Perché può esplodere di nuova la guerra commerciale Usa-Cina

Violetta Silvestri

11 Agosto 2022 - 11:18

L’escalation su Taiwan può avere diverse conseguenze per lo scenario economico globale. Tra queste, anche la ripresa della guerra commerciale Usa-Cina, a colpi di tariffe. Cosa può accadere.

Perché può esplodere di nuova la guerra commerciale Usa-Cina

La difficile situazione di Taiwan, con la sfida aperta tra Cina e Usa, ha diverse ripercussioni.

Tra queste, si sta riaffacciando la questione della guerra commerciale tra le due potenze mondiali, un tema in realtà antico e non risolto, che ora potrebbe aggravarsi considerando la riaccesa rivalità.

Il tema sono i dazi. Secondo un’analisi esclusiva di Reuters, l’amministrazione Biden starebbe studiando un piano diverso da quello architettato finora che puntava a eliminare alcune tariffe su beni cinesi. L’idea, stando alle indiscrezioni, potrebbe addirittura essere quella di aggiungere dazi contro Pechino.

Con l’inflazione da record, la Casa Bianca stava preparando una strategia di alleggerimento dei dazi imposti su alcune merci cinesi, proprio per alleviare i prezzi che pesano sui consumatori. Ora, però, con la novità delle tensioni su Taiwan, tutto potrebbe cambiare.

Guerra commerciale Usa-Cina in vista? Cosa può accadere.

Usa-Cina: vento di guerra commerciale a colpi di dazi?

Il piano di Biden, prima che scoppiasse la grana Taiwan, era di procedere con l’azzeramento di alcune tariffe sulle merci cinesi, con l’aggiornamento della “Sezione 301” per verificare la possibilità di tariffe aggiuntive in certi settori e con l’allargamento delle esclusioni tariffarie.

Lo scopo era chiaro: sostenere maggiormente le aziende Usa che stanno affrontando prezzi in aumento e che acquistano alcune merci solo dalla Cina.

Le tariffe si traducono in importazioni cinesi più onerose negli Usa e questo, a sua volta, significa prezzi più alti per determinati prodotti. Per questo Biden intendeva alleggerire il carico della guerra commerciale intensificata da Trump e studiare l’allentamento dei dazi.

Ora, però, tutto è cambiato e il clima di una guerra commerciale si sta riaffermando. La risposta di Pechino alla visita della presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan ha urtato gli Usa e spinto a un ricalcolo da parte dell’amministrazione Biden della sua strategia. Il punto è che da una parte è meglio evitare una escalation pericolosa con la Cina, ma dall’altra il messaggio di Washington non può essere di resa. Nemmeno sui dazi.

Diversi fattori, oltre alla risposta cinese di Taiwan, hanno complicato le decisioni di Biden al riguardo.

I funzionari statunitensi hanno preso in considerazione l’idea di sbarazzarsi di alcune delle tariffe, ma hanno cercato reciproci impegni da Pechino che non sarebbero arrivati. La rimozione unilaterale di alcuni dazi statunitensi sulle importazioni cinesi è stata sospesa in parte perché la Cina non ha mostrato alcuna volontà di intraprendere azioni reciproche o rispettare i suoi impegni commerciali della “Fase 1”, stando a quanto riportato da fonti su Reuters.

Un portavoce dell’ambasciata cinese a Washington ha affermato che le relazioni economiche e commerciali tra i due paesi hanno dovuto affrontare sfide gravi. “La visita (Pelosi) ha minato le basi politiche delle relazioni Cina-USA e causerà inevitabilmente gravi interruzioni agli scambi e alla cooperazione tra le due parti” ha detto Liu Pengyu in una e-mail a Reuters.

L’accordo commerciale, raggiunto alla fine del 2019 con l’amministrazione Trump, richiedeva a Pechino di aumentare gli acquisti di prodotti agricoli e manifatturieri statunitensi, energia e servizi di $200 miliardi nel 2020 e nel 2021 rispetto ai livelli del 2017. La Cina non ha rispettato questi impegni, che includevano un aumento di 77,7 miliardi di dollari in due anni nelle importazioni di prodotti manifatturieri statunitensi, inclusi aerei, macchinari, veicoli e prodotti farmaceutici.

Perché la questione dei dazi Usa-Cina è cruciale

Come sottolineato nell’analisi Reuters, considerando gli impegni di Biden contro l’inflazione e a favore della ripresa in vista anche delle elezioni di midterm, la questione dazi non è affatto secondaria.

Trump aveva deciso esclusioni tariffarie riguardanti circa 2.200 categorie di beni di importazione, comprendenti componenti industriali e prodotti chimici critici. L’ordine, però, scaduto quando Biden è entrato in carica nel gennaio 2021. La rappresentante commerciale degli Stati Uniti Katherine Tai ne ha ripristinate solo 352 di esclusioni, mentre industriali e oltre 140 legislatori statunitensi hanno espresso preoccupazione e chiesto di aumentarne la portata.

Le prossime mosse di Biden potrebbero avere un impatto significativo su centinaia di miliardi di dollari di scambi commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Le industrie statunitensi, dall’elettronica di consumo ai rivenditori al settore automobilistico e aerospaziale, hanno fatto pressione per eliminare i dazi fino al 25% mentre lottano con l’aumento dei costi e le forniture limitate.

In questo contesto assai complicato, si attende l’ufficialità della decisione Usa. Biden non ha ancora dato indicazioni su come vuole muoversi, consapevole della delicatezza del tema, sia per l’economia nazionale che per le implicazioni geopolitiche internazionali.

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