C’è un gran dibattito sulla normalizzazione della politica monetaria della Bce e gli effetti sull’Italia. Un’analisi fa il punto sul debito italiano acquistato finora dall’Eurotower.
La Bce ha iniziato il suo percorso di normalizzazione dopo la politica monetaria emergenziale della pandemia.
L’Italia, in crisi politica oltre che economica, fa i conti con la fine del piano di acquisto dei titoli di Stato da parte dell’Eurotower, oltre che con l’aumento dei tassi di interesse.
Pur con il paracadute di alcuni strumenti, quali il nuovo TPI per evitare squilibri nella trasmissione della politica monetaria - tradotto sbalzi dello spread - il nostro Paese rimane appeso al problema debito.
Un’analisi dell’Osservatorio dei Conti Pubblici ha fatto il punto su quanto debito italiano è stato finora acquistato dalla Bce.
Bce: quanto debito pubblico italiano acquistato? I numeri
Giampaolo Galli e Salvatore Liaci hanno acceso i riflettori sulla quantità di debito posseduto dalla Bce e acquisito tramite i diversi strumenti messi in campo nell’emergenza pandemica. La Banca Centrale Europea, finora, ha salvato l’Italia?
I numeri aiutano a capire la portata degli acquisti e la situazione attuale, nello scenario della normalizzazione della politica monetaria.
Nel periodo 2020-giugno 2022, l’Eurotower ha effettuato acquisti netti di titoli del debito pubblico italiano del valore di 363 miliardi. Di questi, 279 miliardi sono stati acquistati nell’ambito del PEPP. La stima è che la quota di debito nazionale dell’Italia in mano a Bce e istituzioni europee farà un balzo dal 2019 ad oggi.
Nello specifico e tenendo conto del rinnovo di titoli i scadenza, si passerà dal 22,5% del Pil di tre anni fa al 42,1% del Pil alla fine dell’anno in corso. La quota è ancora maggiore se confrontata con il pre-Covid, quando si attestava al 17% del Pil. Di conseguenza, scrive l’analisi, “mentre il debito pubblico complessivo a fine anno dovrebbe attestarsi al 147 per cento del Pil (previsione DEF), il debito detenuto dal mercato dovrebbe attestarsi attorno al 105 per cento, in calo rispetto al 112 per cento del 2019.”
I due analisti aggiungono che “stimiamo che nel biennio 2020-2021 abbia rinnovato titoli italiani per 120 miliardi e che ne rinnoverà altri 88 miliardi entro la fine del 2022.”
Cosa accadrà ora all’Italia e come agirà la Bce? Per rispondere al quesito, i due esperti hanno innanzitutto ricordato che:
“Ipotizzando che il 20 per cento dei reinvestimenti del PEPP dei paesi non-periferici vada all’Italia, la BCE acquisterà nei prossimi mesi titoli italiani per circa 2 miliardi al mese, oltre al rinnovo dei titoli in scadenza. Anche ipotizzando un valore doppio (il che appare molto improbabile, in quanto è difficile che i paesi non-periferici accettino una rinuncia tanto rilevante), si tratterebbe di 4 miliardi al mese. Questa cifra potrebbe essere insufficiente a impedire la frammentazione dei mercati e comunque tale è stata considerato dagli operatori, tant’è che lo spread sui titoli decennali italiani è aumentato rapidamente a seguito del comunicato delle decisioni di politica monetaria del 9 giugno.”
Si è quindi introdotto il TPI, specificando che i reinvestimenti del PEPP restano il primo strumento per limitare l’aumento asimmetrico dei tassi di interesse e gli acquisti di tale nuovo strumento saranno eventualmente attivati solo in seconda battuta.
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L’Italia ne beneficerà? Il nostro Paese dovrebbe soddisfare le quattro condizioni enunciate dalla Bce per avviare il TPI. Questa mossa, però, non sarebbe esente da rischi e “avrebbe un costo reputazionale, anche perché difficilmente una decisione presa del Consiglio direttivo della BCE ...può rimanere segreta. Anzi, è verosimile ...che l’attivazione del TPI sarò oggetto di un annuncio; il che segnalerebbe al mercato che la prima linea di difesa (gli acquisti flessibili del PEPP) non è stata considerata sufficiente.”
L’Italia, quindi, rimane in primo piano nell’agenda di politica monetaria della Bce, con un occhio vigile sulla situazione debito.
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