Negli ultimi trent’anni la politica fiscale italiana è stata caratterizzata da schizofrenia e disorganicità. Ma per comprenderne davvero le conseguenze, gli effetti vanno valutati nel medio e lungo periodo.
La politica fiscale italiana degli ultimi trent’anni è stata caratterizzata da due elementi negativi: schizofrenia e disorganicità.
La schizofrenia è quel “particolare processo patologico di disgregazione (dissociazione) della personalità psichica; questo processo si traduce in gravi disturbi della strutturazione del pensiero, della dinamica affettiva e dell’apprezzamento dei rapporti tra ‘Io’ e ambiente circostante” (definizione tratta dall’enciclopedia Treccani).
Ora, chi conosce l’evoluzione del fisco in Italia negli ultimi anni non può non associare questo termine alla politica fiscale che è stata portata avanti.
Una politica che, prestando attenzione esclusivamente alle esigenze di gettito, ha partorito norme spesso difficili da comprendere, disorganiche e prive di una visione d’insieme del sistema.
Vi è poi un ulteriore elemento che aggrava, se possibile, la situazione: l’aspettativa di breve termine che il policy maker cerca di soddisfare tramite i provvedimenti di natura fiscale.
I politici italiani, infatti, spesso propongono ed approvano misure che cercano di soddisfare i desideri degli elettori, senza tenere conto degli effetti di medio e lungo termine che tali provvedimenti avranno in futuro.
Riduzione Ires, super ammortamento ed Industria 4.0: provvedimenti giusti ma che ancora non hanno dispiegato completamente i loro effetti
In effetti, vi sono alcuni provvedimenti che hanno visto la luce dopo anni di dibattiti e proposte, ma i cui effetti hanno necessità di diversi anni per potersi dispiegare completamente.
Si pensi, per esempio, alla Legge di Bilancio per il 2016 che introdusse:
- la riduzione strutturale dell’Ires dal 27,50 al 24 per cento;
- il super ammortamento;
- il piano industria 4.0.
Tutti e tre i provvedimenti avevano come prima applicazione il periodo d’imposta 2016, quindi i bilanci e le dichiarazioni dei redditi 2017.
I fondi stanziati - 3 miliardi di euro per la sola riduzione strutturale dell’Ires - hanno prodotto una maggiore propensione agli investimenti delle imprese, con particolare riferimento al biennio successivo, il 2018-2019.
Tuttavia, com’è fisiologico che sia, tali investimenti produrranno i propri effetti soltanto negli anni successivi al 2019.
Ma tali effetti futuri - al di là delle legittime valutazioni politiche che ciascun lettore è libero di fare - verranno realmente attribuiti alla maggioranza parlamentare che li approvò all’epoca o verranno più verosimilmente attribuiti alla maggioranza di quel momento?
Gli effetti delle politica fiscale vanno valutati nel medio-lungo periodo
Il ragionamento di cui sopra muove da due ordini di considerazioni:
- gli effetti della politica fiscale devono essere valutati nel medio-lungo periodo e non nel breve termine;
- la politica fiscale italiana - intesa come componente fondamentale della più ampia politica economica del Paese e dell’UE - deve assolutamente cambiare: occorre produrre meno in termini quantitativi e meglio dal punto di vista qualitativo, a partire da una maggiore codificazione dei principali riferimenti normativi di sistema.
Tornando all’esempio di cui sopra, i cittadini sono spesso portati a giudicare un Governo dai dati economici dell’attualità, senza comprendere - o avendo pochi strumenti per comprendere - che tali effetti non sono (quasi) mai prodotti dalla maggioranza che governa nel presente, essendo frutto di scelte passate.
Probabilmente, se riuscissimo a mettere in atto le considerazioni di cui ai punti 1. e 2. sopra, allora avremmo maggiori possibilità di migliorare il sistema nel suo complesso.
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