A causa del rallentamento dell’economia della Cina i governi di Usa e Ue temono che il Dragone possa tentare di alleviare la sovraccapacità interna incrementando le sue esportazioni a basso costo.
Premessa doverosa: la Cina non è più la «fabbrica del mondo» e già da molti anni ha smesso di puntare sulla produzione ed esportazione di paccottiglia a basso costo per ingrossare le sue casse. L’export in Occidente di giocattoli e utensili per la casa - due categorie di beni che nel recente passato hanno stravolto sia l’economia europea che quella statunitense – è stata sostituita dall’invio oltre la Muraglia di oggetti ben più tecnologici, come smartphone, pannelli solari e auto elettriche.
Cambiano gli oggetti dunque ma, agli occhi delle aziende occidentali, non la sostanza: Pechino continua a fare leva sull’export di beni a basso costo minando l’esistenza di una nutrita schiera di concorrenti.
Adesso, dato il rallentamento del motore economico cinese, i governi di Usa e Ue temono che il Dragone possa tentare di alleviare la sovraccapacità interna incrementando le sue esportazioni. Washington ha già avvertito Pechino che gli Stati Uniti e i loro partner “agiranno” nel caso in cui la Repubblica Popolare Cinese dovesse tentare di risolvere il suddetto problema di sovraccapacità industriale scaricando merci sui mercati internazionali. [...]
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