La Federal Reserve resterà aggressiva fino a fine anno: non esiste un modo indolore per abbassare l’inflazione. Goldman Sachs e Ubs tagliano al ribasso le stime sull’S&P 500: ecco i target
I dati intraday e in tempo reale del Grafico S&P 500 sono tratti dalle quotazioni di prodotti OTC.
Prospettive cupe per l’S&P 500 e in generale per i mercati finanziari globali. La strada intrapresa dalla Fed nel rialzo dei tassi è stata ben definita da Jerome Powell a Jackson Hole: l’aumento da 75 punti base deciso all’ultima riunione del FOMC ha dunque rispettato le aspettative. Tuttavia, i mercati non avevano previsto stime ancora più aggressive per il 2023, con un tasso che si attesterà al 4,5-4,75%: il risultato è stato un crollo dei prezzi superiore al 5% in meno di tre sedute.
Powell ha avvisato che la lotta contro l’inflazione non sarà indolore e in mancanza di segnali di inversione, la Fed continuerà ad aumentare il costo del denaro. Non uno scenario morbido, come prospettato a giugno, ma un probabile affondo dell’economia in una recessione.
I target di Goldman Sachs e Ubs
L’indice S&P 500 è sceso venerdì a ridosso dei minimi di giugno a 3636 punti: in un contesto di rendimenti in aumento che pesano sulle valutazioni delle azioni il rischio è che anche questi minimi possano saltare facendo ripiombare i prezzi di uno scenario di «bear market» duraturo.
Gli analisti di Goldman Sachs ritengono infatti inevitabile un forte rallentamento: «per contenere l’inflazione la Fed dovrà aumentare i tassi in misura tale da provocare una recessione negli Stati Uniti nel corso del 2023».
Alla luce di quest’analisi, Goldman Sachs ha tagliato il target di fine anno per l’indice benchmark S&P 500 di circa il 16% portandolo a 3.600 punti dalla stima precedente fissata a 4.300 punti.
Più morbida Ubs che all’inizio del mese aveva abbassato il target di fine anno dell’S&P 500 a 4.000 punti.
Le prospettive più cupe di BofA
Una settimana fa, gli strategist di Bank of America avvertivano gli investitori che lo shock inflazionistico «non è finito» ed è improbabile che l’indice dei prezzi al consumo scenda presto sotto il 4%-5%.
Michael Hartnett, Chief Investment Strategist di BofA, ha ricordato che l’S&P 500 si trova nel ventesimo «bear market» degli ultimi 140 anni, con un calo medio dal picco al minimo del 37,3% in 289 giorni.
Harnett è ben conscio che la storia non possa essere una guida per il futuro, ma dice che il mercato orso potrebbe terminare a metà ottobre con l’S&P 500 a 3.020 punti. Un ribasso inevitabile con il rialzo dei Fed funds e dei rendimenti statunitensi che si stanno muovendo verso il 4%-5%.
E dichiara la sua strategia di ingresso sull’S&P 500: «sgranocchiare a 3.600 punti, mordere a 3.300, e mangiare a 3.000».
Dove può arrivare l’S&P 500?
Dopo aver violato il 16 settembre la trend line disegnata dai minimi di giugno a 3.900 circa, l’indice S&P 500 è precipitato velocemente verso i bottom di giugno. Ora le sorti dei prezzi sono appese a un filo: se anche area 3.600 dovesse cedere sotto la pressione dei venditori si aprirebbe una spirale ribassista verso 3.389 punti, per la chiusura del gap lasciato aperto il 20 novembre 2020. Target successivo a 3.240.
Serviranno reazioni di entità superiore al 10%, quindi oltre area 4.000, per assistere a un tentativo di recupero significativo.
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