Reddito di cittadinanza, gli errori che potrebbero costare caro al governo Meloni

Luna Luciano

22 Aprile 2023 - 16:32

Il Governo ha deciso di non cancellare il Reddito di cittadinanza, senza considerare alcuni errori strutturali che potrebbero costargli caro. Ecco quali sono e cosa accadrà al Rdc.

Reddito di cittadinanza, gli errori che potrebbero costare caro al governo Meloni

Il Governo Meloni non eliminerà il Reddito di cittadinanza, ormai sembra esser chiaro, almeno leggendo la bozza del Decreto lavoro. L’esecutivo di Giorgia Meloni fa dietrofront rispetto a uno dei propositi che è stato colonna portante della campagna elettorale del centrodestra.

Cancellare il Reddito di cittadinanza sembrava essere una missione - e quindi azione politica - imprescindibile per il Governo, che ha additato il Reddito istituito dal Governo Conte I come causa della mancanza di forza lavoro, rifacendosi ai dati secondo i quali in Italia ci sono circa 1 milione di posti lavoro vacanti.

Eppure, dopo mesi di minacce nell’abolizione del sussidio, nella legge di bilancio il Governo Meloni aveva stabilito di riformarlo ricavando un miliardo dalla sua riforma. Non solo. Palazzo Chigi ha imposto che i risparmi siano ancora maggiori dal 2025, ricavandone circa 3 miliardi e mezzo, dimezzando quasi il costo della misura attuale.

Per ottenere queste cifre l’esecutivo si è quindi premurato di studiare qualsiasi modo, senza prima effettuare una valutazione seria sull’efficacia dello strumento nel contrastare la povertà, commettendo degli errori che potrebbero costare caro al Governo. Ecco cosa ha fatto il Governo e quali sono questi errori strutturali.

Le manovre del Governo per cancellare senza eliminare il Reddito di Cittadinanza

Senza dubbio la decisione del Governo Meloni di “riformare” il Reddito non può non essere considerata un’operazione di rebranding, che cerca di accontentare i suoi elettori che erano a favore della cancellazione del sussidio e che ora non sentiranno più parlare di “Reddito di cittadinanza”, ma anche di non eliminare un sussidio - seppur ridotto - che di fatto resta l’unica misura utile per contrastare la povertà.

Se infatti in un primo momento il Governo aveva deciso di sospendere i sussidi ai percettori del Reddito di cittadinanza senza figli minorenni o disabili, classificati come “occupabili”, l’esecutivo ha dovuto rivedere questa decisione dopo essersi conto in secondo momento che la maggioranza di questi è ai servizi sociali e perciò non occupabile. Stando alla bozza del Decreto Lavoro, infatti, il Rdc verrà suddiviso in Gil (Garanzia per l’Inclusione) e Gal (Garanzia per l’attivazione lavorativa).

  • La Gil sarà la misura a cui potranno accedere nuclei familiari con a carico almeno un minore, un disabile (o percettore di assegno d’invalidità civile) oppure un Over60. Misura che svolge la maggior parte delle funzioni del Rdc, ma alla quale si potrà accedere solo se si avrà un Isee pari o minore di 7.200 euro, con un abbassamento della soglia che comunque esclude una buona fetta di famiglie in forti condizioni di disagio.
  • La Gal sarà invece la misura riservata ai componenti occupabili che fanno parte di nuclei familiari che non possono accedere alla Gil. Anche in questo caso vengono resi più severi i requisiti con un Isee scende a 6.000 euro e anche gli importi saranno più bassi con una retribuzione mensile massima di 525 euro al mese. Con una durata massima di soli 12 mesi (non rinnovabile, a differenza della Gil).

Per elaborare un piano coerente per tagliare i fondi al sussidio, il Governo aveva pure convocato un comitato scientifico e organizzato incontri con le associazioni che da anni sono impegnati nel contrastare la povertà. Salvo poi procedere in direzione opposta.

Reddito di cittadinanza, gli errori che potrebbero costare caro al governo Meloni

Che al governo poco interessi di ridurre la povertà e migliorare le condizioni dei lavoratori dovrebbe ormai esser chiaro. Non solo, come ricorda Repubblica, dopo la scelta di tagliare i fondi per l’unica misura universale di contrasto alla povertà che oggi esiste in Italia, in un momento in cui “il numero delle persone in condizioni di indigenza ha raggiunto il massimo storico”, ma anche con la decisione di facilitare il rinnovo dei contratti a termine destinando una fetta di lavoratori al limbo del precariato, come si può evincere dalla bozza del decreto Lavoro. Errore che potrebbero costare caro al Governo.

Effettivamente vi sono degli errori strutturali proprio nel modo di agire dell’esecutivo sul Reddito di Cittadinanza.

Sicuramente ciò che sembra paradossale è che il Governo voglia risparmiare sui trasferimenti alle persone più fragili della nostra società proprio mentre sono presenti ben 200 miliardi di Next Generation Eu che ancora non sono stati impegnati. Fondi che ad esempio la Spagna ha sfruttato per diminuire i contratti a termine e favorire quelli a tempo indeterminato.

Ancora, un tratto comune delle opinioni degli esperti è che il Reddito di cittadinanza fosse sbilanciato a sfavore delle famiglie numerose (quelle con più alta incidenza di povertà) e che per questo andasse riformato. Eppure, con la nuova proposta il Governo riduce ancor di più gli assegni per le famiglie numerose - tranne quelle con figli disabili.

Ancora bisogna ricordare che i partiti dell’Esecutivo da mesi ormai imputavano al Reddito - e non alle condizioni di lavoro e salari miseri offerti - la mancanza di forza lavoro. Eppure, come sostiene anche Repubblica, con “le nuove proposte si fa ancora di peggio”. Infatti, chi tra i beneficiari della Gal supera la soglia anche solo di un euro perderà i 350 euro della misura: “in questo caso il reddito da lavoro verrebbe tassato ad un’aliquota marginale del 3500%”.

Davanti a simili problemi strutturali è evidente che il Governo non abbia scelto la a soluzione migliore: intervenire per modificare direttamente il Reddito e migliorarlo. Il problema è che le criticità evidenziate potranno essere causa di ulteriori disagi per le famiglie in gravi condizioni economiche, costando caro al Governo.

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