La Bce punterà su un altro rialzo dei tassi e su una politica aggressiva e per un motivo specifico: l’inflazione sempre più alta. Cosa aspettarsi da Lagarde e dalle previsioni economiche.
C’è suspence sulla decisione Bce e tutti i riflettori sono puntati su un dilemma: inflazione o crescita, cosa preoccupa di più Lagarde e il suo board?
Se la scelta ricadrà su un altro aumento dei tassi di interesse, almeno di 25 punti base, vuol dire che avranno prevalso i timori sui prezzi al consumo ancora troppo alti e vischiosi. Diversamente, con una pausa e un costo del denaro invariato il segnale sarà più negativo nei confronti della crescita, così debole in Eurozona e così preoccupante osservando il motore Germania ormai in panne (e in recessione).
Tuttavia, nonostante permanga il dubbio sia tra i membri dell’Eurotower che tra gli analisti, il sentiment che si avverte è di una Bce ancora aggressiva a settembre. Il motivo, che ormai suona come un allarme per i cittadini europei, è l’inflazione.
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Bce ancora aggressiva con un’inflazione oltre il 3%
Secondo l’ultima previsione di Bloomberg, i trader hanno incrementato le scommesse secondo cui la Banca Centrale Europea effettuerà un aumento dei tassi di interesse di un quarto di punto tra le crescenti preoccupazioni che la regione debba affrontare un’inflazione persistentemente elevata.
I mercati monetari mostrano ora una probabilità del 70% che la banca centrale alzi i tassi giovedì, rispetto al 20% di probabilità all’inizio di questo mese.
Lo spostamento delle aspettative arriva dopo le indiscrezioni secondo cui le nuove stime economiche della Bce mostreranno una previsione di inflazione per il 2024 superiore al 3%, rafforzando la necessità di un ulteriore inasprimento.
Come mostrato nel grafico Bloomberg, a giugno le proiezioni della banca centrale sui prezzi al consumo e sulla crescita erano state già peggiorate, con queste stime:
Il target del 2% inseguito dalla Bce non era ancora centrato, sebbene venisse considerato vicino nelle proiezioni del 2025. Ora, se le previsioni dovessero ancora peggiorare con una stima dell’inflazione oltre il 3% l’anno prossimo, la politica monetaria sarebbe obbligatoriamente orientata a un approccio aggressivo permanente.
In questo contesto, Francesco Pesole, stratega FX presso ING Bank NV prevede un aumento di 25 punti base mentre la banca centrale cerca di convincere i mercati che la sua lotta contro l’inflazione non è finita, e prevede che l’euro si manterrà intorno a 1,07 dollari.
Intanto, le obbligazioni sono scivolate, guidate dal segmento a breve. Il rendimento tedesco a due anni – tra i più sensibili alla politica monetaria – è salito di quattro punti base al 3,17%, il livello più alto da metà agosto.
Inflazione ancora troppo elevata: la prospettiva che spaventa l’Europa
L’inflazione complessiva per agosto in Eurozona è stata leggermente superiore al previsto, pari al 5,3%. Anche l’inflazione core, che esclude energia e cibo ed è attentamente monitorata dalla Bce come indicatore delle pressioni sottostanti sui prezzi, è scesa in linea con le aspettative al 5,3%, in calo rispetto al 5,5% del mese precedente.
I falchi probabilmente partiranno da questi dati per sostenere che sia l’inflazione principale che quella sottostante sono ancora bloccate al di sopra del 5%, mentre i costi del petrolio e del gas sono recentemente balzati, aumentando il rischio di ulteriori pressioni.
Le loro valutazioni potrebbero anche basarsi sull’argomentazione esposta da Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, secondo cui parte del rallentamento economico attualmente in atto potrebbe riflettere cambiamenti a lungo termine piuttosto che forze cicliche come la minore domanda.
In effetti, il punto chiave è proprio l’inflazione vischiosa in alcuni settori, che offrirebbe una lettura più complessa del quadro economico europeo, nel quale leggere dei cambiamenti strutturali.
Paul Hollingsworth, capo economista di BNP Paribas, in una recente nota di ricerca ha sottolineato:
“Mentre le colombe sostengono che è solo questione di tempo prima che una crescita più debole si trasformi in una minore inflazione, i falchi si appoggiano in parte alla debolezza della crescita derivante dall’offerta piuttosto che dalla domanda. Di conseguenza, le pressioni sui prezzi potrebbero essere meno sensibili a una crescita più debole di quanto ci si aspetterebbe normalmente”
Se è vero che gli acquirenti europei stanno frenando la spesa poiché l’inflazione divora il loro reddito disponibile, mentre il settore manifatturiero è in declino da circa la metà del 2022 e questo dovrebbe abbassare l’inflazione nel tempo, altrettanto concreta è la convinzione che continui shock economici non consentano ai prezzi di reagire così prontamente alla domanda più debole.
L’industria sta cambiando; la transizione energetica incombe sui sistemi produttivi; la ricerca di materie prime si sta intensificando; il prezzo del gas è sempre più vulnerabile a ogni cattiva notizia sull’offerta; il petrolio avanza sulla scia di una politica strategica dell’Arabia Saudita: tutti questi fattori possono contribuire a mantenere i prezzi più alti rispetto a prima di pandemia e guerra.
La possibilità che l’inflazione in Eurozona persista oltre il 3% c’è. E in questo caso i tassi Bce continueranno a salire.
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