Si avvicina il voto Ue sui dazi alle auto cinesi, perché la Germania vorrebbe evitarli? Berlino in crisi, cosa sta per accadere in Europa con la votazione sulle tariffe?
La Germania molto probabilmente si asterrà quando venerdì 4 ottobre l’Ue metterà al voto i dazi sulle auto cinesi.
Lo scetticismo e il disagio di Berlino nei confronti della mossa europea per tariffe aggiuntive sull’import di veicoli elettrici del dragone non sono una novità. Il Governo Scholz aveva già in passato espresso perplessità sui rischi di innescare una guerra commerciale con un partner strategico, come è la Cina, in un contesto di già grave crisi industriale (per la Germania, ma anche per l’intera Europa).
Tuttavia, anche se la stessa Ue continua a lasciare aperte le porte del dialogo e di soluzioni diplomatiche con la controparte cinese, la questione sembra chiusa e fermare i dazi appare una missione complessa per Berlino. Le case automobilistiche tedesche, però, stanno facendo pressione affinché la posizione di Scholz sia chiara sulla contrarietà alle tariffe.
Germania in crisi anche sui dazi alle auto cinesi: perché non li vuole?
Non c’è tregua per il Governo tedesco che, dinanzi a sfide e problemi sempre più urgenti per rilanciare un’economia in crisi, si trova ora dinanzi al dilemma dei dazi sulle auto elettriche cinesi voluto dall’Ue.
In vista del voto del 4 ottobre a Bruxelles sul tema, la BMW sta facendo pressione su Berlino affinché si pronunci contro l’imposizione di tariffe, unendosi ad altre case automobilistiche tedesche che non vogliono rischiare uno scontro con il loro mercato più importante.
“Ulteriori tariffe danneggiano le aziende attive a livello globale in questo paese e potrebbero provocare una disputa commerciale da cui nessuno trae vantaggio”, ha affermato mercoledì in una dichiarazione il CEO di BMW Oliver Zipse. “Il governo tedesco dovrebbe quindi assumere una posizione chiara”.
La storia fin qui è nota. L’Ue aveva annunciato a luglio l’intenzione di imporre dazi fino al 36% su alcune importazioni di veicoli elettrici cinesi, in aggiunta alla tariffa standard del 10% che già grava sulle auto importate.
In seguito a un’indagine anti-sovvenzioni avviata da Bruxelles lo scorso anno, la Commissione europea aveva infatti evidenziato che gli ingenti sussidi statali della Cina stavano creando un vantaggio ingiusto per le case automobilistiche cinesi e violavano il principio di parità di condizioni per tutti i concorrenti nel mercato dei veicoli elettrici.
I produttori tedeschi come BMW, Volkswagen e Mercedes-Benz si erano subito allarmati, poiché i loro enormi stabilimenti di produzione installati in Cina hanno beneficiato di sussidi e sovvenzioni cinesi, come terreni più economici e una normativa relativamente meno restrittiva in materia fiscale e di altro tipo.
In caso di tariffe Ue e di misure di ritorsione del dragone, i produttori di automobili tedeschi potrebbero potenzialmente subire il ritiro di questo benefici. Inoltre, la maggior parte delle case tedesche beneficia di vendite correnti dal mercato cinese, quindi in caso di una guerra commerciale in escalation, anche queste entrate potrebbero essere colpite. Senza contare che con tariffe più alte, le loro auto elettriche prodotte in Cina diventeranno più costose in Europa.
Le conseguenze di una tale mossa Ue sono quindi valutate come dannose, considerando anche la profonda crisi del settore automotive in Germania.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, non a caso, aveva subito affermato che il suo Governo non voleva chiudere il suo mercato alle aziende straniere, “perché non vogliamo che ciò accada nemmeno alle nostre aziende”. E così la Germania si era astenuta dal voto non vincolante del Consiglio dell’Ue sulle tariffe per i veicoli elettrici di questa estate.
La diplomazia, intanto, ha continuato a lavorare. A metà settembre, il ministro del Commercio cinese Wang Wentao e il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck si sono incontrati.
“Vogliamo evitare un conflitto commerciale con tariffe a spirale che alla fine danneggiano entrambe le parti a tutti i costi”, ha affermato Habeck in una dichiarazione. “Ecco perché la mia posizione è chiara: abbiamo bisogno di una soluzione politica”, che però ancora non c’è.
Venerdì 4 ottobre gli Stati membri voteranno se imporre definitivamente dazi sui veicoli elettrici prodotti in Cina, ma la Commissione europea e Pechino continueranno a impegnarsi per risolvere l’annosa controversia commerciale anche dopo lo svolgimento delle elezioni, secondo indiscrezioni riportate da Euroactive.
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Perché la Germania non fermerà i dazi sui veicoli cinesi?
Gli stati membri dell’Ue si stanno preparando a votare venerdì per imporre tariffe definitive fino al 45% sui veicoli elettrici importati realizzati in Cina. Ci vorrebbe una maggioranza qualificata, ovvero 15 stati membri che rappresentano il 65% della popolazione del blocco, per bloccare le tariffe.
Solo quattro Paesi dell’Ue – Cipro, Malta, Ungheria e Slovacchia – hanno votato contro i dazi proposti in una votazione non vincolante tenutasi a luglio.
Tuttavia, la Spagna, che inizialmente aveva votato a favore delle tariffe, potrebbe cambiare la sua posizione inizialmente favorevole. Se Berlino volesse raccogliere abbastanza sostegno per bloccare le tariffe sui veicoli elettrici, dovrebbe prima trasformare gli “indecisi” nel campo dei “no”.
Ma, fatta eccezione per la Germania, i Paesi che si sono astenuti a luglio sono troppo piccoli per fare una differenza significativa: tra loro rappresentano solo il 15% della popolazione Ue. Ciò significa che il campo del no sarebbe comunque ben al di sotto della soglia di popolazione richiesta.
La strada sembra dunque segnata e la Germania dovrà rassegnarsi.
Tensione Ue-Cina sempre più alta?
L’imminente voto sui dazi segue la decisione presa dall’Ue la scorsa settimana di presentare un reclamo ufficiale all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in merito all’indagine anti-dumping di ritorsione della Cina sui prodotti lattiero-caseari dell’Ue.
La mossa ha fatto aumentare le tensioni che sembravano essersi allentate dopo un incontro svoltosi alcuni giorni prima tra il ministro del Commercio cinese Wang Wentao e il commissario al Commercio Valdis Dombrovskis, in cui le due parti avevano promesso impegnarsi su un prezzo minimo per evitare le tariffe. Ma l’accordo non c’è stato.
La tensione commerciale è alta, non solo per la Germania. Il Governo cinese ha aperto indagini anti-sovvenzioni sulle importazioni di carne di maiale, brandy e prodotti caseari europei, in una mossa vista come una punizione soprattutto per la Francia per la sua forte posizione pro-tariffa.
La Cina sostiene inoltre che i sussidi dell’Ue danno agli agricoltori europei un vantaggio ingiusto nel mercato cinese, danneggiando l’industria lattiero-casearia nazionale.
Secondo l’Eurostat, la Cina è l’ottavo mercato più grande per le esportazioni di prodotti lattiero-caseari dell’Ue, con un volume di scambi di 1,7 miliardi di euro lo scorso anno. Italia, Paesi Bassi, Danimarca e Francia sono i maggiori esportatori di prodotti lattiero-caseari dell’Ue verso la Cina.
La guerra commerciale può ancora peggiorare.
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