Regime forfettario graduale, flat tax incrementale e stralcio cartelle: le prime mosse del governo Meloni su fisco e tasse

Rosaria Imparato

05/11/2022

L’intervento su fisco e tasse del governo Meloni riguarda l’estensione graduale del regime forfettario, l’introduzione della flat tax incrementale e un condono delle cartelle ad ampio raggio.

Regime forfettario graduale, flat tax incrementale e stralcio cartelle: le prime mosse del governo Meloni su fisco e tasse

Quali saranno le prime mosse su fisco e tasse del governo Meloni? Con ogni probabilità il primo passo sarà la conferma e il rafforzamento del regime forfettario, cioè la tassazione al 15% applicata alle partite Iva con redditi fino a una determinata soglia. Di assolutamente nuovo c’è la flat tax incrementale, proposta da Fratelli d’Italia durante la campagna elettorale per le elezioni del 25 settembre.

In questo momento, però, la priorità è un’altra: con i rincari dell’energia e delle materie prime, in questo momento l’emergenza riguarda le bollette. Dove prendere le risorse a copertura dell’estensione della flat tax? Secondo il piano di Meloni, dal saldo e stralcio delle cartelle: confermata, quindi, una nuova pace fiscale.

Regime forfettario graduale: come funziona?

L’impianto del prelievo per chi applica il regime forfettario non verrà modificato. Quindi, anche nel 2023, l’aliquota di tassazione rimarrebbe al 15%. Oggi possono applicare il regime forfettario i titolari di partite Iva a determinate condizioni. Il primo requisito per i soggetti titolari di un’attività d’impresa, arte o professione, è avere ricavi o compensi che non superino i 65mila euro all’anno. In caso si svolgano più lavori corrispondenti a diversi codici Ateco bisogna considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Gli altri requisiti sono:

  • non aver sostenuto spese superiori a 20mila euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti;
  • non aver percepito oltre 30mila euro di redditi da lavoro dipendente o da pensione. Tale soglia non si applica ai lavoratori licenziati o che si sono dimessi, che quindi hanno libero accesso al regime agevolato.
    Non sono previsti limiti di spesa per i beni strumentali.

Le tasse da pagare verrebbero calcolate col meccanismo attuale, cioè applicando al fatturato un coefficiente che dipende dal settore di appartenenza, ottenendo così l’imponibile sul quale poi basare la tassa del 15% in modo forfettario, escludendo quindi detrazioni e deduzioni fiscali, con l’unica eccezione dei contributi previdenziali.

Nei piani del governo c’è quello di estendere la soglia dei ricavi e compensi da 65mila a 100mila. La coperta delle risorse, però, è corta, e quindi l’estensione del regime forfettario avverrà in modo graduale: innanzitutto, prima di varare le misure definitive è necessario un confronto con le parti sociali, e poi la flat tax dovrebbe essere estesa ai redditi fino a 80-85mila euro nel 2023, per passare ai redditi fino a 100mila nel 2024.

Flat tax incrementale: chi ci guadagna?

La flat tax incrementale sarebbe valida solo sull’aumento dei redditi dichiarati. Vuol dire che la flat tax si applicherebbe con un’aliquota forfettaria, probabilmente anch’essa al 15%, solo all’aumento del reddito. Rispetto a quanto promesso in campagna elettorale, però, l’aumento del reddito preso in considerazione è quello del triennio precedente.

Che significa? Dal punto di vista pratico, vuol dire che le partite Iva potrebbero applicare un’imposta sostitutiva sull’incremento del reddito dei tre anni precedenti, mentre sul resto del reddito si continuerebbe ad applicare la tassazione ordinaria, che segue le fasce del reddito e le aliquote Irpef.

A fare i conti è stato il Messaggero: se un contribuente dichiara 13mila euro nel triennio 2020-2022, e 15mila euro nel 2023, l’incremento di 2mila euro verrebbe così tassato:

  • 460 euro seguendo l’attuale sistema fiscale, con aliquota al 23% perché rientranti nel primo scaglione Irpef;
  • 300 euro con la flat tax incrementale, perché l’aliquota applicata sarebbe più bassa, del 15%.

I vantaggi maggiori però si vedono con i redditi più alti. Facendo gli stessi calcoli con redditi dichiarati di 55mila e 57mila euro, per esempio, quindi con un incremento sempre di 2mila euro, si paghere:

  • 860 euro con le regole Irpef attualmente vigenti;
  • sempre 300 euro con la flat tax incrementale.

È evidente, quindi, che la flat tax incrementale è particolarmente conveniente soprattutto per i redditi alti che guadagnano di più di anno in anno. C’è un risparmio sulle tasse anche per i redditi più bassi, ma nemmeno lontanamente comparabile a quello di chi guadagna di più.

Stralcio cartelle: come funziona la nuova pace fiscale

La sanatoria che ha in mente il governo Meloni è ad ampio raggio, sia per alleggerire il magazzino dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione ingolfato da oltre mille miliardi di crediti inesigibili, sia per trovare le risorse economiche a copertura degli interventi sulla flat tax.

Il condono delle cartelle dovrebbe seguire due modalità:

  • per le cartelle iscritte a ruolo sotto i mille euro è previsto lo stralcio, quindi la cancellazione del debito;
  • per i debiti di importo superiore, per ora la soglia è fissata a 2.500 euro, è previsto uno sconto dell’80%.

La Lega vorrebbe aumentare la soglia dei 2.500 euro, ma rimane il nodo delle risorse. In pratica, per le cartelle con debiti iscritti a ruolo di importo superiore a mille euro e fino a 2.500 euro, verserebbero solo il 20% di quanto dovuto, e il restante 80% verrebbe cancellato.

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