Responsabilità medica: i limiti delle linee guida in Sanità

Vittorio Proietti

12 Giugno 2017 - 11:40

Le linee guida in Sanità possono far ricadere la responsabilità medica sul professionista anche in caso di perfetta aderenza: la Sentenza 28187/2017 della Corte di Cassazione ribalta la Legge Gelli.

Responsabilità medica: i limiti delle linee guida in Sanità

Le linee guida in Sanità possono far ricadere la responsabilità medica sul professionista anche in caso di perfetta aderenza: la Sentenza 28187/2017 della Corte di Cassazione ribalta la Legge Gelli facendo luce su i limiti dell’esclusione di colpa nella responsabilità professionale.

Il caso riguarda uno psichiatra accusato di omissione per fatti commessi dal paziente. Egli non sarebbe punibile, poiché l’osservanza delle linee guida e della buona prassi sanitaria esenta da colpa e responsabilità civile e penale secondo la nuova Legge 24/2017.

I limiti della Legge Gelli, che porta medici e infermieri ad attenersi alle linee guida, sembrano però emergere prepotentemente in questi casi, dato che la Corte di Cassazione ritiene comunque omissione l’aver permesso la circolazione ad un individuo pericoloso, anche se metodologicamente corretta.

Vediamo cosa prevede la Legge Gelliriguardo alla responsabilità medica e cosa discolpa lo psichiatra nel caso specifico della Sentenza di Cassazione.

I limiti della responsabilità medica: le linee guida non salvano dai giudici

La responsabilità medica sancita dalla Legge Gelli sembra avere dei limiti in una sua applicazione troppo rigida, in quanto se da un lato la pedissequa osservanza delle linee guida in Sanità è incentivata e rende immune da colpe altre, dall’altro sembra che la magistratura non sia pienamente d’accordo.

La responsabilità medica di infermieri, OSS e medici è infatti definita extra-contrattuale dalla Legge Gelli citata, quindi legata agli atti e alle omissioni dei singoli operatori sanitari. Mantenendosi in linea con la buona prassi, i professionisti della Sanità non possono incorrere in omissioni o errori di negligenza.

Il limiti della Legge Gelli però emergono grazie ad un caso specifico citato nella Sentenza di Cassazione 28187/2017, dove è il paziente a commettere reato di omicidio e non lo psichiatra. Il medico ha infatti seguito in modo corretto la prassi sanitaria, riducendo la terapia farmacologica e rimettendo in libertà il paziente.

Rispettare le linee guida ha però portato ad un tragico evento e la Cassazione ha così ricordato che la valutazione dei fatti deve accompagnare la prassi, non esserne subordinata.

Le linee guida non escludono la realtà dei fatti

Nella Sentenza 28187/2017 la Corte di Cassazione ha ricordato che seguire le linee guida, quindi appellarsi alla responsabilità medica sancita dalla Legge Gelli, non può esimere un medico o un professionista della Sanità dal valutare i fatti concreti.

I limiti delle linee guida e della buona prassi sanitaria riguardano gli effetti reali delle scelte dei professionisti sanitari: se il paziente dello psichiatra della Asl non era pronto a tornare in libertà, il medico non doveva permetterlo.

La fattispecie concreta non può essere scissa dalle linee guida promosse dal SSN, poiché la prassi scientifica è strettamente connessa alla realtà dei fatti, anzi è ricavata da essa.

Lo psichiatra ha indirettamente permesso che il paziente commettesse l’omicidio non valutando correttamente la situazione, per questo motivo dovrà rispondere della sua colpa a prescindere di ciò che prevede la Legge Gelli.

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