Il Pnrr al centro del dibattito politico in Italia: tanti i nodi ancora da sciogliere sul Piano di ripresa e resilienza, cosa non sta funzionando? Il rischio è perdere i miliardi attesi a fine 2022.
Piovono critiche sul Pnrr: il Piano nazionale di ripresa e resilienza non sta funzionando in Italia e l’allarme sul mancato raggiungimento degli obiettivi è alto.
Cosa sta succedendo al Recovery Plan nazionale? Considerato l’ancora di salvezza più credibile per risollevare le sorti economiche di un Paese affossato da una endemica bassa crescita e da un perenne alto debito, il piano sta incontrando vari intoppi.
A ridosso della verifica semestrale dei target al 31 dicembre 2022, il Pnrr italiano rischia di cadere in ritardi e problemi di spesa, proprio quando si avvicina la data delle terza rata miliardaria da Bruxelles.
Il Governo Meloni è in piena allerta: cosa non funziona nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e cosa può perdere l’Italia.
Pnrr Italia: a che punto è il piano?
55 interventi, di cui 23 Riforme e 32 Investimenti: questi sono gli obiettivi che l’Italia è chiamata a centrare entro il 31 dicembre 2022, visto che sono previsti in completamento nel secondo semestre dell’anno.
Tutte le 6 missioni del piano sono coinvolte, con il focus su rilevanti misure da avviare e concludere a dicembre, quali:
- riforme del processo civile e penale, del quadro in materia di insolvenza, dell’amministrazione fiscale e in tema di concorrenza;
- riforma in tema di servizi idrici integrati;
- investimenti per l’alta velocità sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania;
- finanziamento di 300 borse di studio per giovani ricercatori;
- riforme in tema di centri per l’impiego e lotta al lavoro sommerso;
- investimento per la fornitura di servizi per la digitalizzazione degli ospedali
L’elenco è solo di esempio e non esaustivo su tutte le riforme e gli investimenti attesi in fase di avvio per la fine dell’anno. Il ministro dell’economia Giorgetti ha comunicato il 2 dicembre, nella cornice dell’evento annuale sul Pnrr:
“In questi giorni stiamo lavorando intensamente per conseguire i 55 obiettivi del II semestre 2022, per poter presentare a Bruxelles la terza richiesta di pagamento entro la fine di dicembre prossimo. Siamo già a buon punto e centreremo sicuramente anche questo traguardo”
A che punto è, davvero, il Governo Meloni sui target? Secondo il data controller di Open, al momento il 58,18% delle riforme è stato completato, a fronte del 69,61% atteso nel quarto trimestre che scade a dicembre 2022. Per gli investimenti, la stima attuale del periodo è del 25,59% avviato rispetto all’obiettivo del 35,03%.
Tra i temi in stallo ci sono la concorrenza e la semplificazione necessaria al Codice degli appalti. Per esempio, fa notare un’analisi del Sole 24 ore, sul primo argomento alcuni decreti già approvati stentano a essere attivati a livello territoriale, per ritardi regionali e di applicazione locale. Altre questioni, come la riforma dei servizi pubblici locali e delle concessioni balneari devono ancora essere approvate in Consiglio dei ministri.
Anche il Codice degli appalti non è stato ancora definitivamente approvato. In generale, da una prima analisi dei vari ministeri gli ambiti telecomunicazioni, infrastrutture ferroviarie e tutti quelli rientranti in progetti affidati agli enti locali risulterebbero i più problematici.
Troppe procedure, attese per autorizzazioni, intoppi di tipo burocratico o legato a vincoli archeologici e ambientali starebbero facendo slittare i tempi di realizzazione, sconfinando rispetto a quanto previsto.
Previsione di spesa e aumento dei prezzi: nuovi nodi del Pnrr
L’allarme dell’inflazione è stato suonato da tempo da Giorgia Meloni e da diversi componenti dell’attuale maggioranza.
L’impennata dei prezzi, infatti, si è tradotta soprattutto in costi delle materie prime alle stelle, che hanno impattato sugli interventi già inclusi e concessi in appalto nel Pnrr. L’ultimo avvertimento al riguardo è giunto dal ministro dell’Ambiente Picchetto: “dovremo rivedere il Pnrr con l’Europa...a causa dell’inflazione, solo il mio ministero dell’Ambiente per gli interventi ha un onere maggiore di 5 miliardi...o si taglia sulle opere, o non ci stiamo dentro.”
Rivedere il piano alla luce delle dinamiche inflazionistiche è un obiettivo del Governo, osteggiato però da Bruxelles che insiste sull’attuazione dei piani approvati e sulla necessità di evitare stravolgimenti.
Intanto, è emerso un altro capitolo problematico per il Pnrr: la previsione di spesa del piano nazionale di ripresa e resilienza si sta drasticamente riducendo ed è già passata dai 42 miliardi di euro previsti originariamente ai 33 miliardi rivisti e riaggiornati a settembre a 22 miliardi di euro. L’allerta è stata del ministro Fitto: “temo che la percentuale di spesa non sarà molto alta e sarà distante dai 22 miliardi di euro. L’indicatore della spesa è molto preoccupante, perché se mettiamo insieme tutte le risorse disponibili e le proiettiamo al 2026 è chiaro che c’è bisogno di un confronto a livello europeo e nazionale.”
Bruxelles ha già fatto sapere che non potranno essere tollerati rinvii. Per l’Italia, la sfida si complica e molti nodi andranno sciolti in fretta, anche nell’ambito della capacità di assorbimento delle risorse.
Quanti miliardi può perdere l’Italia?
Il mese di dicembre è cruciale perché a esso è legata la terza tranche di pagamenti per l’Italia. Il nostro Paese, infatti, alla luce del raggiungimento dei 55 obiettivi del secondo semestre, potrà richiedere la terza rata a Bruxelles.
Giorgetti ha ricordato che finora tutto è andato bene: “Abbiamo presentato la prima e la seconda richiesta di pagamento alla Commissione europea nei tempi previsti. Questo ci ha permesso di ricevere un totale di 42 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i 24,9 miliardi di euro ricevuti quale prefinanziamento iniziale.”
Non centrare gli impegni al 31 dicembre 2022, però, significherebbe perdere 19 miliardi di euro. E fermare, ovviamente, riforme e investimenti. Secondo alcune stime del Governo che iniziano a circolare (non sono ancora ufficiali), rispetto al totale di 220 miliardi finanziati da Recovery Fund e Fondo nazionale complementare, ben 40 miliardi di investimenti sono classificati ad altissimo rischio. Tradotto: non verranno realizzati.
Voci critiche sul Pnrr. E sull’Italia
Non c’è soltanto il tono preoccupato del Governo sull’attuale situazione del Pnrr. Se, infatti, da una parte il presidente del Consiglio Meloni insiste sull’impossibilità a proseguire la tabella di marcia con gli scenari inflazionistici attuali, dall’altra iniziano a diffondersi voci critiche sul sistema Italia.
Il Commissario Gentiloni ha ricordato che il Recovery Fund è l’unico valido antidoto al debito elevato della nazione e che: “se ci sono dei ritardi vanno affrontati. Si possono fare dei ritocchi...ma gli impegni vanno mantenuti. Per l’Italia questa è un’occasione che non può essere perduta.”
Un’ulteriore stoccata è arrivata da Bonomi, Confindustria che sul Corriere ha dichiarato: “Ci siamo un po’ smarriti. Nello spirito iniziale il Pnrr doveva imprimere una spinta aggiuntiva a nuovi investimenti. Noi invece l’abbiamo soprattutto volto a finanziare opere già previste, perché ci difetta capacità di progettare e realizzare progetti nuovi in pochi anni.”
Lo scarso partenariato fra pubblico e privato e i colli di bottiglia amministrativi continuano a essere elementi di rallentamento secondo Bonomi. Va cambiata marcia, anche se il percorso è comunque iniziato.
Il Pnrr si pone sempre di più come una sfida a 360° per l’Italia: crescita, credibilità, efficienza sono in gioco. C’è un sistema-Paese da ricostruire e rivoluzionare.
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