Reddito di cittadinanza, “salve” 440 mila famiglie: chi non lo perde nonostante la legge di Bilancio 2023

Simone Micocci

2 Febbraio 2023 - 13:39

Reddito di cittadinanza, l’obbligo di partecipare a corsi di formazione potrebbe restare su carta: perché 440 mila famiglie non dovranno temere di perdere l’assegno.

Reddito di cittadinanza, “salve” 440 mila famiglie: chi non lo perde nonostante la legge di Bilancio 2023

Su queste pagine siamo stati spesso critichi riguardo alle novità introdotte dal governo in merito al Reddito di cittadinanza. In particolare, abbiamo avuto modo di spiegare il perché la stretta attuata nel 2023, quando la durata massima del beneficio viene portata da 12 a 7 mesi, non riguarda solamente gli occupabili, come invece sostenuto da fonti interne alla maggioranza, oltre a far luce sulle difficoltà che rendono complicato condizionare la percezione del Reddito di cittadinanza alla frequenza di un corso di formazione o riqualificazione professionale.

Ed è proprio su quest’ultimo punto che ci vogliamo soffermare, facendo luce sull’attuale situazione che vede il governo Meloni in ritardo su tutta la linea, anche perché ha ereditato una situazione già piuttosto arretrata per quel che riguarda le offerte formative.

A oggi, infatti, l’obbligo introdotto dalla legge di Bilancio 2023 è ancora fermo su carta e difficilmente la nuova norma avrà ripercussioni sui nuclei familiari - circa 440 mila - potenzialmente interessati. Ovviamente la critica non riguarda l’intento, del tutto positivo visto che il governo con questa novità ha voluto smuovere e riqualificare coloro che in tutti questi anni hanno fatto affidamento solamente sul Reddito di cittadinanza, bensì il troppo ottimismo paventato da alcuni componenti della maggioranza, convinti che in così poco tempo si potessero risolvere le lacune registrate in questi ultimi tre anni.

Corsi di formazione, cosa prevede la legge di Bilancio 2023

La legge di Bilancio 2023 obbliga tutti i componenti occupabili presenti nel nucleo familiare, quindi chi ha un’età compresa tra i 18 e i 65 anni (non compiuti) ed è nella condizione di poter lavorare, di prendere parte nel 2023 a un corso di formazione o riqualificazione professionale, che verrà indicato dal centro per l’impiego di competenza o comunque da un’agenzia privata che ha preso in carico il beneficiario, della durata almeno semestrale. Ne sono esclusi coloro che già lavorano, oppure frequentano un corso di studi.

Chi non rispetta tale obbligo perderà il Reddito di cittadinanza immediatamente, con Anpal che dovrà girare l’elenco dei “furbetti” all’Inps così che possa sospenderne i pagamenti.

Una novità che sulla carta ha tutte le ragioni per essere applaudita: d’altronde, lo scopo del Reddito di cittadinanza dovrebbe essere proprio questo, ossia accompagnare il beneficiario verso un nuovo impiego intervenendo prima con un percorso formativo laddove questo non abbia sufficienti competenze per essere considerato appetibile alle aziende. E dal momento che nella maggior parte dei casi i beneficiari di Rdc non lo sono, in quanto privi di qualifiche, esperienze e competenze specialistiche, è importante spostare il focus sulla loro formazione.

Ritardi nell’avvio del piano, difficilmente la nuova norma raggiungerà risultati soddisfacenti

Va detto però che i tempi affinché questa novità diventi operativa sono piuttosto ristretti, visto che il Reddito di cittadinanza resterà in vigore solamente quest’anno e in alcuni casi (ossia per quei nuclei in cui non ci sono minori, invalidi oppure over 60) già dopo luglio ne verranno sospesi i pagamenti.

E il tema della formazione in Italia rappresenta un problema di lunga durata. D’altronde, anche la legge che istituisce il Reddito di cittadinanza punta sulla formazione, ma in questi tre anni i risultati raggiunti - un po’ per la carenza di proposte un po’ per la difficoltà dei centri per l’impiego d’individuare il giusto percorso formativo per un’ampia platea di persone - sono stati carenti.

In che modo il governo Meloni conta di fare meglio del suo predecessore? Non basta un obbligo per far sì che si raggiungano i risultati sperati se prima non si interviene sul problema stesso. Problema che difficilmente può essere risolto in così poco tempo, neppure utilizzando - come spiegato da Giorgia Meloni - le risorse del Fondo sociale europeo.

E lo dimostra che a oggi non si ha ancora notizia del nuovo piano di formazione: la ministra del lavoro, Marina Calderone, che ha confermato che in questi anni “sono stati veramente pochi i casi in cui ci sono stati formazione e politiche attive per i percettori del Reddito di cittadinanza e per i disoccupati in generale”, ha detto che i corsi inizieranno “presto”, senza fissare una scadenza temporale.

E anche una volta che verranno avviati bisognerà che ce ne siano abbastanza per coprire tutta la platea dei possibili occupabili. Secondo le stime del ministero del Lavoro sono circa 404 mila le famiglie interessate, con almeno un occupabile nel nucleo: persone che dovranno essere seguite dal centro per l’impiego prima con la firma del Patto di lavoro (qualora non ancora sottoscritto) e poi per individuare il miglior percorso formativo possibile (se presente).

Un’operazione che richiederà tempo, anche perché il piano di potenziamento dei centri per l’impiego - come finanziato dal decreto n. 4 del 2019 - è in alto mare ancora in molte Regioni, senza dimenticare che nel contempo sono venuti meno anche i navigator con i quali è stata interrotta la collaborazione.

Di fatto, è molto complicato che già quest’anno gli occupabili possano temere il nuovo obbligo in quanto i tempi per la messa al punto del piano potrebbero essere più lunghi del previsto: i 440 mila nuclei interessati, quindi, potrebbero continuare a beneficiare del sostegno senza doversi preoccupare di dover partecipare a un corso di formazione.

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