Il nuovo concetto di residenza fiscale, introdotto a inizio 2024, è illustrato in una circolare dell’Agenzia delle Entrate con esempi e istruzioni.
Le istruzioni operative sulla nuova residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti, sono illustrate dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 20/E del 4 novembre 2024.
La circolare, composta da 30 pagine e pubblicata anche in lingua inglese, ha lo scopo di chiarire gli aspetti delle novità introdotte in merito alla residenza fiscale dall’articolo 1 del D.Lgs 209 del 27 dicembre 209, in vigore a partire dal 1° gennaio 2024.
Ai fini delle imposte sui redditi le persone che devono essere considerate residenti in Italia sono quelle che hanno avuto nel territorio italiano la residenza o il domicilio per la maggior parte dell’anno. Nella considerazione vanno conteggiate anche le frazioni di giorno.
L’articolo in questione cambia il criterio con cui è determinata la residenza fiscale delle persone fisiche andando a sostituire la nozione di domicilio così come è intesa in ambito civilistico, con una nozione della stessa parola più ampia che intende il luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari di un individuo.
Non cambia, invece, il criterio secondo il quale chi è iscritto presso l’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta è considerato residente ai fini fiscali. In questo caso, però, per lo stesso principio che vale per il domicilio, è possibile per il soggetto provare il contrario, ovvero che la sua residenza è all’estero perché lì si sviluppano le relazioni personali e familiari.
Si tratta di aggiornamenti abbastanza significativi che vanno modificare la definizione di residenza fiscale prevista dall’articolo 2 del Tuir.
Vediamo cosa si intende per residenza fiscale, i dettagli in proposito e cosa è cambiato dal 1° gennaio 2024.
Cos’è la residenza fiscale in breve
La residenza fiscale, come si legge sul sito dell’Agenzia delle Entrate, è il luogo dove la persona fisica ha il proprio domicilio e la propria residenza per almeno metà anno (183 giorni l’anno che diventano 184 negli anni bisestili).
La residenza in Italia ai fini fiscali è riservata a chi per la maggior parte dell’anno è iscritto all’Anagrafe dei residenti o ha domicilio e residenza in Italia.
La delega fiscale, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14 agosto ed entrata in vigore dal 29 agosto, oltre a dettare la strada da seguire per la riforma fiscale, agisce anche sulla residenza fiscale di:
- persone fisiche;
- società;
- enti diversi.
Vediamo nel dettaglio cosa è cambiato, dal 1° gennaio 2024, rispetto alla normativa precedente e quali sono le conseguenze delle novità visto che la residenza fiscale è determinante per quel che riguarda l’imposizione.
Da ricordare, infatti, che i soggetti residenti fiscalmente sono tassati per tutti i redditi, ovunque siano stati prodotti, mentre quelli non residenti, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del Tuir, sono tassati solo sui redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Chiarimenti dell’Ade sulla residenza fiscale
Con la circolare 20/E l’Agenzia delle Entrate va a chiarire alcuni aspetti delle novità introdotte e nello specifico il concetto di domicilio fiscale e gli effetti delle novità su di esso.
Con l’attuazione del dlgs 209 del 2023 il concetto di domicilio fiscale non è più subordinato al codice, ma alle relazioni personali, familiari ed economiche del soggetto.
La semplice presenza nel territorio dello Stato per la maggior parte dell’anno (183 giorni, o 184 giorni per l’anno bisestile) configura la residenza fiscale in Italia. Nella circolare l’Agenzia delle Entrate tenta di chiarire il conteggio delle frazioni di giorno e la normativa che riguarda coloro che lavorano in smart working in Italia.
La sola iscrizione all’anagrafe della popolazione residenze ha un valore relativo e non più assoluto di residenza fiscale. Il contribuente, di fatto, può fornire prova contraria.
Residenza fiscale, prima e dopo la riforma
A regolare la residenza fiscale è l’articolo 2 del Tuir che prevede che una persona è considerata residente in Italia se per la maggior parte del periodo d’imposta è iscritta all’anagrafe della popolazione residente, ha residenza in Italia o vi ha domicilio. Per maggior parte del periodo di imposta si considera oltre la metà dell’anno e quindi:
- 183 giorni negli anni non bisestili;
- 184 giorni negli anni bisestili.
Per essere considerati fiscalmente residenti in Italia basta soddisfare uno dei requisiti sopra menzionati e non serve che siano soddisfatti tutti. Se un soggetto ha residenza in due Paesi diversi entrano in gioco le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni.
Quello che va considerato, nella normativa precedente, è che si considera una persona residente nello Stato in cui ha uno dei seguenti requisti:
- il soggiorno abituale;
- la nazionalità;
- l’abitazione permanente;
- il centro dei propri interessi vitali;
- la dimora abituale.
Tra tutti i requisiti sopra menzionati, però, quello che è più difficile da valutare è quello del domicilio abituale perché riguarda sia la sfera personale che quella patrimoniale.
La delega fiscale va a cambiare la disciplina della residenza fiscale sia delle persone fisiche, sia delle società che degli enti diversi dalle società, il tutto per rendere più coerente il concetto di residenza fiscale con le convenzioni internazionali sottoscritte dagli stati sulle doppie imposizioni, ma anche per poter applicare in modo corretto i regimi speciali previsti per coloro che trasferiscono la residenza nel nostro Paese.
Le modifiche al concetto di residenza fiscale
La novità ha lo scopo di adeguare il concetto di residenza fiscale tenendo conto anche del fatto che l’esecuzione del lavoro può avvenire anche in modalità agile. La residenza fiscale ha un impatto che rileva anche per quel che riguarda gli e-commerce internazionali e la fornitura di servizi telematici che non hanno una localizzazione fisica.
Proprio per questo è necessario adeguare il concetto di stabile organizzazione alla luce della nuova realtà sociale economica limitando, laddove è possibile, la concorrenza tra Paesi per evitare che insorgano le costituzioni di paradisi fiscali.
Residenza fiscale, cambiamenti dal 1° gennaio 2024?
Il decreto attuativo, già citato, prevede che dal 1° gennaio 2024 le regole della residenza fiscale cambiano con le caratteristiche seguenti:
- ai fini della tassazione (imposte sui redditi) i residenti sono i soggetti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno domicilio sul territorio dello Stato;
- per domicilio si intende il luogo dove si svolgono i rapporti personali e familiari del soggetto;
- si presuppone che siano residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta siano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.
Queste regole vanno a sostituire quelle previste dall’articolo 2, comma 2 del Tuir (legge 917 del 1986) che viene sostituito dal seguente:
Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
Lo scopo di queste modifiche è quello di adeguare agli standard internazionali il concetto di residenza fiscale ed evolverlo in qualche modo.
A stabilire la tassazione è la residenza fiscale 2024
La residenza fiscale, vista in quest’ottica, è determinante per stabilire quale sia l’autorità fiscale tenuta all’applicazione della tassazione. E proprio determinare la corretta residenza fiscale è fondamentale per applicare la giusta tassazione per ogni individuo. Proprio per questo la normativa italiana deve allinearsi a quella internazionale per definire la tassazione di un contribuente italiano che dimora in un altro Paese (in questo caso si applica la tassazione del Paese di residenza) al contrario di quello che accade ai soggetti non residenti che vedono tassati in quel Paese solo i redditi ivi prodotti.
La residenza fiscale è determinata dalla presenza
Dal 1° gennaio 2024 non è cambiato solo il concetto di domicilio (sede principale di interessi e affari), che è individuato nel luogo in cui la persona sviluppa le proprio relazioni personali e familiari. A diventare determinante diventa anche la presenza fisica del contribuente in quel luogo.
Il Decreto Anticipi, infatti, prevede che
Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti.
Fino al 2023 la presenza fisica era desunta da domicilio e residenza. Dal 1° gennaio 2024, invece, la presenza fisica è fondamentale nel determinare proprio il concetto di residenza: solo chi per la maggior parte del periodo di imposta è presente in Italia è considerato residente.
Residenza fiscale e iscrizione anagrafica
Quello che cambia è anche la prova della residenza all’estero nonostante l’iscrizione anagrafica in Italia. Il testo, infatti, prevede che le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente sono da considerarsi residenti, salvo prova contraria.
Residenza fiscale persone giuridiche
Il Decreto Anticipi riformula anche quella che è la definizione di residenza per società ed enti, ma in questo caso tiene conto di quelli che sono criteri e definizioni previsti per la residenza dalle Convenzioni per le doppie imposizioni.
La residenza per le società prende in considerazione tre criteri:
- la sede legale;
- la sede di direzione effettive;
- la sede della gestione ordinaria in via principale.
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