Questo dato può mettere in crisi la Bce

Violetta Silvestri

15 Agosto 2024 - 15:38

Cosa può impedire alla Bce di tagliare ancora i tassi di interesse? C’è un dato che può mettere in crisi Lagarde e gli altri, fermando la politica monetaria accomodante, e riguarda il lavoro.

Questo dato può mettere in crisi la Bce

Non solo inflazione: sono diversi i dati macro osservati dalla Bce in vista della riunione di settembre.

Tra questi c’è la produttività del lavoro della zona euro, migliorata appena nel secondo trimestre e ancora una volta deludente per le aspettative della banca centrale. Il dato è rilevante e potrebbe infliggere un duro colpo agli sforzi di riportare l’inflazione al 2%.

Nello specifico, la produttività del lavoro pro capite è scesa dello 0,4%, secondo i nuovi dati pubblicati dalla Bce. Ciò segue una diminuzione dello 0,5% nei primi tre mesi del 2024 e si confronta con un calo dello 0,3% previsto nelle proiezioni di giugno dell’Eurotower.

Funzionari come la presidente Christine Lagarde hanno sottolineato spesso l’importanza del “nesso tra profitti, salari e produttività” per riportare i prezzi all’obiettivo fissato. Se un miglioramento adeguato non dovesse concretizzarsi, tagli sostenuti nei tassi di interesse potrebbero rivelarsi difficili. E sulla Bce potrebbe incombere il dubbio su cosa decidere nei prossimi mesi.

La sfida della Bce sul lavoro. Perché i tagli dei tassi sono a rischio?

Cosa c’entra la produttività del lavoro con il target dell’inflazione Bce al 2%? L’equazione è presto fatta: una forza lavoro più produttiva è essenziale per la crescita economica, ma è anche un elemento chiave per tenere a bada l’inflazione. Questo perché una maggiore produttività si traduce in profitti delle aziende più alti e in grado di assorbire gli aumenti salariali e un abbassamento del costo per unità di output.

Viceversa, con stipendi che crescono in un contesto di bassa produttività, le aziende potrebbe trovarsi costrette a far ricadere tali aumenti sui prezzi per i consumatori.

Alcuni analisti sostengono che la previsione della Bce secondo cui la produttività aumenterà di circa l’1% nel 2025 e nel 2026, ovvero più rapidamente dello 0,6% registrato in media nei due decenni precedenti la pandemia, è troppo rosea.

I nuovi dati potrebbero alimentare questo crescente scetticismo e accendere il dibattito sull’opportunità o meno di allentare ancora la politica monetaria. “Con l’ulteriore calo della produttività, aumenta chiaramente il rischio che l’inflazione possa rimanere elevata per un periodo più lungo”, ha affermato Carsten Brzeski, responsabile della ricerca macroeconomica presso ING.

Per la prossima riunione di politica monetaria di settembre “c’è un nuovo problema che sta lentamente ma inesorabilmente ribollendo sotto la superficie: come vendere un taglio dei tassi quando le previsioni di inflazione sono state nuovamente riviste al rialzo”, ha detto Brzeski.

In termini più generali, con questi numeri sulla produttività, l’argomento a favore di un taglio dei tassi dovrebbe essere la debole crescita della zona euro piuttosto che un alleggerimento dell’inflazione, secondo l’esperto.

Piet Haines Christiansen, economista della Danske Bank, ha definito i nuovi dati “preoccupanti” e ha così spiegato il motivo:

La prima pubblicazione chiave nella triangolazione della Bce mostra che la crescita della produttività nel secondo trimestre è peggiore di quanto previsto dal personale a giugno. Se la crescita salariale non rallenta a sufficienza, la Bce potrebbe non ricevere notizie sufficientemente confortanti per fornire un altro taglio dei tassi e quindi essere costretta a tenere il costo del denaro fermo a settembre

I mercati stanno già scontando pienamente altri due tagli dei tassi quest’anno e vedono una probabilità dell’80% per un terzo, nonostante un sorprendente aumento dell’inflazione nell’area euro a luglio al 2,6%.

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