Il Reddito di cittadinanza verrà tolto anche a chi non è occupabile per cause di forza maggiore: lo dimostra il paradosso delle donne incinte.
La legge di Bilancio 2023 ha in sé un paradosso: nonostante con la stretta apportata in manovra il governo abbia voluto penalizzare perlopiù gli occupabili, il rischio è di andare a colpire anche quelle persone che si trovano in una condizione che non rende possibile il reimpiego immediato.
Una situazione tipo riguarda le donne in stato di gravidanza, le quali rischiano di perdere il Reddito di cittadinanza tra qualche mese. Infatti, il governo ha tutelato solamente le famiglie con figli minori, salvaguardandole dallo stop dopo i 7 mesi di percezione, tralasciando invece quelle dove un figlio è in arrivo ma di fatto ancora non presente nel nucleo. Non è chiaro se si è trattato di una scelta ben precisa o di una dimenticanza, fatto sta che le donne incinte - che la normativa che disciplina il Reddito di cittadinanza non considera occupabili - potrebbero presto perdere l’assegno laddove nel nucleo familiare non siano presenti altri minori (o in alternativa over 60 o persone disabili).
Reddito di cittadinanza e lo stop dopo 7 mesi, cosa dice la legge di Bilancio 2023
Con l’ultima manovra è stata attuata una stretta al Reddito di cittadinanza: nel dettaglio, viene detto che nel 2023 un nucleo familiare avrà diritto a un massimo di 7 mensilità di Rdc. Quindi, dopo la settima ricarica l’assegno decade.
Aggiunge poi che non sono interessati da questa stretta “i nuclei familiari
al cui interno vi siano persone con disabilità, come definita ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, minorenni o persone con almeno sessant’anni di età”.
Per scongiurare la decadenza del Reddito di cittadinanza dopo 7 mesi, quindi, è necessario che nella Dsu ai fini Isee sia presente almeno un componente minorenne, oppure disabile o anche over 60.
Donne incinte penalizzate
È ovvio che un figlio per poter essere indicato nella Dsu deve essere nato. Ragion per cui le donne incinte del primo figlio perderanno comunque il Reddito di cittadinanza dopo l’arrivo della settima ricarica.
L’unica possibilità di “salvarsi” è quella per cui nel nucleo familiare siano presenti disabili oppure over 60; altrimenti la tagliola introdotta dall’ultima manovra scatterà senza possibilità di appello, a meno che nel frattempo il Governo - resosi conto di quanto potrebbe succedere - non decida di riconoscere anche alle donne incinte la tutela prevista nei confronti di chi ha già figli minori.
Anche perché ricordiamo che il decreto n. 4 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 26 del 2019, mette le donne in stato di gravidanza tra i soggetti non occupabili, esclusi dalla sottoscrizione del Patto per il lavoro.
Alla nascita del figlio è possibile rifare domanda di Reddito di cittadinanza?
Va detto che alla nascita del figlio sarà possibile presentare una nuova domanda di Reddito di cittadinanza, ma solo dopo aver aggiornato l’Isee e aver indicato il minore nella nuova Dsu. D’altronde, vista l’entrata nel nucleo del minore, viene meno il vincolo che limita la percezione del Reddito di cittadinanza a 7 mesi nel 2023.
Tuttavia, considerando che il Reddito di cittadinanza viene riconosciuto dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta, e che dal 1° gennaio 2024 la misura verrà cancellata (come già stabilito dalla legge di Bilancio), è necessario presentarne domanda entro il 30 novembre 2023 se si vuole percepirlo almeno per un altro mese.
Nessuna possibilità invece per quelle famiglie dove la nascita del primo figlio è attesa non prima di dicembre: i mesi di percezione nel 2023 saranno solamente 7, dopodiché bisognerà guardare alla nuova misura che verrà introdotta nel 2024 e sperare di soddisfarne i requisiti.
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