Sono i rischi geopolitici a spaventare di più le imprese in questo momento: perché? La minaccia all’economia globale è reale in un clima di frammentazione e rivalità estrem.
Tra i rischi per l’economia globale, le tensioni geopolitiche sono ormai le più temute da Governi e imprese.
Dalla guerra in Ucraina in poi, non c’è dubbio che molte cose sono cambiate nel mondo e il clima di rivalità è drasticamente aumentato. La divisione tra Occidente da una parte e Russia e Cina dall’altra è diventata grave e quasi irreparabile, spingendo verso mutamenti di ogni tipo: commerciale, politico, finanziario.
La guerra tra Cina e Stati Uniti ha invaso ogni settore: tecnologia, ambito militare, materie prime, Intelligenza Artificiale, tutti colpiti da introduzione di dazi, sanzioni, ricerca di alleanze esclusive che ognuna delle due potenze cerca di accaparrarsi per influenzare un’area specifica del mondo, rafforzamento della sicurezza nazionale.
Mentre il conflitto in Ucraina continua e resta incerto negli esiti, la corsa a minerali critici avanza con il dragone più avanti di tutti, l’emergenza clima si fa urgente e le fragilità finanziarie minacciano il mondo, la geopolitica è diventata il tema cruciale per investitori, politici, imprese.
Ecco perché le aziende temono più di tutto i rischi geopolitici, pronti a esplodere in nuove e vecchie guerre e rivalità.
La minaccia geopolitica impaurisce l’economia globale
L’ultimo sondaggio di Oxford Economics ha rivelato che i rischi geopolitici sono i più temuti dalle aziende per il loro dannoso impatto sull’economia globale.
Circa il 36% delle aziende intervistate considera attualmente le tensioni geopolitiche come i principali rischi, quali quelli relativi a questioni su Taiwan, Corea del Sud e Russia-Nato.
Al contrario, un sondaggio simile di aprile aveva rilevato che quasi la metà degli intervistati considerava un marcato restringimento dell’offerta di credito o una crisi finanziaria conclamata come le principali minacce a breve termine.
Anche in un periodo più lungo, di 5 anni, i rischi geopolitici continuano a rappresentare una preoccupazione importante, “significativa” per il 60% delle imprese coinvolte. “Un’intensificazione delle tensioni geopolitiche potrebbe potenzialmente innescare una significativa deglobalizzazione del commercio e del sistema finanziario”, ha spiegato Jamie Thompson, responsabile degli scenari macro e autore dell’indagine.
Uno scenario del genere, ovviamente, destabilizza. Per le aziende sta cambiando già tutto, con il mercato energetico in rivoluzione e verso nuove rotte e una maggiore diversificazione dalla Cina che sta diventando un obbligo per chi opera in Occidente. Se, infatti, grazie alla spinta europea gli Usa hanno ammorbidito la loro rigida posizione sul disaccoppiamento con Pechino, la strategia ora adottata da Ue e Usa in primis del derisking impatterà sulla globalizzazione come intesa finora.
Non sono poche le aziende statunitensi, per esempio, che hanno contestato i maggiori controlli e i divieti alle loro attività di esportazione verso il dragone, soprattutto in ambiti delicati come quello dell’innovazione tecnologica o dei componenti chip.
Inoltre, la minaccia di altri conflitti è al massimo. I risultati di Oxford Economics, per esempio, arrivano in mezzo a relazioni tese tra Washington e Pechino, poiché i legami bilaterali hanno toccato il minimo da anni. Le tensioni sono aumentate dopo che gli Stati Uniti hanno abbattuto un sospetto pallone di sorveglianza cinese che sorvolava lo spazio aereo americano.
Per quanto riguarda Taiwan, la Cina ha insistito sul fatto che la questione fosse un affare interno e ha avvertito gli Stati Uniti che si tratta di una linea rossa che non deve essere oltrepassata. Pechino considera l’isola democraticamente autogovernata parte del suo territorio.
La scorsa settimana, l’amministrazione Biden ha annunciato un pacchetto di aiuti per le armi a Taiwan del valore di 345 milioni di dollari, secondo Reuters. Si ritiene che la mossa possa irritare Pechino.
E poi ci sono tutte le conseguenze della guerra in Ucraina, con la Nato coinvolta e i Paesi europei intenti a rafforzare i loro reparti difensivi. Infine, ma non per importanza, l’Africa è in subbuglio con il colpo di Stato in Niger, mentre nazioni come Libia, Siria, Yemen, Afghanistan restano vacillanti e potenziali bombe pronte a esplodere in altri problemi geopolitici e destabilizzazioni in aree cruciali per le materie prime.
Perché la geopolitica allarma economia e finanza
Un mondo che si arma, si frammenta, si divide in blocchi di amici contro nemici, si fa la guerra commerciale in nome di interessi geopolitici è indubbiamente pericoloso. Per la sicurezza internazionale, per i diritti umani e civili, ma anche per la stabilità finanziaria.
Lo ha spiegato mesi fa il Fondo Monetario Internazionale, che ha lanciato un allarme: “le preoccupazioni per la frammentazione economica e finanziaria globale si sono intensificate negli ultimi anni tra le crescenti tensioni geopolitiche, i rapporti tesi tra Stati Uniti e Cina e l’invasione russa dell’Ucraina”.
Gli esempi sono chiari: un aumento delle tensioni tra un paese investitore e un paese beneficiario, come tra Stati Uniti e Cina dal 2016, riduce l’allocazione transfrontaliera bilaterale complessiva degli investimenti di portafoglio e dei crediti bancari di circa il 15%.
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I fondi di investimento sono particolarmente sensibili alle tensioni geopolitiche e tendono a ridurre le allocazioni transfrontaliere, in particolare verso paesi con prospettive di politica estera divergenti.
In sintesi, il FMI teme effetti a catena sull’afflusso di denaro verso gli Stati, che serve come finanziamento per investimenti. Se una scelta politica dovuta a tensione porta a un deflusso di investimenti, possono risentirne costi del debito, valore delle valute, rinnovi dei programmi di prestito per Paesi in via di sviluppo.
Non solo, la stessa economia reale rischi con tensioni geopolitiche in aumento:
“L’effetto delle interruzioni delle catene di approvvigionamento e dei mercati delle materie prime sulla crescita interna e sull’inflazione potrebbe esacerbare le perdite di mercato e di credito delle banche, riducendone ulteriormente la redditività e la capitalizzazione. È probabile che lo stress riduca la capacità di assunzione di rischi delle banche, spingendole a tagliare i prestiti, pesando ulteriormente sulla crescita economica.”
Poiché questo scenario di frammentazione del mondo in sfere di influenza separate e rivali esiste già e poiché la geopolitica sta guidando verso l’estremizzazione della sicurezza nazionale e della chiusura, le imprese sono molto preoccupate degli effetti sui loro affari. È questa, probabilmente, la minaccia più grave del momento.
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