Reddito di cittadinanza, la Caritas propone una riforma delle misure di contrasto alla povertà. Non una misura ma due, nuovi requisiti per favorire chi è davvero in stato di povertà.
Una nuova proposta di riforma si aggiunge al tavolo del governo Meloni: si tratta di quella avanzata dalla Caritas italiana, che a tal proposito ha chiesto un confronto all’Esecutivo per discutere di come rivedere - e migliorare - le misure di contrasto alla povertà.
D’altronde diversi esperti non hanno fatto segreto del fatto che - almeno per adesso - la riforma abbozzata dal governo Meloni fa acqua da tutte le parti: in particolare perché non vengono effettivamente colpiti i furbetti, ossia quegli occupabili che pur essendo nella condizione di poter andare a lavorare preferiscono restare a casa (o ancora peggio scelgono di lavorare a nero) e poggiare sulle casse dello Stato. Con la bozza della Misura d’inclusione attiva, infatti, per individuare gli occupabili non viene fatta una valutazione della persona bensì del nucleo familiare: a essere penalizzati sono solamente coloro che in famiglia non hanno minori, disabili oppure over 60, mentre tutti gli altri continueranno a godere di un sostegno più o meno simile - per importi e durata - a quanto corrisposto con il Reddito di cittadinanza. Di fatto, se un potenziale occupabile vive in una famiglia in cui sono presenti minori non rischia nulla, differentemente da chi invece vive da solo o comunque con persone che non soddisfano le suddette caratteristiche.
A tal proposito la Caritas italiana prova a intervenire proponendo al governo Meloni un’alternativa. Una proposta che difficilmente avrà dei riscontri pratici, visto che la maggioranza sembra voler proseguire sulla strada già tracciata con la legge di Bilancio 2023 apportando appunto una stretta per le sole famiglie senza figli, disabili e over 60, ma che comunque merita di essere approfondita perché ci lascia diversi spunti di riflessione.
Riforma Reddito di cittadinanza, la proposta della Caritas Italiana
La Caritas italiana, tenendo conto delle esperienze passate di Rei e Rdc, nonché delle indicazioni del governo, ha pensato a una propria proposta di riforma delle politiche di contrasto alla povertà sulla quale ha chiesto un confronto all’Esecutivo.
Nel dettaglio, tenendo conto che il governo vuole prevedere due percorsi distinti per chi può lavorare e per chi invece non è nella condizione di farlo, non si potrà prescindere dal prevedere due misure differenti, ma complementari tra loro: da una parte l’Assegno sociale per il lavoro (AL) dall’altra il Reddito di protezione (REP).
Non come fatto dal governo con la bozza della Misura d’inclusione attiva quindi, che invece punta a un solo sostegno ma con condizioni differenti a seconda della composizione del nucleo familiare.
Come funziona l’Assegno sociale per il lavoro
Con il primo sostegno si andrebbe a intervenire nei confronti di quelle persone con difficoltà economica che sono senza un impiego ma sono nella condizione di poter lavorare.
Quelli che per intenderci il governo identifica come occupabili, nei confronti dei quali però bisognerà procedere con una valutazione su criteri oggettivi, indipendentemente dalla situazione familiare.
Tale strumento - riservato a chi non percepisce altri sostegni come ad esempio l’indennità di disoccupazione - avrebbe come obiettivo finale il reinserimento nel mercato del lavoro per queste persone, da raggiungere attraverso attività di orientamento e formazione mirate. Ma nel frattempo ci sarebbe anche un sussidio economico, per un tempo limitato e prevedendo “stringenti condizioni” affinché questi possano effettivamente impegnarsi nella ricerca di un lavoro.
D’importi non si parla, ma si stima che l’Assegno sociale per il lavoro abbia un importo inferiore alla Naspi, come pure del Reddito di protezione. La durata dovrebbe essere di 18 o 12 mesi ma a differenza del Reddito di cittadinanza non potrà essere immediatamente rinnovabile (oggi basta aspettare un solo mese per tornare a godere della prestazione).
Come funziona il Reddito di protezione
L’altra misura, invece, sarebbe rivolta alle famiglie in povertà - quindi la soglia per accedervi dovrebbe essere più bassa rispetto a quella dell’AL - con l’obiettivo di garantire loro una vita dignitosa attraverso un sostegno statale, affiancandovi poi percorsi di reinserimento sociale e di avvicinamento al mercato del lavoro.
Anche in questo caso non viene indicato un importo - quel che al momento interessa alla Caritas è il funzionamento delle due misure - ma si ipotizza una durata di 18 mesi ma rinnovabile.
Nuovi requisiti
Bisognerà però lavorare sui requisiti così da risolvere uno dei più grandi paradossi del Reddito di cittadinanza: pensate, infatti, che oggi tra il 50% e il 61% delle famiglie in povertà assoluta non percepisce il Reddito di cittadinanza, mentre ad averne diritto sono molte di quelle - tra il 36% e il 51% - che non lo sono.
Chi è davvero povero, quindi, non accede al beneficio, mentre chi non lo è sì.
A tal proposito la Caritas suggerisce di rivedere i criteri di accesso migliorando la capacità di raggiungere i poveri: nel dettaglio, bisognerà “superare le discriminazioni verso gli stranieri”, “non penalizzare le famiglie numerose e con figli” e “considerare le notevoli differenze territoriali nel costo della vita”.
A tal proposito, secondo la Caritas bisognerà tener conto che il costo della vita non è uguale per tutte le regioni: per questo motivo soglie e importi dovrebbero essere differenziati in base alla residenza.
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