Quante tasse si pagano sulla casa?

Patrizia Del Pidio

8 Gennaio 2025 - 11:41

Quali e quante tasse sono dovute per la casa? Per chi possiede immobili la lista potrebbe essere anche abbastanza lunga, vediamo quali sono.

Quante tasse si pagano sulla casa?

Quante tasse si pagano sulla casa? Investire nel «mattone» è sempre piaciuto agli italiani. Comperare immobili, infatti, è sempre stato visto come un modo di impiegare i risparmi facendoli fruttare. Ma per chi crede che una volta acquistato un immobile sia dovuta solo l’Imu, l’errore potrebbe essere anche grossolano.

Le cose non stanno propriamente in questo modo visto che l’immobile è tassato in diversi modi, oltre che con l’imposta municipale propria. In alcuni casi, infatti, sulla rendita catastale della casa è necessario pagare, oltre all’Imu, anche l’Irpef e se si decide di affittare una seconda casa si è tenuti a pagare anche l’imposta sui canoni di locazione che si percepiscono, sia che si scelga la cedolare secca, sia che si opti per regime di tassazione ordinario.

A questo, poi, va aggiunto quanto previsto sugli immobili ristrutturati con il Superbonus al 110%, dalle plusvalenze all’aggiornamento delle rendite catastali.

Gli immobili, a prescindere se sono occupati o meno, sono assoggettati anche alla Tari senza contare le imposte richieste al momento dell’acquisto. Vediamo quante e quali sono le tasse che si pagano sulla casa in questo articolo guida.

Le tasse che si pagano all’acquisto della casa

Iniziamo dal principio, ovvero dal momento in cui si decide di acquistare un immobile, perché è proprio quello il momento in cui si iniziano a versare tributi sulla casa. Nella compravendita degli immobili l’acquirente è chiamato a versare i primi balzelli, ovvero:

L’Iva, che ha aliquote diverse in base alla tipologia dell’immobile, si applica soltanto nel caso che si acquisti direttamente dal costruttore, se quest’ultimo la applica. Le diverse aliquote da considerare sono:

  • al 4% se si tratta della prima casa;
  • al 10% per tutte le case successive alla prima;
  • al 22% per le case di lusso.

Se, invece, si acquista l’immobile da un privato o da un venditore che non è soggetto Iva, al posto dell’imposta sul valore aggiunto, si è chiamati a versare l’imposta di registro che è:

  • al 2% per le prime case;
  • al 9% per case successive alla prima.

L’imposta catastale, invece, varia dai 50 ai 200 euro in base al fatto che l’immobile sia acquistato da un venditore privato, da una impresa o da una ditta di costruzioni.

L’imposta ipotecaria, infine, segue la stessa logica dell’imposta catastale e i suoi stessi importi.

Per l’acquisto di una prima casa, quindi, si dovrà versare il 4% di Iva oppure l’imposta di registro pari a 200 euro o al 2% del valore dell’immobile a cui aggiungere dai 50 ai 200 euro di imposta catastale e imposta ipotecaria.

Per l’acquisto di una casa successiva alla prima, invece, si dovrà versare: 10% o 22% di Iva se si acquista da un’impresa costruttrice o, in alternativa, l’imposta di registro pari a 200 euro oppure al 2% o al 9% del valore dell’immobile a cui aggiungere dai 50 ai 200 euro di imposta catastale e imposta ipotecaria.

Le tasse sulla casa per chi è già proprietario

L’unica tassa che grava indistintamente su qualsiasi tipo di immobile è la Tari. A pagarla non sempre è chi detiene la proprietà degli immobili, ma grava su chi li utilizza. Non sono previste esenzioni per la prima casa ma sono previste alcune esenzioni come, ad esempio, quella per gli immobili inutilizzabili.

Sono contemplate, invece, delle riduzioni, che variano in base al Comune, per nuclei familiari composti da una sola persona o per immobili che si utilizzano stagionalmente, per esempio. L’importo della Tari, che ricordiamo essere una tassa Comunale, varia in base alle aliquote deliberate dal Comune, così come variano anche le scadenze per i pagamenti.

L’altra imposta dovuta quasi sempre per gli immobili è l’Imu. L’imposta municipale propria (o unica) ha un importo variabile in base alle caratteristiche della casa e al Comune di residenza. Una esenzione totale dal pagamento è prevista per l’abitazione principale e per le sue pertinenze (a patto che l’immobile non ricada nelle categorie di quelli di lusso).

L’Imu, in linea generale, si paga dalla seconda casa in poi (anche sulla prima se è accatastata come immobile di lusso), per i terreni agricoli, per le aree fabbricabili e per le pertinenze degli immobili che non sono adibiti ad abitazione principale.

In quali casi si paga anche l’Irpef sulla rendita catastale della casa?

L’introduzione dell’Imu ha inasprito la tassazione sulle seconde case pur andando, nella maggior parte dei casi, a sostituire l’Irpef e le sue addizionali. Nel caso, però, che un contribuente abbia due case nello stesso Comune, di cui una adibita a prima abitazione, la rendita catastale della seconda casa sfitta contribuirà alla formazione del reddito imponibile Irpef per il 50% del suo valore.

La tassazione delle seconde case ubicate nello stesso Comune della prima casa, che grava solo qualora l’immobile risulti inutilizzato (non è prevista, invece, se si decide di affittarlo) sarà data dal calcolo effettuato, in sede di dichiarazione dei redditi, sulla metà della rendita catastale dell’immobile. Se la seconda casa, invece, si trova in un Comune diverso non è soggetta a tassazione Irpef.

Tassazione sulle case in affitto

Anche per chi possiede più di una casa e decide di locarle è prevista tassazione. In questo caso, però, le tasse si pagano sul reddito prodotto con l’affitto della casa (sui canoni di locazione annui). A scelta del contribuente la tassazione può essere:

  • ordinaria e in questo caso i canoni di locazione percepiti sono assoggettati a Irpef concorrendo alla formazione del reddito imponibile;
  • con cedolare secca e in questo caso si pagherà con tassazione separata il 10% o il 20%(in base a dove è situato l’immobile).

Per chi decide, invece, di locare l’immobile con i cosiddetti affitti brevi (contratti della durata inferiore ai 30 giorni) la tassazione con cedolare secca sale, nel 2024, dal 21% al 26%.

Le tasse sulla vendita della casa

Un immobile prevede tassazione in ogni fase del possesso. Dall’acquisto alla vendita, in alcuni casi. Se si acquista un immobile e si decide di rivenderlo prima che siano trascorsi cinque anni dalla compravendita, chi lo vende vedrà tassata anche la plusvalenza. Di cosa si tratta? La plusvalenza è la differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto (solo se si vende prima che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto) e rappresenta, quindi, il guadagno che il proprietario ricava dall’operazione. In questo caso si può optare sulla tassazione ordinaria o su quella sostitutiva che è pari al 26% del guadagno (solo sulla plusvalenza e non sull’intero importo di vendita).

Inoltre, la Legge di Bilancio 2024 ha previsto che la plusvalenza sulle vendite sia tassata anche nel caso che l’immobile sia venduto dopo cinque anni dall’acquisto, ma se è stato oggetto di ristrutturazione con Superbonus 110% entro 5 anni dal termine dei lavori. Anche in questo caso il maggior valore dell’immobile è tassato al 26%.

Stangata sulle case ristrutturate

Altra cosa da prendere in considerazione è che esiste un obbligo che impone a chi ristruttura l’immobile di aggiornare le rendite catastali. L’obbligo in questione, ricordato dalla Legge di Bilancio 2024 (che lo impone in modo particolare a chi ha ristrutturato con il Superbonus) e ribadito alla fine del 2024 anche dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

L’aggiornamento delle rendite catastali potrebbe comportare un aumento della rendita stessa con effetti negativi sull’Imu e sull’Irpef.

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