Perché il prezzo del petrolio sta scendendo?

Marco Ciotola

29 Maggio 2018 - 11:12

Cambio radicale nel giro di una settimana per il prezzo del petrolio, che sembra in caduta libera. Ma perché sta crollando e quali scenari si aprono ora?

Perché il prezzo del petrolio sta scendendo?

Il prezzo del petrolio è salito ai massimi di oltre tre anni la scorsa settimana, con la maggior parte degli esperti colti di sorpresa da un aumento così rapido.
Ma i prezzi ora stanno crollando.

Al momento della scrittura, il Wti sta scambiando intorno ai 66,50 dollari al barile, in calo rispetto ai 73 dollari della scorsa settimana. Il Brent, invece, sta viaggiando sui 75,5 dollari, dopo aver raggiunto i massimi del 2018 sopra quota 80 dollari.

Perché il prezzo del petrolio scende?

Il forte calo dei prezzi è stato innescato venerdì scorso dall’Arabia Saudita, che rappresenta il più grande esportatore di petrolio del mondo, ed è leader de facto del cartello petrolifero OPEC. Il ministro dell’energia saudita, Khalid Al-Falih, ha dichiarato di essere nel mezzo di intense trattative con la Russia e altre nazioni OPEC per estrarre più petrolio e provare a risolvere i problemi di fornitura mondiale.

Il 22 giugno i Paesi dell’OPEC e la Russia si incontreranno a Vienna per discutere un alleggerimento dei tagli imposti con l’accordo di Vienna.

“L’intento di tutti i produttori è di garantire che il mercato del petrolio rimanga sano, e se questo vuol dire che è necessario adeguare la nostra politica a giugno, siamo certamente disposti a farlo,”

ha dichiarato Al-Falih, che non ha escluso la possibilità, per l’OPEC e la Russia, di fornire più petrolio ai mercati mondiali “in futuro”, così da compensare il crollo della produzione venezuelana e l’impatto delle sanzioni statunitensi sull’Iran.

Secondo Hussein Sayed, chief market strategist presso FXTM, solo l’idea di ridurre i tagli alla produzione è sufficiente per dare un limite al petrolio; così, fino alla riunione di giugno, “saranno le dichiarazioni di intenti a a guidare il prezzo”.

La pressione al ribasso sul greggio è proseguita lunedì, visto che i commercianti hanno tenuto d’occhio con grande attenzione i dati che mostrano il numero sempre più alto di piattaforme petrolifere statunitensi, e che indicano di conseguenza una potenziale crescita della produzione USA.

L’output di greggio degli Stati Uniti è aumentato di circa il 25% dalla metà del 2016, perché i produttori sembrano approfittare dell’aumento del prezzo.

Baker Hughes, società di servizi petroliferi, ha reso noti i dati relativi al numero di piattaforme in Nord America, che ha toccato i massimi dell’anno la scorsa settimana. L’attuale numero di impianti di trivellazione globale supera ora la media del 2017.

Il calo del petrolio è una buona notizia per gli autotrasportatori, così come per le società e i Paesi che acquistano molta energia. A titolo di esempio, le compagnie aeree tendono ad avere maggiori profitti quando il loro prezzo del carburante è inferiore. E Paesi come l’India traggono benefici quando è controllato.

I mercati petroliferi avevano raggiunto una posizione ideale all’inizio di quest’anno, perché la quotazione oscillava tra i 60 e i 70 dollari al barile, e gli esperti considerano generalmente un simile livello di prezzo abbastanza alto da sostenere l’offerta e abbastanza basso da sostenere la domanda.

Il ruolo cruciale dell’Arabia Saudita

L’Arabia Saudita sa che ha il compito di stabilire un equilibrio molto delicato: una quotazione più alta più alto aiuta a finanziare i suoi programmi governativi (ed è l’ideale per il suo piano di privatizzare la compagnia petrolifera statale, Saudi Aramco). Ma un prezzo più alto può allo stesso tempo limitare la crescita economica mondiale, perché privati e aziende si vedono costretti a tagliare le proprie spese.

Un’economia mondiale più lenta porterebbe alla fine a una domanda di petrolio più bassa, il che sarebbe una vera sconfitta per il Paese di re Salman.

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