I pirati sono tornati: le cose da sapere sugli assalti alle navi in alto mare
I pirati sono tornati a colpire. L’attacco contro una nave italiana nel Golfo del Messico avvenuto la scorsa notte ha riacceso i riflettori su questo fenomeno che interessa i mari del mondo.
Considerata come un atto di rapina o di violenza criminale attraverso l’uso illegale della forza da parte di agenti non statali, la pirateria ha raggiunto il suo apice nel 2011.
Da allora, grazie ad operazioni congiunte di polizia internazionale, come la Operation Ocean Shield della NATO, gli attacchi in alto mare sono drasticamente diminuiti. Non sono, però, scomparsi del tutto.
Il caso dell’assalto all’imbarcazione italiana dimostra che i pirati sono tornati. Cosa c’è da sapere sulle operazioni di attacco da parte di queste squadre di criminali?
I pirati sono tornati: cosa c’è da sapere sulle rotte prese d’assalto
Dirottamenti, rapine, sequestro dell’equipaggio e scontri con armi da fuoco: queste sono le principali operazioni effettuate dai gruppi di pirati moderni che assaltano navi commerciali e altri tipi di imbarcazione.
A partire dal 2010, il problema della pirateria è emerso come una delle principali minacce al trasporto marittimo in alcune parti del mondo considerate strategiche per il commercio. Secondo alcune stime, gli attacchi dei pirati sono aumentati del 75% in dieci anni.
Solo nel 2010, per esempio, sono stati 489 gli atti di rapina a mano armata contro le navi, il 20% in più del 2009.
I punti caldi degli attacchi in mare sono l’Oceano Indiano, l’Africa orientale, l’Estremo Oriente tra cui il Mar Cinese Meridionale, il Sud America e i Caraibi. Assalti si sono riscontrati anche nelle acque del Mar Rosso (nel Golfo di Aden soprattutto), al largo della costa somala, nello Stretto di Malacca. Nel 2011 sono giunte notizie di azioni di pirateria sul tratto serbo e rumeno del Danubio.
Le coste dell’Africa sono state le più attraenti per i pirati, specialmente negli anni dell’apice degli assalti. Si è stimato che in questa zona l’attività di saccheggio ha colpito addirittura il 90% di tutte le esportazioni e importazioni di merci caricate su imbarcazioni.
Solo in Africa orientale, per esempio, i pirati originari della Somalia sono costati alle imprese circa 2 miliardi di dollari nel 2016 per dotare le navi di assicurazioni e strumenti di prevenzione.
Quanto vale il giro d’affari della pirateria
Il giro d’affari di queste bande all’assalto dei mari è importante. Le statistiche stimano che i guadagni sono in media di circa 2,7 milioni di dollari per nave. Tali profitti sono divisi tra i pirati che ricevono in genere da 30.000 a 75.000 dollari.
La parte dei ricavi che resta viene solitamente ridistribuita agli investitori che hanno finanziato il viaggio. Le somme di denaro acquisite dalle operazioni di dirottamento e saccheggio sono spesso riciclate in altri Paesi.
A livello mondiale, le perdite per le navi derubate possono arrivare fino a 13-16 miliardi di dollari all’anno.
Pirateria e innovazione: un binomio strategico
Come i pirati leggendari, anche quelli moderni agiscono per saccheggio e dirottamento delle navi, ma le modalità operative sono cambiate radicalmente nel tempo.
Oggi, le squadre all’assalto dei mari usano una tecnologia sofisticata prima e durante i loro viaggi. I pirati del nostro secolo, infatti, indossano occhiali per la visione notturna, utilizzano telefoni satellitari e sistemi GPS, sono equipaggiati con armi di ultima generazione, come mitragliatrici pesanti e lanciarazzi. Anche le imbarcazioni impiegate sono spesso innovativi motoscafi dotati di mortai pesanti per colpire le navi.
Alcuni attacchi somali contro navi in mare aperto, per esempio, sono avvenuti con mortai di 82mm di fabbricazione russa, in grado di colpire a 5 chilometri dalla costa.
Infine, la pirateria moderna si serve di risorse online come blog e altri siti web per mappare il piano di attacco e identificare le rotte di spedizione di potenziali navi da colpire.
I pirati sono tornati, quindi, con un’organizzazione da non sottovalutare per la sicurezza dei mari.
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