Reddito di cittadinanza cambiato nel 2023, ecco come. Le modifiche del governo Meloni

Simone Micocci

7 Novembre 2022 - 14:07

Comincia a delinearsi il piano Meloni per la riforma del reddito di cittadinanza. Stop ai pagamenti dopo il primo rifiuto di un lavoro, possibile riduzione dell’importo dopo un certo periodo.

Reddito di cittadinanza cambiato nel 2023, ecco come. Le modifiche del governo Meloni

Il governo Meloni cambierà il reddito di cittadinanza. A pochi giorni dall’inizio dei lavori per la Legge di Bilancio 2023, che dovrà essere inviata all’Ue entro la fine del mese, è ormai confermato che il reddito di cittadinanza ci sarà anche nel 2023 e che il governo Meloni proverà a migliorarlo.

Il “come” non è dato saperlo ancora, visto che la ministra Calderone al momento sta analizzando le criticità che ci sono state in questi anni così da poter individuare la miglior soluzione possibile. Una cosa appare certa: si interverrà sulla condizionalità, rendendo più complicato mantenere il diritto al reddito di cittadinanza per un lungo periodo.

Non dovrebbero esserci, almeno per quest’anno, modifiche al sistema di calcolo, anche se va detto che il governo ha in programma una riforma dell’Isee che per ovvi motivi potrebbe avere ripercussioni anche sul reddito di cittadinanza e sugli altri bonus legati alla condizione reddituale delle famiglie (come ad esempio l’assegno unico).

L’obiettivo è di concentrarsi su quella platea di persone, circa 600 mila, che risultano occupabili ma a oggi percepiscono ancora il reddito di cittadinanza. Persone che in molti casi sono arrivate al secondo periodo di fruizione, per le quali quindi sarebbe sufficiente una sola offerta di lavoro congrua rifiutata per far scattare la decadenza del reddito di cittadinanza.

Le novità che dovrebbero essere introdotte con la Legge di bilancio 2023 dovrebbero quindi concentrarsi sugli obblighi, e sanzioni, previsti per i percettori della misura: vediamo, in base alle indiscrezioni circolate in queste ore, quali potrebbero essere le modifiche apportate.

Reddito di cittadinanza perso dopo un solo rifiuto

Le offerte di lavoro congrue non si potranno rifiutare: chi è nella condizione di poter lavorare deve andarci qualora gli si proponga la possibilità, pena la decadenza immediata del reddito di cittadinanza.

La conferma arriva dal sottosegretario al ministero del Lavoro, Claudio Durigon (Lega) che in queste ore ha fornito alcune anticipazioni su come potrà essere il reddito di cittadinanza nel 2023.

La prima importante novità, appunto, è quella che impone l’obbligo di accettare anche la prima offerta di lavoro congrua. Oggi non è così, visto che nei primi 18 mesi di fruizione del beneficio il percettore di reddito di cittadinanza può rifiutare la prima offerta di lavoro semplicemente subendo un decurtazione continua di 5 euro al mese.

Al secondo rifiuto, invece, scatta la decadenza della misura e l’impossibilità di presentare una nuova richiesta nei successivi 18 mesi, o 6 mesi per i nuclei familiari con minori o disabili.

In seguito al rinnovo della misura, quindi nei successivi 18 mesi, non è invece possibile rifiutare un’offerta di lavoro senza rischiare la decadenza della misura.

Ebbene, il governo potrebbe uniformare quanto succede nei primi 18 mesi con i periodi successivi. Va detto, però, che tale novità potrebbe riguardare una piccola parte degli attuali percettori, poiché nella maggior parte dei casi chi prende il reddito di cittadinanza lo fa da più di 18 mensilità, e quindi già non può rifiutare alcuna offerta di lavoro.

Reddito di cittadinanza tagliato dopo un certo periodo

Altra proposta di cui ha parlato Durigon, riguarda un décalage per il reddito di cittadinanza al pari di quanto già succede per la Naspi. “Il sussidio non può essere a vita; va fissato un termine”, spiega Durigon. Oggi, infatti, il reddito di cittadinanza ha una scadenza di 18 mesi, ma è anche vero che con una semplice richiesta di rinnovo, e a fronte di appena un mese di sospensione, è possibile beneficiarne per altrettante 18 mensilità, e così via.

Il governo sembra voler mettere un freno a questo sistema di rinnovi continui, individuando un sistema di décalage come già previsto per la Naspi, in quanto l’indennità di disoccupazione si riduce di un 3% una volta trascorso un determinato periodo (6 mesi dopo le novità introdotte dall’ultima Legge di bilancio).

Se così fosse, quindi, dopo un certo numero di mesi anche l’importo del reddito di cittadinanza comincerebbe a ridursi.

Maggior coinvolgimento delle agenzie per il lavoro

Secondo le intenzioni del legislatore che ha introdotto il reddito di cittadinanza, sarebbe dovuto essere il centro per l’impiego la figura centrale nel percorso che avrebbe portato i beneficiari del reddito di cittadinanza a essere ricollocati nel mondo del lavoro. Il tutto con l’affiancamento, o meglio con l’assistenza tecnica, dei navigator.

Dopo più di tre anni, però, il bilancio non è dei migliori ed è per questo che la ministra del Lavoro, Marina Calderone, intende coinvolgere maggiormente le agenzie private per il lavoro. Lo dimostra anche il fatto che dal ministero del Lavoro è arrivato il no a una ricontrattualizzazione dei navigator.

Ruolo centrale del Comune

Altra novità che potrebbe veder luce già con la prossima manovra, riguarda un ruolo più centrale del Comune nella gestione del reddito di cittadinanza, perlomeno nella fase dei controlli. Si ritiene, infatti, che le amministrazioni comunali siano maggiormente preparate a individuare eventuali furbetti. Un nuovo ruolo che potrebbe fare da apripista a una riforma più strutturale del reddito di cittadinanza, che però non verrà attuata prima del 2024, e che potrebbe portare all’introduzione di una nuova misura chiamata reddito di sussistenza.

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