Perché il prezzo del petrolio scende di oltre il 3% nella giornata di lunedì 8 gennaio? Una mossa dell’Arabia Saudita e previsioni incerte sulla domanda globale indeboliscono il greggio.
Il prezzo del petrolio sull’altalena in questo inizio 2024, con le quotazioni WTI e Brent che perdono oltre il 3% mentre si scrive.
Le oscillazioni del greggio degli ultimi giorni rivelano quanto incertezza ruoti intorno alle prospettive dell’oro nero, sotto pressione a causa degli imprevedibili sviluppi della guerra in Medio Oriente e del caos commerciale del Mar Rosso, delle turbolenze all’interno dell’OPEC, dell’aumento di produzione di petrolio di alcuni Paesi come gli Usa, della domanda globale ancora debole nella stima a breve termine.
Entrambi i contratti sono aumentati di oltre il 2% nella prima settimana del 2024 spinte dall’intensificarsi del rischio geopolitico in Medio Oriente dopo gli attacchi degli Houthi yemeniti alle navi nel Mar Rosso. Tuttavia, l’euforia è durata poco e oggi, lunedì 8 gennaio, i futures sul Brent scambiano a 76,21 dollari al barile con una perdita del 3,24% e il WTI prezza 71,11 dollari al barile con un -3,66%.
Il sentiment ribassista sul prezzo del petrolio si è rafforzato dopo la mossa dell’Arabia Saudita, che ha abbassato i prezzi di vendita ufficiale del suo greggio per tutte le regioni. La decisione è il segnale di un mercato petrolifero pieno di sfide e insidie in questo inizio 2024.
Perché il prezzo del petrolio perde il 3%?
Il prezzo del petrolio scende in modo marcato dopo che l’Arabia Saudita ha tagliato i prezzi di vendita ufficiali, sottolineando un peggioramento delle prospettive globali e mettendo in secondo piano le preoccupazioni per le tensioni sul Mar Rosso e per le interruzioni dell’offerta in Libia.
Nello specifico, l’aumento della produzione e la concorrenza con esportatori rivali hanno spinto l’Arabia Saudita a diminuire il prezzo di vendita ufficiale (OSP) di febbraio del suo greggio di punta Arab Light verso l’Asia al livello più basso in 27 mesi.
Un sondaggio Reuters di venerdì ha rilevato che la produzione petrolifera del potente cartello è aumentata a dicembre, poiché gli incrementi in Iraq, Angola e Nigeria hanno compensato i continui tagli da parte Regno saudita e di altri membri della più ampia alleanza OPEC+.
La spinta dell’offerta è arrivata prima di ulteriori tagli dell’OPEC+ nel 2024 e dell’uscita dell’Angola dall’organizzazione, che dovrebbero ridurre la produzione e la quota di mercato di gennaio.
“Se dovessimo concentrarci solo sui fondamentali, tra cui scorte più elevate, una maggiore produzione OPEC/non OPEC e un OSP saudita inferiore alle attese, sarebbe impossibile essere altro che ribassisti sul petrolio greggio”, ha affermato l’analista di IG Tony Sycamore.
Le tensioni in Medio Oriente e nel Mar Rosso sembrano compensare in modo molto lieve questo calo delle quotazioni (in nome del timore di un’offerta limitata a causa delle due crisi che può limitare la produzione e quindi far alzare i prezzi della materia prima).
“Le tensioni sul Mar Rosso sono l’unico contrappeso, anche se relativamente debole e intermittente, al fatto che i prezzi del greggio soccombono al ribasso sulle aspettative di indebolimento della domanda globale e di aumento delle scorte”, ha affermato Vandana Hari, fondatrice del fornitore di analisi del mercato petrolifero Vanda Insights.
Intanto, gli speculatori hanno preso una svolta ribassista nella settimana terminata il 2 gennaio, aumentando le posizioni short sia contro il Brent che contro il WTI, secondo quanto riportato da Bloomberg. Secondo i dati ICE e CFTC, l’aumento combinato delle scommesse sul calo dei prezzi è stato il maggiore da marzo.
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