Oltre l’80% degli abitanti di Gaza sono di origine palestinese fuggiti da Israele a partire dal 1948.
Nelle ultime settimane si è riacceso nel peggiore dei modi lo scontro tra israeliani e palestinesi dopo che Hamas, organizzazione ritenuta terroristica da Stati Uniti e Unione Europea, ha attaccato lo stato di Israele. A quell’attacco è susseguita la risposta violenta della nazione comandata da Netanyahu con l’esercito ammassato al confine con la striscia di Gaza, pronta all’invasione.
Se ciò avvenisse sarebbe molto grave, considerato che l’apparato militare di Israele è di gran lunga superiore e più organizzato di quello palestinese. La situazione è complessa, gli aiuti faticano ad entrare e la popolazione civile fatica a scappare per via della chiusura delle frontiere sopratutto al confine egiziano. Il Cairo vorrebbe evitare l’arrivo di una nuova ondata di profughi. L’escalation del conflitto potrebbe poi arrivare a coinvolgere altre nazioni vicine ad Hamas in uno scenario geopolitico quasi da guerra mondiale. I dissidi tra israeliani e palestinesi vengono da molto lontano, dal 1948 quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votò per l’indipendenza dello Stato di Israele. Tale data sancì la fuga di tantissimi palestinesi verso la Striscia di Gaza.
A Gaza ci sono oltre 1 milione e mezzo di abitanti di origine palestinese
Circa l’81% dei 2,1 milioni di abitanti di Gaza sono di origine palestinese. Si tratta di persone scappate dopo l’indipendenza di Israele del 1948 ancora in vita o loro discendenti. La fuga di massa dei palestinesi è iniziata il giorno dopo l’indipendenza di Israele. Quel giorno per i palestinesi viene chiamato «Nakba», ovvero disastro.
Segnò infatti l’inizio di una guerra contro i palestinesi che costrinse 700mila arabi a lasciare le proprie case perché espulsi. I palestinesi sono fuggiti o sono stati espulsi in diverse ondate nel corso dell’anno, e alcuni se ne sono andati nella convinzione che sarebbero potuti tornare una volta finiti i combattimenti. Israele distrusse centinaia di villaggi palestinesi e approvò una legge che autorizzava il governo a confiscare le terre e le case abbandonate da loro.
Oggi migliaia di rifugiati ancora in vita e i loro discendenti reclamano il diritto al ritorno. Secondo i palestinesi sono 5 milioni le persone che avrebbero diritto di tornare nelle proprie terre di origine. Un diritto al ritorno respinto fortemente da Israele soprattutto per motivi demografici. Se questi rifugiati trovassero l’opportunità di tornare a casa, ci sarebbe il rischio che il popolo israeliano diventerebbe inferiore numericamente.
Quindi nessun assenso al diritto al ritorno ma nel corso degli anni ci sono stati diversi negoziati tra israeliani e palestinesi per cercare di trovare un accordo di pace. Prima che i negoziati si concludessero nel 2014 con un nulla di fatto, la posizione di Israele era che i palestinesi si dovevano stabilire in un futuro Stato. Alcune proposte internazionali avevano chiesto che alcune migliaia di palestinesi ritornassero in Israele mentre altri si stabilissero altrove ricevendo un risarcimento finanziario per i danni subiti.
Il futuro Stato palestinese doveva essere ubicato nella zona della Striscia di Gaza oggi comandate da Hamas. L’organizzazione è d’accordo a costruire uno Stato palestinese indipendente accanto ad Israele ma il suo obiettivo è anche quello di smantellare lo stato ebraico. Così dopo anni di tensione ecco che si è arrivati ad una nuova escalation.
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