Salario minimo, non tutti dicono no come l’Italia. In Ontario (Canada) è stato autorizzato l’aumento fino a superare la soglia dei 17$.
Mentre l’Italia ha definitivamente archiviato (almeno con questa maggioranza di governo) la possibilità di introdurre un salario minimo, nel resto del mondo questa misura funziona e viene potenziata. Ne è un esempio il Canada, dove il salario minimo varia a seconda della provincia di impiego. A tal proposito, proprio in queste ore in Ontario è stato autorizzato un incremento del salario minimo generale che passa da 16,55 a 17,20 dollari l’ora.
Molto più rispetto ai 9 euro l’ora della proposta avanzata dalle opposizioni e rigettata dalla maggioranza. Ma d’altronde non possiamo neppure mettere a confronto il nostro Paese con il Canada: nell’Indice del costo della vita per nazione 2024 di Numbeo, il Canada ricopre la 15a posizione (con un indice pari a 68,44) mentre l’Italia è 32a (58,89).
Ma va anche detto che in Canada è anche maggiore l’indice del potere d’acquisto locale, la capacità di spesa quindi. Il dato è impari: 83,26 il Canada, 62,80 l’Italia.
Che ad aver contribuito a questa maggiore capacità di spesa sia stato anche il salario minimo? Probabile, per quanto comunque va detto che in Italia la decisione di non utilizzare una tale misura è dovuta alla presenza dei contratti collettivi che di fatto già prevedono una retribuzione minima a cui il datore di lavoro è obbligato ad attenersi. Strumento su cui il governo Meloni vuole puntare nel presente così come nel futuro (rafforzandolo).
L’aumento del salario minimo in Canada
L’aumento da 16,55 a 17,20 dollari l’ora (circa 16 euro al cambio attuale) fa della provincia dell’Ontario la seconda per salario minimo provinciale più alto di tutto il Canada. A fare meglio è solamente la Columbia Britannica, dove a inizio giugno si è arrivati a 17,40 dollari l’ora. Importi che permettono a un dipendente impiegato per 40 ore settimanali di guadagnare almeno 1.355 dollari al mese (1.260 euro).
Questi aumenti sono stati effettuati per adeguare il salario minimo all’inflazione, cresciuta del 3,9% nella provincia.
È interessante poi notare che il modello utilizzato dall’Ontario prevede anche delle differenziazioni per alcune categorie specifiche di lavoratori. Ad esempio, per chi lavora da casa, per i quali il salario minimo passerà da 18,20 a 18,90 dollari l’ora.
Va detto però che l’introduzione del salario minimo non è stata sufficiente per far sì che gli stipendi raggiungessero la soglia necessaria per coprire tutte le spese. Il cosiddetto “salario dignitoso”, infatti, oggi è ancora lontano dall’essere raggiunto dal salario minimo.
Basti vedere che in Ontario questo oscilla, a seconda della zona, tra 18,65 e persino i 25,05 dollari per chi lavora nell’area di Toronto.
E l’Italia?
Come anticipato, notizie come quella dell’Ontario non sono all’ordine del giorno in Italia visto che il nostro Paese è sprovvisto di un salario minimo. La definizione delle retribuzioni minime, infatti, viene demandata alla contrattazione collettiva, uno strumento che tuttavia ha dimostrato di avere qualche lacuna:
- intanto il fatto che spesso i contratti vengono rinnovati anni dopo la scadenza naturale. Non c’è quindi un aggiornamento costante con il costo della vita, il che comporta in molti casi una perdita del potere d’acquisto;
- dopodiché non esiste ancora un sistema che impedisce la sottoscrizione dei cosiddetti contratti “pirata”, ossia siglati da sindacati poco rappresentativi con il solo scopo di prevedere delle condizioni meno convenienti rispetto ai contratti più rappresentativi del settore.
Quest’ultimo è un problema che il governo conta di risolvere grazie alla soluzione pensata dall’attuale presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Walter Rizzetto, il quale al posto del salario minimo ha deciso di puntare sul trattamento economico minimo complessivo.
Nel dettaglio, la maggioranza ha approvato un emendamento alla proposta sul salario minimo (che di fatto la cancella) che delega al governo la possibilità di approvare misure che possano garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente.
Ad esempio, bisognerà definire quali sono i contratti collettivi più applicati, in riferimento al numero di imprese e dipendenti, così da fissare il trattamento economico complessivo minimo a cui tutti i datori di lavoro operanti in quel settore dovranno attenersi.
E ancora, sarà dovere del governo stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell’interesse dei lavoratori e delle lavoratrici.
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