I risultati del sondaggio di Money.it: per il 90% dei rispondenti privatizzare ulteriormente Poste Italiane sarebbe una mossa sbagliata da parte del governo.
La privatizzazione delle Poste è una mossa sbagliata. Questo è il responso del sondaggio lanciato da Money.it dopo che il governo ha dato il via libera alla messa sul mercato di “una quota della partecipazione detenuta dal ministero dell’Economia”, con in campo anche la possibilità di un ricorso all’azionariato popolare.
![Privatizzazione Poste Italiane](IMG/jpg/2xbRqXKXWS0SNyfxQsoCLUC60rK0OiYexzsLte0t.jpg)
Come si può vedere dai risultati del sondaggio, che ricordiamo non ha un valore scientifico ma soltanto indicativo non essendo stato realizzato a campione, il 90% degli oltre 2.000 rispondenti si è detto contrario all’ipotesi di un’ulteriore privatizzazione di Poste Italiane.
Un autentico plebiscito, che fa la spia di come gli italiani da sempre siano poco propensi alle privatizzazioni dei propri colossi partecipati, specie quando si tratta di una società che macina utili come Poste Italiane.
Il bilancio 2022 infatti per Poste si è chiuso con un utile netto di 1,7 miliardi - in aumento del 12,5% rispetto al 2021 -, con anche i dati dei primi tre trimestri del 2023 che sono stati molto incoraggianti a riguardo.
Privatizzazione di Poste: lettori contrari
Il sondaggio di Money.it parla chiaro: per i lettori un’ulteriore privatizzazione di Poste Italiane sarebbe un errore. Il governo però ha bisogno di fare cassa e la strada ormai sembrerebbe essere stata tracciata dopo che il Cdm ha deliberato in favore della messa sul mercato di ulteriori quote.
Il ministro Giancarlo Giorgetti ha garantito che la cessione di Poste “garantirà servizi e occupazione”, con il Mef che manterrà la quota controllo. Il sentore però è che a breve la stessa sorte toccherà anche a Eni, Ferrovie dello Stato, Rai e Rai Way.
La sinistra così si è domandata se il piatto possa valere la candela: “La dismissione del 20% di Poste potrebbe forse generare un incasso di 2,7 miliardi di euro, ma significherebbe perdere circa 260 milioni di euro annui di dividendi”. In effetti l’azienda è in piena salute come dimostrano anche i dati del 2023 dopo l’ottimo bilancio del 2022.
Al momento il Mef detiene il 29,26% delle quote di Poste Italiane, con un ulteriore 35% che è in mano a Cassa Depositi e Prestiti. La presenza statale di conseguenza è forte anche considerando che un 23,08% appartiene a investitori istituzionali, con gli investitori individuali che hanno poco più del 12%.
Il governo così starebbe valutando di vendere le quote in mano al Mef - tenendo invece quelle di Cdp - con una previsione di incasso di circa 3,9 miliardi, ma questa ipotesi è stata totalmente bocciata dal sondaggio.
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