A quanti anni si può uscire da soli senza genitori? Ecco cosa prevede la legge a riguardo e quando scatta l’ipotesi di reato.
I genitori sono responsabili dei figli minori e della loro sicurezza, ma questo non significa che debbano fisicamente vigilare su di loro finché non diventano maggiorenni. Anche perché così facendo è probabile che i figli stessi non abbiano raggiunto la capacità di stare effettivamente da soli.
L’importante distinzione giuridica tra minorenni e maggiorenni è troppo generalizzata per regolamentare ogni aspetto della vita, anche perché l’età minore va da 0 a 17 anni, un intervallo piuttosto ampio che comprende diverse esigenze e consapevolezze. Non si può paragonare un infante a un adolescente e la legge tiene conto di questa distinzione.
Il processo verso l’autonomia e l’indipendenza, infatti, non si compie automaticamente ai 18 anni, ma inizia lentamente molto prima. È normale che i figli comincino a stare del tempo da soli un po’ prima, stando soli in casa all’occorrenza e facendo delle uscite. Spesso per i genitori non è semplice capire quando è il momento di concedere questa libertà, che dipende in gran parte dalle circostanze specifiche. Ci sono però le linee guida della legge, ecco che cosa prevedono.
A quanti anni si può uscire da soli?
La legge non stabilisce espressamente a quale età i figli possono essere lasciati da soli o a quanti anni possono uscire. La giurisprudenza è ricca di casi sull’argomento, che aiutano a definire un quadro più completo. Il principio generale, tuttavia, va ricercato nel Codice penale e in particolare nell’articolo 591 sull’abbandono di minori e incapaci, il cui primo comma recita:
Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici,
ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per
vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a sé stessa, e della
quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la
reclusione da sei mesi a cinque anni.
Ecco che la legge non parla genericamente di minore, bensì di minore di 14 anni. Questa età segna per la legge uno spartiacque all’interno dell’età minorile, a partire da cui il minore acquista diverse capacità. Ciò vuol dire che possono uscire da soli i ragazzi che abbiano compiuto almeno 14 anni, considerati dalla legge abbastanza maturi per provvedere da soli alla propria incolumità.
Ad esempio, a questa età è considerato sicuro lasciare i figli uscire da soli, poiché dovrebbero disporre delle capacità di discernimento sufficienti per far fronte a bisogni o eventuali pericoli. Ovviamente, il diritto non può che affidarsi a un’età precisa, così da avere un principio su cui muoversi. La corrispondenza con la realtà, però, può essere differente e di ciò se ne occupa la giurisprudenza. Oltretutto, il reato riguarda espressamente la condizione di abbandono, non genericamente il fatto che il minore sia temporaneamente solo.
Oltre i 14 anni non si può definire l’abbandono, anche se i genitori restano in certa misura responsabili, mentre al di sotto di questa soglia bisogna valutare il caso e capire se c’è una situazione di abbandono oppure no.
Si può uscire da soli prima dei 14 anni?
Il limite dei 14 anni non è inderogabile come si pensa. Lo è senza dubbio quando non ci sono elementi sufficienti a valutare il caso concreto o ci sono dei dubbi in merito, ma non è sempre così. Il giudice, valutando sul caso concreto, prende in considerazione non solo l’età del minore ma tutti i fattori utili alla comprensione della situazione e della responsabilità dei genitori.
In particolare, bisogna comprendere il grado di maturità del minore e l’ambiente in cui è lasciato da solo. Circostanze non sempre facili da interpretare in modo oggettivo, ma indispensabili per capire effettivamente se ci sia un’esposizione ai pericoli o meno. Il grado di maturità del minore è un ago della bilancia importante, soprattutto se ha poco meno di 14 anni. Inoltre, bisogna comprendere se il minore abbia le capacità per distinguere i pericoli e far fronte agli imprevisti chiedendo aiuto.
L’ambiente, invece, riguarda il contesto complessivo in cui il minore si trova da solo, non soltanto in termini di sicurezza ma più genericamente riguardo alla possibilità di trovare aiuto. Anche la durata è un fattore importante, ma non abbastanza da far venir meno l’ipotesi di reato quando mancano i presupposti di sicurezza. Il reato di abbandono può configurarsi, infatti, anche per pochi minuti di assenza se il bambino non può reagire in quei momenti a pericoli o imprevisti.
Bisogna anche considerare che il reato fa riferimento all’abbandono del minore come condotta a sé stante, non come conseguenza dell’età. Di conseguenza, non ogni volta in cui un minore di 14 anni è senza i genitori scatta il reato, ma soltanto quando c’è una situazione di abbandono, semplicemente quando il minore non sa cavarsela da solo. Ed è su questo punto che interviene la valutazione specifica che spetta in primo luogo ai genitori.
Un minore lasciato andare a scuola da solo che si perde, è impaurito e non sa come allertare l’aiuto è abbandonato. Un minore che conosce bene la strada, magari breve, sa come contattare i genitori e chiedere aiuto non è considerato abbandonato, per semplificare.
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