Quando la Polizia può controllare messaggi e chat sul telefono

Ilena D’Errico

3 Novembre 2024 - 23:56

Ecco in quali casi la Polizia può controllare conversazioni e messaggi scambiati dal telefono e che cosa ha stabilito la Cassazione.

Quando la Polizia può controllare messaggi e chat sul telefono

Tante persone parlano del controllo dei cellulari da parte delle forze dell’ordine ignorando le procedure previste dalla legge, ma anche l’ingiustificato spreco di tempo e risorse che controlli immotivati porterebbero. In altre parole, la Polizia non “mette sotto controllo” i telefoni al di fuori dei casi necessari, né tantomeno procede al sequestro quando non richiesto da ragioni fondate.

Non bisogna dimenticare che le conversazioni al telefono, così come i dati e le informazioni contenuti nel cellulare, sono protetti dal diritto alla riservatezza. Ciò significa che nessuno è legittimato a violarne la privacy, a meno che sia indispensabile per ragioni di sicurezza. Il controllo dei messaggi può dunque avvenire soltanto a determinate condizioni, principalmente tramite le intercettazioni telefoniche o il sequestro del dispositivo.

La Corte di Cassazione, oltretutto, ha recentemente limitato ulteriormente il controllo di messaggi istantanei, chat e posta elettronica, per tutelare il diritto alla riservatezza della corrispondenza, sancito dall’articolo 15 della Costituzione.

Quando la Polizia può controllare i messaggi

Le intercettazioni telefoniche sono un mezzo di ricerca della prova e possono avvenire soltanto previa autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico ministero. Il Codice di procedura penale limita le intercettazioni a un numero limitato di reati molto gravi, sempre a patto che ci siano gravi indizi di reato e che siano indispensabili per il proseguimento delle indagini. Il Pubblico ministero può disporre le intercettazioni con urgenza dandone comunicazione al giudice entro 24 ore affinché possa convalidarle o meno.

I messaggi possono essere controllati anche dopo il sequestro del telefono, nuovamente disposto dal giudice o motivato da comprovati elementi di urgenza. Infine, più raramente, il controllo del cellulare può avvenire anche durante una perquisizione o nell’ambito di un arresto in flagranza, a patto che ciò sia indispensabile per lo svolgimento delle indagini.

I messaggi equivalgono alla corrispondenza per la Cassazione

Come anticipato, una recente sentenza della Corte di Cassazione potrebbe cambiare in modo significativo tempi e modalità con cui la Polizia può controllare chat e conversazioni dei cittadini, seppur già limitate in modo rigoroso. Gli Ermellini hanno infatti segnato un netto cambiamento nell’orientamento della giurisprudenza, equiparando a tutti gli effetti le conversazioni scritte in digitale alla corrispondenza.

In particolare, la sentenza n. 39548/2024 della Cassazione impone che l’acquisizione dei messaggi avvenga secondo le modalità prescritte per la corrispondenza, individuate dall’articolo 254 del Codice di procedura penale. Quest’ultimo stabilisce che il sequestro della corrispondenza può avvenire soltanto quando l’autorità giudiziaria ritiene esserci un “fondato motivo di ritenere spediti dall’imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa, o che comunque possono avere relazione con il reato”.

Servirebbe dunque necessariamente il provvedimento di un giudice, peraltro come affermato anche dalla Direttive dell’Unione europea n. 2016/680. Si tratta di una forma di garanzia ulteriore per la riservatezza dei cittadini, anche se mancano le condizioni affinché questo principio assuma una portata generale. Le citate disposizioni del Codice di procedura penale, infatti, disciplinano il sequestro della corrispondenza dai fornitori di servizi di comunicazione e non direttamente dai privati.

In ogni caso, la Cassazione non ha escluso del tutto la possibilità di controllare messaggi e chat come fossero semplici documenti - principio affermato in passato dalla stessa Corte - affermando che:

In tema di mezzi di prova, i messaggi di posta elettronica, i messaggi WhatsApp e gli SMS conservati nella memoria di un dispositivo elettronico conservano la natura di corrispondenza anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, per il decorso del tempo o per altra causa, essi non abbiano perso ogni carattere di attualità, in rapporto all’interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento «storico», sicché - fino a quel momento - la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall’art. 254 c.p.p. per il sequestro della corrispondenza.

In altre parole, messaggi, email e chat possono assumere il carattere di semplici documenti quando sussistono gravi motivi o non sono più attuali.

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