La liquidazione - o meglio conosciuta come trattamento di fine rapporto (TFR) - può essere oggetto di pignoramento; tuttavia per il creditore ci sono dei limiti da rispettare.
Anche il TFR - il trattamento di fine rapporto - può essere oggetto di pignoramento da parte del creditore.
Come noto il pignoramento è quell’atto con cui si procede con l’espropriazione forzata di uno o più beni di proprietà di un debitore al fine di soddisfare le proprie pretese.
A tal proposito l’articolo 543 del Codice di procedura civile autorizza il creditore ad aggredire anche quei beni che pur appartenendo al debitore non sono ancora nelle sua disponibilità: si parla di pignoramento presso terzi, ad esempio, quando il pignoramento riguarda lo stipendio, la pensione o lo stesso TFR.
Quindi non ci sono norme che vietano il pignoramento della liquidazione, ovvero di quella somma che viene accantonata mensilmente dall’azienda (oppure, su decisione del lavoratore, su un fondo pensione) per poi essere restituita in un’unica soluzione al momento dello scioglimento del rapporto di lavoro.
Tuttavia, così come per il pignoramento dello stipendio, anche per il TFR ci sono dei limiti da rispettare. Nel dettaglio non tutto l’importo del trattamento di fine rapporto può essere aggredito dal creditore, ma solamente il 20%; il limite previsto dalla legge, infatti, è di 1/5, mentre la parte restante deve essere riconosciuta al lavoratore.
È bene precisare che il suddetto limite si applica solamente quando il pignoramento del TFR viene notificato direttamente al datore di lavoro che lo ha accantonato nel tempo; il discorso è differente, infatti, per il pignoramento del conto corrente o del fondo pensione.
Vediamo quindi quali sono le differenze e in quale quantità può essere pignorato il trattamento di fine rapporto.
Pignoramento notificato al datore di lavoro
Come anticipato il creditore, una volta dotato di un titolo esecutivo (quale ad esempio può essere una sentenza, purché munita della formula esecutiva) o dopo aver presentato un decreto ingiuntivo al quale non è stata mossa alcuna opposizione, può aggredire - tramite pignoramento - i beni di proprietà del debitore per soddisfare le proprie pretese.
Tra questi beni c’è anche il TFR accantonato dall’azienda e che dovrebbe essere corrisposto per intero al dipendente una volta che viene meno il rapporto di lavoro.
Il condizionale in questo caso è d’obbligo poiché qualora il datore di lavoro riceva la notifica del pignoramento presso terzi dovrà trattenere un quinto del TFR e versarlo al creditore. Il versamento però non sarà immediato, poiché l’azienda dovrà attendere il termine dell’udienza con la quale verrà dato il via all’assegnazione della somma.
In tal caso, quindi, il dipendente riceverà solamente l’80% di quanto accantonato durante gli anni di lavoro, mentre il restante 20% servirà per ripagare - tutti o una parte - i debiti maturati.
Pignoramento TFR sul conto corrente
Tuttavia potrebbe accadere che il TFR venga pignorato una volta versato sul conto corrente del dipendente.
Fino a qualche anno fa non c’erano norme che limitassero il pignoramento ad un quinto del TFR, tant’è che l’orientamento della maggior parte della giurisprudenza era quello per cui si potesse pignorare l’intero importo della liquidazione se accreditato su conto corrente.
Questo perché una volta avvenuto l’accredito del TFR su conto corrente quest’ultimo perde di quella natura retributiva per la quale è previsto il limite di 1/5 e diventa tutt’uno con il patrimonio del debitore e di conseguenza può essere interamente soggetto al pignoramento (che a questo punto è diretto e non più presso terzi).
Per mettere fine alle diverse interpretazioni sono state introdotte delle regole precise per quanto riguarda il pignoramento delle retribuzioni - come stipendio, pensione e TFR - già accreditati su conto corrente.
Nel dettaglio è stato stabilito che le somme accreditate in banca possono essere pignorate solamente per la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale. Questo nel 2018 ammonta a 453€, di conseguenza possono essere pignorate solo quelle somme superiori ai 1.359€.
Questo però vale solo quando il TFR viene accreditato in data anteriore al pignoramento. Viceversa, se la liquidazione viene accreditata dopo la notifica del pignoramento il limite che può essere prelevato forzatamente dipende dalla tipologia del credito, ovvero:
- intero TFR per i crediti alimentari (spetterà al giudice incaricato quantificarne la misura);
- metà del TFR per il pignoramento in concorso con più cause creditorie;
- 1/5 del TFR per tutte le altre tipologie di credito.
È bene precisare, comunque, che per il rispetto dei suddetti limiti spetta al dipendente dimostrare che le somme presenti su conto corrente non fanno riferimento a nessun altro reddito se non a quello derivante da stipendio o TFR.
Solo in questo caso, infatti, il creditore può limitare il pignoramento ad un quinto del totale, mentre contrariamente può essere prelevato forzatamente tutto l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale.
Pignoramento TFR su fondo pensione
Come noto il TFR può essere lasciato in azienda oppure si può scegliere di destinarlo ad un fondo pensione.
In quest’ultimo caso il TFR non può essere pignorato dal momento che le posizioni individuali costituite presso i fondi pensione non possono essere attaccate dai creditori.
Le uniche somme pignorabili - ma sempre nella misura di 1/5 - sono quelle riguardanti le prestazioni integrative erogate sotto forma di rendita o capitale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA