In questo Paese il salario minimo è di 2.570 euro (più dello stipendio medio in Italia)

Simone Micocci

28 Ottobre 2024 - 12:30

In Lussemburgo il salario minimo è più alto dello stipendio medio in Italia. Ma non basta per condurre una vita dignitosa.

In questo Paese il salario minimo è di 2.570 euro (più dello stipendio medio in Italia)

Come abbiamo avuto modo di spiegare più volte, entro il 15 novembre prossimo gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno adeguarsi alla nuova direttiva con la quale si punta alla definizione di misure volte a garantire l’adeguatezza del salario minimo, ad esempio valutando la possibilità di una rivalutazione costante, almeno ogni biennio, sulla base dell’inflazione, mantenendo così un potere d’acquisto inalterato nel tempo.

L’Italia non ha un salario minimo e per l’Ue la soglia di copertura dei contratti collettivi è sufficiente da non richiedere la definizione di una somma di stipendio minimo tutelato dalla legge.

Possiamo quindi solo fare da spettatori rispetto a come altri Paesi si stanno adeguando a questa normativa. A tal proposito, ce n’è uno di cui abbiamo parlato più volte che nonostante un salario minimo che persino supera uno stipendio medio in Italia, sta avendo diverse difficoltà ad adeguarsi a questa normativa.

Si tratta di uno dei Paesi più ricchi d’Europa, il Lussemburgo, dove un salario minimo lordo di 2.570,93 euro non è considerato sufficiente in base al costo della vita.

In Lussemburgo guadagni non meno di 2.570,93 euro al mese (ma non basta)

Abbiamo già parlato del Lussemburgo come uno dei Paesi in cui conviene lavorare, merito di uno stipendio medio di pari a circa 6.118 euro al mese. Tuttavia quel che potrebbe sembrare paradossale, alla luce del fatto che in Italia è stato bocciata persino la proposta di un salario minimo di 9 euro l’ora, è che qui stanno “litigando” per aumentare un salario minimo di 2.570,93 euro lordi mensili.

Per intenderci, più dello stipendio medio in Italia che invece si ferma a 2.329,53 euro lordi.

Nel dettaglio, in queste ore l’assemblea plenaria della Camera dei lavoratori ha respinto il disegno di legge per il recepimento della suddetta direttiva europa (n. 2041 del 2022), descrivendo il rifiuto con parole molto forti:

“Deplorevole, un’occasione mancata per il governo di sfruttare lo slancio europeo per migliorare considerevolmente la situazione dei dipendenti in Lussemburgo”.

Nel disegno di legge infatti non è previsto un aumento ulteriore del salario minimo rispetto a quanto già previsto dalla legge, il che secondo il Cls è “inaccettabile”. Perché nello spirito della direttiva sarebbe consono almeno un incremento del 3,1%.

Ma questa somma potrebbe persino non bastare. Perché nel caso in cui il governo volesse assicurare a ogni cittadino del Lussemburgo una vita quantomeno “dignitosa”, il salario minimo netto dovrebbe aumentare del 22%: un traguardo raggiungibile attraverso un incremento persino del 32,7% del salario minimo lordo attuale, il quale dovrebbe aumentare a 3.411,62 euro.

Di fatto questo ci dimostra come è vero che in Lussemburgo si guadagni molto più che in Italia, ma anche che il valore degli stipendi è proporzionato al costo della vita. Basti pensare appunto che secondo il Cls per condurre una vita dignitosa serve uno stipendio di almeno 3.411,62 euro, poco più della metà di quello che è l’attuale salario medio lordo.

L’importanza di una giusta retribuzione

Il caso del Lussemburgo ci offre uno spunto di riflessione importante sul tema della giusta retribuzione e dell’equità salariale. Anche in un contesto dove i salari sono significativamente più alti rispetto alla media italiana, il dibattito si concentra su quanto questi siano effettivamente sufficienti per mantenere un adeguato potere d’acquisto, alla luce del costo della vita.

La direttiva europea punta a promuovere proprio questo equilibrio, spingendo ogni Stato membro a valutare i salari minimi non solo come importi fissi, ma come valori capaci di rispondere puntualmente a parametri economici aggiornati.

Per l’Italia, il confronto con i modelli esteri ci ricorda la necessità di discutere su come tutelare meglio i lavoratori e rispondere a esigenze che, benché diverse per contesto, risultano condivise nell’Unione Europea: la dignità e l’equità economica.

Un dibattito che sembra sia stato rinviato però a data da destinarsi: nonostante nel bocciare la proposta di legge sul salario minimo siano stati dati al governo Meloni 6 mesi di tempo per pensare a quelle misure necessarie a rafforzare la contrattazione collettiva così da garantire a ogni lavoratore uno stipendio dignitoso, a oggi non ci sono stati ancora passi significativi verso questa direzione.

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