Quanto costano davvero tutte le proposte del centrodestra: conto da 100-140 miliardi, perché è impossibile realizzarle

Giacomo Andreoli

18/08/2022

Tra flat tax, aumento delle pensioni minime, azzeramento dell’Iva, fine della legge Fornero e taglio del cuneo fiscale, il conto delle proposte del centrodestra supera i 100 miliardi di euro annui.

Quanto costano davvero tutte le proposte del centrodestra: conto da 100-140 miliardi, perché è impossibile realizzarle

Flat tax al 15% o al 23%, azzeramento dell’Iva sui beni alimentari, superamento della legge Fornero e introduzione di Quota 41. E ancora: dentiere gratis per gli anziani più poveri e aumento delle pensioni minime e delle retribuzioni, con l’apprendistato ad almeno mille euro al mese. Sono tante le proposte lanciate in questa campagna elettorale dai leader del centrodestra.

Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, in particolare, sono i più prolifici, con decine di promesse fatte in vista del voto del 25 settembre. Più cauta Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia, che tutti i sondaggi danno come primo movimento della coalizione, è tra i capi di partito quella che ha più chance di diventare la prossima presidente del Consiglio. Per questo invita i compagni del centrodestra a promettere solo quello che si può realizzare, mentre nel programma comune di coalizione ha fatto togliere le misure più costose per le casse dello Stato, come la flat tax al 15%.

Anche se prevalesse lei nell’alleanza, come dicono i sondaggi, però, con un’eventuale vittoria dei conservatori tutti i partiti premerebbero per vedere applicate le loro proposte. Peccato che il pacchetto completo avrebbe un costo esorbitante: dai 100 ai 140 miliardi di euro all’anno. Questo con una legge di Bilancio da fare in autunno in cui il poco spazio di azione disponibile servirà quasi integralmente per finanziare interventi obbligatori di legislazione corrente. Vediamo quanto costano nel dettaglio le singole proposte e perché è impossibile realizzarle.

Quanto costa la flat tax del centrodestra

Partiamo con la flat tax. Berlusconi vuole un’unica aliquota al 23%, rafforzando contemporaneamente l’Agenzia delle Entrate per punire ancora di più chi non paga. La misura costerebbe dai 20 ai 30 miliardi di euro ogni anno: una vera e propria finanziaria ogni dodici mesi.

Ancor più difficile sarebbe portare la tassa unica al 15% per tutti, come vuole Salvini, partendo dall’estensione dell’attuale regime forfettario per le partite Iva e poi coinvolgendo lavoratori dipendenti e pensionati: nel 2019, quando l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini voleva farla approvare al governo gialloverde, si stimò una spesa annua tra i 50 e i 60 miliardi di euro. Imponendo una fascia di reddito massima per accedere all’agevolazione fiscale, come accade oggi per le partite Iva, il conto potrebbe scendere, ma non sarebbe comunque inferiore ai 20 miliardi.

La proposta di Meloni sulla flat tax, invece, sarebbe praticamente a costo zero. Si tratta della cosiddetta “flat tax incrementale”. Varrebbe sull’aumento dei redditi dichiarati. Ad esempio: se nell’anno X ho dichiarato 30mila euro e nell’anno successivo dichiaro 35.000 euro, sui 5.000 euro in più sarà applicata la flat tax al 15% o 23%. La riforma, però, ridurrebbe le entrate potenziali per le casse dello Stato.

L’aumento delle pensioni minime e il dentista gratuito

Berlusconi ha poi proposto l’aumento delle pensioni minime a mille euro e la gratuità degli impianti dentistici più costosi per gli anziani in difficoltà. Quest’ultima misura può costare almeno un miliardo all’anno.

Per calcolare il costo dell’aumento delle pensioni, invece, si possono prendere in considerazione due stime: l’integrazione fino a mille euro mensili di tutte le pensioni assistenziali (inferiori a 13 mila euro all’anno) e un assegno per ogni beneficiario della pensione minima pari all’importo medio (vicino ai mille euro).

Le pensioni assistenziali in Italia ad oggi sono più di 4 milioni, per un importo medio di 5.799 euro annui. Per arrivare a 13 mila euro annui (tredici mensilità) serve un’integrazione di 7.201 euro ogni dodici mesi per ciascuna prestazione. La spesa totale sarebbe quindi di 31 miliardi. Le pensioni non superiori al minimo costano invece più di otto miliardi all’anno, con un importo medio lordo di 3791,39 euro per oltre 2 milioni di persone. Portare l’assegno di base a 13 mila euro annui fa spendere circa 9 mila euro pro capite in più ogni dodici mesi, per un totale di circa 20 miliardi.

L’azzeramento dell’Iva e l’aumento dell’assegno unico

Due proposte che trovano d’accordo tutto il centrodestra sono poi l’abbattimento dell’Iva sui beni alimentari e l’aumento dell’importo dell’assegno unico familiare. Per quanto riguarda il primo la stima più prudenziale è quella che corrisponde all’attuale piano del ministero dell’Economia: a zero l’Iva sui prodotti alimentari che oggi sono al 4% (come pane e pasta), mentre quelli che hanno un’aliquota del 10% (come pesce e carne), arriverebbero al 5%. Costo: 4 miliardi di euro.

Quanto all’assegno unico la misura costa in tutto 21,7 miliardi ogni anno, di cui 6 sono stati aggiunti quest’anno, quando sono arrivati i primi importi, per aumentare di qualche decina d’euro a tutti i sostegni per la natalità e le famiglie. Se si vuole realizzare un nuovo aumento che non sia irrisorio serve quindi un nuovo stanziamento da almeno la metà di questi fondi aggiuntivi, per un totale di 2-3 miliardi.

Stipendi più alti di un terzo per le forze dell’ordine

Altra proposta del centrodestra è aumentare gli stipendi delle forze dell’ordine, con Berlusconi che vorrebbe salari più alti di almeno un terzo, il 33%. L’ultimo rinnovo di contratto per carabinieri, polizia, guardia di finanza e guardia costiera è costato complessivamente circa 3,7 miliardi di euro: risorse che a malapena sono riuscite a garantire un aumento di poco superiore al 4%. Per arrivare al 33%, quindi, servono almeno 21 miliardi di euro.

Più incentivi per le assunzioni e taglio del cuneo fiscale

Capitolo assunzioni: Meloni vuole garantire sgravi contributivi crescenti all’aumentare dei dipendenti, Berlusconi vuole ridurre le tasse sul lavoro per i giovani per arrivare a contratti di apprendistato e praticantato da almeno mille euro netti al mese. Nella legge di Bilancio 2021, solo per finanziare la decontribuzione al 30% nel Sud Italia, si sono spesi 5 miliardi di euro.

Per coprire una riduzione delle tasse sul lavoro di entità non irrilevante servirebbe almeno un intervento del genere su tutto il territorio nazionale. Se poi si vuole fare il taglio del cuneo fiscale di 10 punti in 10 anni, come propone Salvini, il costo totale è di 22 miliardi, cioè in media 2,2 ogni anno.

Quanto costa Quota 41 per superare la Fornero

Nella prossima legge di Bilancio, poi, Salvini vorrebbe evitare il ritorno alla legge Fornero sulle pensioni, andando addirittura oltre Quota 100 (che è stata attiva nel triennio 2019-2021) e l’attuale Quota 102 (valida fino al 31 dicembre 2022). Quest’ultime funzionano così: ci si può ritirare dal lavoro con 62 o 64 anni di età e 38 di contributi. Tornare da Quota 102 a Quota 100 costerebbe circa 2-3 miliardi di euro in più all’anno.

Quota 41, invece, permetterebbe di andare in pensione a tutti con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica. Nei calcoli della Lega in un triennio si ritirerebbero dal lavoro 800mila persone, per un conto totale di 15 miliardi, mentre il presidente dell’Inps Pasquale Tridico prevede un costo di 18 miliardi, sempre in tre anni. Quindi: 5-6 all’anno.

La stabilizzazione di tutti i docenti precari

Infine, tra le proposte del centrodestra, c’è la stabilizzazione dei docenti precari. Berlusconi vorrebbe addirittura che siano tutti assunti. Attualmente ci sono circa 210 mila insegnanti senza posto fisso, 70mila dei quali dovrebbero essere assunti entro il 2024 con i fondi del Pnrr. Considerando che nell’infornata precedente alle attuali, nel 2017, sono stati spesi 1,3 miliardi per coprire 15mila cattedre, assumere tutti i 140mila docenti che rimarranno precari costerebbe 12 miliardi di euro.

Proposte economiche del centrodestra: da dove prendere i soldi?

Sommando tutti i costi delle proposte del centrodestra, così, si arriva a un minimo 93 miliardi e un massimo 144 miliardi. Anche togliendo la flat tax, il conto rimane salato: oltre 70 miliardi.

La nuova legge di Bilancio da fare in autunno parte con un’ipoteca di 25 miliardi (che potrebbero salire a 40, tenendo conto della frenata del Pil che ci dovrebbe essere nei prossimi mesi tra politiche monetarie restrittive e crisi energetica che si aggrava). Questi soldi serviranno a finanziare solo gli interventi obbligatori di legislazione corrente e sarà già difficile trovarli senza fare ulteriore deficit. Insomma: nessuno spazio di bilancio per le proposte del centrodestra. Da dove prendere allora i soldi?

La prima idea è di riformulare o addirittura abolire il Reddito di cittadinanza, che è arrivato a costare 9 miliardi all’anno. Berlusconi vorrebbe risparmiare 4 miliardi, Meloni fino a 6. Nell’intervista rilasciata a Money.it, il leader di Forza Italia spiega poi che 10 miliardi potrebbero arrivare da “un realistico intervento di spending review, mentre il resto arriverà dal riordino delle tax expenditures”.

La spending review, però, c’è già stata in questi anni e dal 2014 ad oggi ha portato nelle casse dello Stato 40 miliardi, meno di 7 all’anno. Difficile quindi arrivare a un nuovo taglio da 10 e ancora più difficile, se non impossibile, recuperare le decine di miliardi necessarie per realizzare tutte le proposte dalla sola riorganizzazione delle detrazioni e deduzioni fiscali.

Rinegoziare il Pnrr

Meloni propone allora di rinegoziare il Pnrr: un’ipotesi complessa, visto che le modifiche possono essere fatte sì per motivi straordinari e la situazione economica internazionale è emergenziale, ma solo in modo marginale. L’impianto del piano, insomma non può cambiare, così come non si possono pretendere che qualche miliardo in più rispetto ai già corposi 209 miliardi tra prestiti e sovvenzioni in arrivo entro il 2026.

L’unica opzione rimasta, quindi, sarebbe finanziare le misure con ulteriore deficit. A giugno, però, il nostro debito pubblico ha toccato un nuovo record, arrivando a 2.766 miliardi di euro: oltre il 147% del Pil. Il governo Draghi ha promesso a Bruxelles una discesa al 145,4% nel 2023, con il deficit in calo dal 5,6% del Pil al 3,9% nel 2023. Numeri già molto alti, tollerati da Bruxelles in deroga alle regole comunitarie vista la situazione economica internazionale.

Perché il programma del centrodestra è irrealizzabile

Finanziare a debito decine di miliardi di euro di interventi ci escluderebbe dal trattamento di favore di Bruxelles e ci impedirebbe di utilizzare lo scudo anti-spread della Bce (che ha tra le sue condizioni la stabilità dei conti). Risultato: debito altissimo e costo dei titoli di Stato esorbitante, con il rischio concreto di un default finanziario. Appare evidente, quindi, che le proposte del centrodestra, senza diverse esclusione, sono irrealizzabili.

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