Referente unico: quale familiare può godere dei permessi e del congedo riconosciuti a chi assiste un disabile? Nell’ipotesi che la normativa cambi, facciamo chiarezza su come funziona oggi.
Il referente unico è colui che occupandosi dell’assistenza di una persona (il coniuge, un familiare o un affine) con grave disabilità ha diritto, ai sensi della legge n. 104 del 1992, a una serie di tutele e agevolazioni.
Solamente una persona della famiglia, il cosiddetto referente unico, ha dunque diritto ai tre giorni di permesso riconosciuti dalla legge 104 per l’assistenza della persona disabile. Dunque, anche se si può essere referente unico per più disabili, un disabile non può avere più di un referente unico.
A stabilirlo è l’articolo 24 della legge n. 183 del 2010, il cosiddetto “collegato lavoro”, il quale ha modificato l’articolo 33, terzo comma, della legge 104 del 1992 introducendo appunto il principio del referente unico per l’assistenza della persona con disabilità.
Ma una nuova modifica potrebbe essere alle porte: in questi giorni, infatti, è al vaglio del Parlamento italiano un decreto che, recependo quanto stabilito dalla direttiva europea n. 1158 del 2019, prevede appunto l’eliminazione di tale figura, consentendo dunque a più familiari di diversi non solo i compiti di assistenza ma anche il numero dei permessi a disposizione.
Nell’attesa di novità, ecco chi è oggi il referente unico e quali sono le regole previste a seconda della forma di tutela alla quale si ricorre.
Legge 104/1992: chi è il referente unico
Secondo il parere del Consiglio di Stato n. 5078 del 2008, il referente unico - ai sensi della legge n. 183 del 2010, è quella persona che “assume il ruolo e la connessa responsabilità di porsi come punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito”.
Il diritto alle tutele riconosciute a coloro che assistono un familiare disabile in condizione di gravità, dunque, spetta a un solo lavoratore dipendente. Nel dettaglio, la normativa riconosce tale possibilità a:
- genitori, anche nel caso di figli adottati o affidatari;
- coniuge, parte dell’unione civile o convivente di fatto;
- parente o affine entro il terzo grado;
- parenti o affini di terzo grado qualora i soggetti delle suddette categorie abbiano più di 65 anni di età oppure siano loro stessi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
È importante specificare, però, che la figura del referente unico non è richiesta per i genitori che si occupano dell’assistenza del figlio con grave disabilità. In questo caso, infatti, i genitori possono fruire, alternativamente, di permessi e congedo.
Chi sceglie il referente unico?
Non c’è una scala gerarchica da rispettare quando si sceglie il referente unico, a patto ovviamente il caso in cui si scelga un parente o un affine di terzo grado (in quanto in tal caso va soddisfatta la condizione di cui sopra).
Tale scelta, infatti, compete esclusivamente alla persona con disabilità, o in alternativa al suo tutore legale o amministratore di sostegno, e può ricadere su qualsiasi persona purché faccia parte delle categorie suddette.
Ad esempio, come sottolineato dall’Inps nella circolare n. 90 del 2007, non ha alcuna rilevanza la presenza nel nucleo familiare di conviventi che potrebbero dedicarsi all’assistenza del disabile, in quanto questo potrà effettuare anche una scelta differente optando per un familiare non convivente.
Cosa spetta al referente unico
Per il referente unico, ossia per chi assiste una persona con grave disabilità, ci sono una serie di tutele e agevolazioni.
Permessi legge 104/1992
Esclusivamente al referente unico lavoratore dipendente spettano tre giorni di permesso ogni mese, i quali possono essere fruiti anche a ore. La figura del referente unico non è tuttavia irrevocabile: sarà dunque possibilità di un altro familiare fare richiesta dei relativi permessi, ma solo quando chi già ne fruiva cessi di beneficiarne, e solo dopo che questo avrà dato apposita comunicazione a Inps e datore di lavoro.
Congedo straordinario
Le regole previste per i permessi straordinari valgono anche per il congedo straordinario previsto dal decreto legislativo n.119/2011. Si tratta della possibilità di assentarsi dal lavoro per un periodo di due anni, di cui si può godere in maniera frazionata o continua. Per questo periodo spetta la retribuzione.
Tutto questo significa che, come spiegato dall’Inps nella circolare n. 23/2012, che qualora per l’assistenza alla persona disabile risulti esserci una persona già titolare di permessi 104, sarà solo questa che sarà autorizzata a fare eventualmente richiesta di congedo straordinario.
Referente unico addio?
Come anticipato, però, le suddette regole potrebbero non valere per sempre visto che la figura del referente unico potrebbe essere presto cancellata. Nel recepimento della direttiva europea n. 1158 del 2019, infatti, il Parlamento italiano sta valutando l’approvazione di un apposito decreto che eliminando la figura del referente unico permetterà a più familiari di godere dei suddetti permessi e congedo.
Ovviamente si tratterebbe di una fruizione alternativa, come già oggi previsto per i genitori. Nella stessa giornata, dunque, non sarà possibile che due familiari richiedano i permessi per assistere la stessa persona disabile. Per lo stesso motivo, non sarebbe comunque possibile richiedere il permesso in una giornata in cui un altro familiare gode del congedo straordinario.
Cosa cambierebbe allora? Semplicemente che, come già oggi avviene per i genitori, si potrà fruire di permessi e congedo in alternativa senza dover aspettare che l’altro familiare cessi di godere delle tutele previste. Ad esempio, nello stesso mese si potranno dividere i tre giorni di permesso a disposizione, con un familiare che ne richiederà uno e l’altro che invece potrà godere degli altri due.
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