Il prezzo del petrolio avanza, ma la spinta non arriva dal contesto della guerra in Medio Oriente. I riflettori sono accesi altrove, con il rinnovarsi delle preoccupazioni su domanda/offerta.
Il prezzo del petrolio avanza di oltre l’1% nello scenario di un’offerta limitata.
Il motivo dell’impennata non è legato alla guerra Israele-Hamas, che continua a preoccupare per la sua drammaticità pur restano confinata nell’area della Striscia di Gaza senza, al momento, ampliamenti nella regione del Medio Oriente.
Il greggio è aumentato dopo che l’Arabia Saudita e la Russia hanno riaffermato che manterranno limiti alla fornitura di petrolio di oltre 1 milione di barili al giorno fino alla fine dell’anno. I timori di una domanda debole e di una crescita economica mondiale vacillante stanno convincendo le due grandi potenze dell’OPEC+ che una politica produttiva limitata sia una via da seguire per tenere i prezzi in equilibrio.
Le quotazioni di petrolio, intanto, sono in aumento. Cosa aspettarsi e quale ruolo avranno Riad e Mosca nel prossimo futuro?
Arabia Saudita e Russia spingono il prezzo del petrolio: cosa succede al greggio
Alle ore 10.35 circa, i futures sul Brent salgono dell’1,34% a 86,02 dollari al barile e il WTI prezza 81,72 dollari al barile con un balzo dell’1,50%.
Il motivo del salto è presto spiegato. L’Arabia Saudita ha confermato domenica che continuerà con il suo ulteriore taglio volontario di 1 milione di barili al giorno (bpd) a dicembre per mantenere la produzione a circa 9 milioni di barili al giorno, secondo una fonte del ministero dell’Energia ripresa dai media internazionali.
La Russia ha inoltre ribadito che continuerà il suo ulteriore taglio volontario di 300.000 barili al giorno dalle esportazioni di petrolio greggio e prodotti petroliferi fino alla fine di dicembre.
Secondo la spiegazione ufficiale saudita, “Questo ulteriore taglio volontario rafforza gli sforzi precauzionali compiuti dai Paesi dell’OPEC+ con l’obiettivo di sostenere la stabilità e l’equilibrio dei mercati petroliferi”.
L’OPEC+, che comprende i paesi dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e i principali alleati tra cui la Russia, ha diminuito la produzione dallo scorso anno in quella che definisce un’azione preventiva per mantenere la stabilità del mercato.
Il petrolio, intanto, ha toccato il massimo del 2023 a settembre a quasi 98 dollari al barile per il greggio Brent, anche se da allora si è indebolito fino a scambiare intorno a 85 dollari al barile venerdì, nonostante l’incertezza derivante dal conflitto in Medio Oriente.
Il greggio è salito dopo l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre, ma questi guadagni sono stati ora quasi del tutto annullati poiché la guerra è rimasta contenuta e non ha interrotto le forniture dal Medio Oriente, la fonte di circa un terzo del petrolio mondiale.
Sebbene esista ancora la possibilità che il conflitto possa estendersi a tutta la regione, l’indebolimento delle prospettive economiche globali è ormai diventato il principale driver dei prezzi.
Una contrazione a sorpresa del settore manifatturiero cinese lo scorso mese ha sollevato interrogativi sulla ripresa del più grande importatore di petrolio del mondo, mentre le scorte statunitensi stanno crescendo. Anche il calo del dollaro, che rende il petrolio più economico per la maggior parte degli acquirenti, non è stato sufficiente ad arrestare la caduta.
Cosa aspettarsi sul prezzo del petrolio?
Gli analisti di ING affermano in una nota che il mercato petrolifero sarà in surplus nel primo trimestre del prossimo anno, “il che potrebbe essere sufficiente a convincere sauditi e russi a continuare con i tagli”.
Tuttavia, i riflettori sono tutti puntati sui dati macro delle grandi potenze, per capire fino a che punto la debolezza cinese può persistere, quanto durerà ancora la contrazione in Eurozona e quanto la resilienza Usa sarà in grado di evitare una recessione.
In più, occorrerà capire l’orientamento delle banche centrali, con prospettive di tagli dei tassi nel 2024 prezzate dai mercati e che potrebbero dare uno slancio alla ripresa e alla domanda (e quindi ai prezzi del greggio).
Sullo sfondo, infine, rimane l’incognita della guerra in Medio Oriente. Finora non si scontano aumenti del petrolio poiché Iran e Arabia Saudita, principali attori del settore energetico e petrolifero dell’area, sono in disparte. Tuttavia, come ha allertato la Banca Mondiale, uno scenario da 157 dollari al barile è potenzialmente ancora possibile.
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