sin dalla passata legislatura, dopo pochi anni da che sono entrato in Parlamento, ho depositato la mia proposta di legge per includere anche gli edili nella categoria dei lavori considerati usuranti.

Così facendo si potrà permettere di poter far accedere ad un meritato pensionamento anticipato anche i muratori e tutti i lavoratori appartenenti alla stessa categoria che siano stati soggetti per tutta la loro vita lavorativa a mansioni faticose.

È un diritto che gli spetta per logica. Chi svolge lavori gravosi, infatti, è normale che sia più portato a continui problemi di tipo fisico e anche a ripetuti rischi per la propria incolumità sul posto di lavoro e che quindi, proprio per questi motivi, meriti di poter andare in pensione prima di chi invece non ha svolto tali tipi di mansioni.

Un altro nodo fondamentale della proposta di legge è quello che riguarda l’aspettativa di vita dei lavoratori che pur svolgono mansioni diverse. Ora è equiparata, sia che si faccia il ragioniere o che si lavori nei cantieri con il caldo asfissiante dell’estate o con il freddo rigido dell’inverno.

Proprio in questo senso va la proposta: è necessario che venga prima di altre tutelata, come è logico che sia, una mansione fisicamente più faticosa come è quella dell’edile. A confermare che la professione dell’edile è usurante sono i diversi studi fatti in merito (io nella mia proposta di legge ne cito tre).

Un altro fattore molto importante da tenere in considerazione è che il settore dell’edilizia risulta essere strategico in Italia e nonostante le diverse crisi attraversate nel tempo è comunque ancora ai primi posti per occupati e fatturato.

Prima dello scoppio della pandemia, sia il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che il Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, si sono detti favorevoli riguardo alla possibilità di riformare il sistema pensionistico italiano cominciando dal prevedere una classificazione delle professioni in base alla gravosità della mansione svolta. In questo modo si potrebbero prevedere dei requisiti differenti a seconda della gravosità della professione. Secondo lei, alla luce della crisi economica, sarebbe ancora possibile - e soprattutto, sostenibile - una riforma di questo tipo?

La nostra spesa pensionistica non è esagerata, insostenibile e sproporzionata rispetto agli altri Paesi avanzati, anzi è il contrario.

Se analizziamo i dati del 2017 noteremo che il bilancio previdenziale dell’Inps è in attivo, addirittura per 31,2 miliardi di euro in particolare per la gestione IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti), cioè per la spesa previdenziale vera e propria. E negli ultimi anni tali cifre sono mutate di poco.

Non è quindi cambiata la volontà del Governo e dell’INPS di procedere per una riforma seria del sistema pensionistico italiano anche nel senso di modificare le diverse classificazioni delle professioni in base alla gravosità della mansioni svolte, privilegiando quelle considerate più usuranti.

Oggi per i lavoratori usuranti che hanno maturato 12 mesi di contribuzione prima del compimento dei 19 anni (i cosiddetti lavoratori precoci) vi è la possibilità di accedere a Quota 41. Proprio Quota 41 è da mesi oggetto di discussione, visto che c’è chi chiede che questa misura possa essere estesa a tutti i lavoratori. Un obiettivo che voi del Movimento 5 Stelle avete sempre detto di voler conseguire, anche se il cambio di maggioranza sembra aver bloccato il percorso iniziato con l’introduzione di Quota 100. Può confermarci questo sentore, oppure Quota 41 per tutti è ancora nei vostri piani?

Su questo tema, quello dei Quota 41, da sempre sono stato insistente sia nella passata legislatura che in quella attuale. Lavorando in silenzio, rispettando il gruppo e gli accordi presi, ho continuato e continuo ostinatamente a lavorare perché la norma dei Quota 41 si riesca a portare a casa.

Da sempre sono convinto che per realizzare una riforma delle pensioni giusta ed equa sia necessario partire dal fissare un limite massimo di contributi a 41 anni per tutti i lavoratori. Così facendo si potrà dare alle persone che hanno maturato il requisito, la possibilità di poter scegliere se continuare la carriera lavorativa o andare definitivamente in pensione.

Al Governo abbiamo sempre trasmesso questi messaggi sottolineando che siamo più che disponibili, se ci fosse una norma in tal senso, a votarla favorevolmente. Sta però nelle facoltà del Ministro del Lavoro formulare una legge che sia adatta a soddisfare ciò che vorrebbero i Quota 41.

Come vede il futuro della riforma delle pensioni dopo l’approvazione del Recovery Fund? Sembra che l’accordo metta l’Italia nella condizione di dover rispondere all’Europa riguardo alle riforme da attuare, e non è un segreto che l’Unione Europea si sia sempre detta contraria alla possibilità di aumentare la spesa pensionistica. Dobbiamo aspettarci una riforma stile Fornero, oppure c’è ancora spazio di manovra per prevedere una nuova misura di flessibilità per il dopo Quota 100?

Da sempre siamo stati contrari alla rivoluzione in negativo del mondo delle pensioni voluta dalla Fornero e sempre saremo contrari a norme che possono peggiorare l’aspetto pensionistico delle pensioni dei lavoratori.

Il nostro indirizzo, lo ripeto, è e sarà sempre quello di volere una riforma pensionistica migliorativa rispetto a quanto prevedono le normative vigenti. Il Recovery Fund, al contrario di ciò che si dice e si pensa, immettendo nuovi capitali nei fondi dello Stato può farci ragionare per una riforma delle pensioni che sia più agevole per i lavoratori.

Le aziende si sono trovano in difficoltà economica e molte di queste difficilmente riusciranno a reintegrare coloro che sono stati messi in cassa integrazione. Una situazione difficile per tutti, ma specialmente per coloro che sono in età avanzata. Mi viene da pensare ad un lavoratore di 60 anni licenziato dall’azienda, che molto difficilmente riuscirà a trovare un nuovo impiego che lo accompagni verso il pensionamento a 67 anni. Queste persone vanno tutelate; a tal proposito, le chiedo se state pensando, eventualmente, di prevedere un percorso agevolato per l’accesso alla pensione per coloro che sono vicini al collocamento in quiescenza e che hanno perso il lavoro causa COVID-19?

Anche su questo punto stiamo già facendo ragionamenti che possano prevedere prepensionamenti per i casi di chi, già in età prossima alla pensione, si sia trovato particolarmente svantaggiato dalla situazione legata alla pandemia dovuta al COVID-19.

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