Dalla consulenza alla parcella, ecco quanto costa un avvocato: i parametri tariffari per determinare l’onorario anche se la legge permette che le parti siano libere di accordarsi sul compenso.
Quanto costa un avvocato? Alzi la mano chi, per necessità oppure per semplice curiosità, non si è posto almeno una volta questa domanda.
Del resto in Italia si stima che ogni anno vengano attivati un milione di procedimenti penali, ai quali si devono sommare circa 2 milioni di procedimenti civili.
Come se non bastasse, anche settori come il diritto di famiglia, il lavoro, le successioni o le controversie amministrative, generano ulteriori richieste di assistenza legale.
Ci si rivolge a un avvocato però anche per altri motivi: necessità di consulenze, redazione di contratti o risoluzione di dispute stragiudiziali.
Sommando tutte queste voci, il numero complessivo di italiani che si rivolgono a un avvocato ogni anno può superare i 10 milioni, considerando sia le controversie giudiziarie sia le consulenze stragiudiziali.
A fronte di questa enorme richiesta, nel Belpaese al 2023 si contano la bellezza di 236.946 iscritti alla Cassa Forense, con una media di 4 avvocati ogni 1.000 abitanti (qui il nostro focus su come diventare avvocato).
Alla luce di questi numeri, vediamo allora quanto costa un avvocato in Italia dando uno sguardo ai parametri tariffari e ai costi di consulenza e parcella.
Quanto costa un avvocato: cosa dice la legge
Per capire quanto costa un avvocato bisogna partire da un presupposto: l’onorario viene concordato tra il legale e il cliente prima dell’assunzione dell’incarico.
Secondo la legge la pattuizione dei compensi è libera, nel senso che l’avvocato può chiedere la parcella che ritiene più congrua; allo stesso tempo, ovviamente, il cliente è libero di accettarla o meno. Il legale è sempre obbligato a sottoporre un preventivo prima dell’accettazione dell’incarico.
Esistono però dei casi in cui questa determinazione preventiva della parcella non è possibile o non viene effettuata. In queste ipotesi soccorrono appunto i parametri forensi, che permettono di fissare dei criteri oggettivi grazie ai quali, da un lato, i clienti non sono esposti al sopruso dei professionisti, mentre gli avvocati, dall’altro, vedono riconosciuto il valore del lavoro svolto.
Per la categoria degli avvocati, in ragione di specificità della professione e per altri aspetti riscontrabili anche nel ruolo sociale riconosciuto all’ordine, sono rimaste quindi delineate le competenze e le tariffe con un apposito decreto, il D.M. n. 55/2014, da applicarsi in luogo del D.M. n. 140/2012 sui parametri.
Segnaliamo inoltre in proposito, che è stato depositato a maggio in Parlamento 2022 uno schema di decreto ministeriale che modifica i parametri forensi: esso aggiorna tutti gli importi delle tabelle del 2014 e aggiunge nuove voci. Tra le novità debutta anche la retribuzione per ore di lavoro.
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Compenso dell’avvocato: quando si usano i parametri forensi
Diciamo subito che la mancata presentazione di un preventivo non fa venir meno il credito dell’avvocato ma, in caso di contestazione tra le parti sull’ammontare del compenso dovuto, sarà il giudice a determinarne l’importo esatto.
Nel definire ciò l’Organo giudicante si atterrà al suddetto decreto ministeriale n. 55/2014 che fissa dei parametri professionali da applicare in caso di “soccombenza”. Come noto, infatti, chi perde la causa deve pagare l’avvocato di controparte, non nella misura da questi richiesta al proprio cliente ma in base appunto a delle tabelle prefissate dal legislatore.
I parametri forensi, a differenza delle vecchie tariffe, non vincolano avvocato e cliente: la pattuizione del compenso è libera, ma essi vengono utilizzati se il compenso non è determinato in forma scritta, se non è stato deciso consensualmente e quando a liquidare la parcella è il giudice.
Possiamo dunque affermare che tali parametri rappresentano un punto di riferimento per stabilire le parcelle anche perché, in base alla legge 247 del 2012, la conformità a questi valori è uno dei criteri per valutare se il compenso pattuito dagli avvocati con i clienti “forti”, che possono essere banche, assicurazioni e grandi imprese, sia effettivamente equo.
Costo dell’avvocato: a quanto ammonta il compenso?
Come è facile desumere da quanto sopra premesso, non c’è una regola per determinare i costi che potrebbero essere affrontati in una causa e non è possibile fornire una risposta univoca sui costi della prestazione legale: tutto dipende dalla complessità del mandato e dalla durata della causa.
L’avvocato prima di presentare il preventivo valuterà alcuni elementi sui quali baserà la richiesta del proprio compenso, ad esempio:
- la durata della causa;
- il valore della controversia;
- la complessità del mandato;
- il numero delle controparti;
- le trasferte se distante dal tribunale competente.
Il valore della controversia è da sempre il principale elemento sulla base del quale vengono quantificate le parcelle degli avvocati. Lo era già quando esistevano le tariffe obbligatorie e continua ad esserlo nel momento in cui il giudice, con la sentenza che decide la causa, quantifica l’ammontare delle spese legali dovute all’avversario vincitore.
Ovviamente, tanto maggiore è l’importo della controversia tra le parti, tanto maggiore sarà il corrispettivo del professionista.
Il fattore tempo incide sulla parcella del legale. I termini della causa possono essere ipotizzati: alcune volte si risolvono in una o due udienze come per i cosiddetti «giudizi cautelari», la separazione o il divorzio consensuale, ecc. mentre in alcuni casi non sono previste udienze, come per il ricorso per decreto ingiuntivo o per la nomina di un amministratore di sostegno. Ci sono poi invece ipotesi in cui le cause possono durare diversi anni.
La complessità del mandato è un elemento che viene valutato soggettivamente, proprio perché in base all’esperienza il legale può supporre quanto tempo impiegherà nell’assistenza. Pertanto è sempre bene trovare il professionista specializzato in un determinato settore per risparmiare lungaggini.
La parcella viene infine influenzata anche dalle spese e dai tempi di trasferta: se un avvocato si trova in una città distante dal tribunale competente dovrà calcolare una parcella più alta di un professionista del luogo.
I costi di una consulenza legale
Come più volte chiarito dalla giurisprudenza, nel caso in cui si richiede un parere o consulenza a un avvocato bisogna pagarlo.
Solitamente, per i pareri legali o consulenze, che dir si voglia viene richiesto un compenso variabile che di media si muove da un minimo di 100 euro a un massimo di 500 euro.
Invece, il costo sale e va da 200 fino a 1.000 euro per una consulenza scritta. A queste somme va aggiunta chiaramente l’Iva (attualmente, al 22%) e la cassa forense (al 4%).
Ricordiamo che questo è un range medio: non ci sono tariffari minimi ed è intuitivo che, in alcune città i prezzi sono più alti rispetto alla provincia e se ci si affida a uno studio legale molto noto e prestigioso, si potrebbe ricevere la richiesta di una parcella più alta.
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