Con la riforma fiscale si punta ad una equità orizzontale delle imposte prevedendo la stessa imposizione per diverse tipologie di reddito. Vediamo come potrebbe cambiare la tassazione.
Uno degli obiettivi della riforma fiscale è quello di portare ad una equità orizzontale delle imposte. Con la delega si punterà, quindi, anche all’eliminazione delle differenze di imposizione fiscale che ci sono tra le diverse tipologie di reddito che si percepiscono.
Pensionati, dipendenti e autonomi, infatti, subiscono un’imposizione differente con un netto favoritismo del i lavoratori dipendenti a discapito dei redditi da lavoro autonomo che sono quelli che subiscono il prelievo maggiore (se non è applica la flat tax del regime forfettario, ovviamente). L’obiettivo è quello di portare tutti i contribuenti a versare le stesse imposte a prescindere dalla tipologia di reddito.
Riforma fiscale e imposizione
Proprio sull’equità orizzontale dell’imposizione è dedicata una ampia parte della bozza della riforma fiscale che ha l’obiettivo di ridisegnare la tassazione in Italia.
Nella bozza si parla di un graduale perseguimento dell’equità orizzontale attraverso 4 specifiche linee di azione che sono evidenziate e che, nel tempo dovranno essere trasformate in legge e applicate.
Proprio per capire su cosa e come si vuole intervenire bisogna fare un passo indietro e capire l’attuale assetto dell’Irpef che prevede evidenti differenze che avvantaggiano principalmente i redditi medio bassi da lavoro dipendente. Perché accade questo?
In larga parte per effetto dell’ex bonus Renzi da 80 euro trasformato poi in 100 euro e poi inglobato parzialmente dalle nuove aliquote e scaglioni Irpef in vigore dal 1 gennaio 2022.
Si tratta di una sorta di detrazione d’imposta di cui possono godere solo i lavoratori dipendenti fino a un certo limite di reddito e da cui sono stati esclusi sia i pensionati che i lavoratori autonomi.
L’imposta differente per le 3 categorie di reddito
A parte il bonus Renzi/100 euro, però si deve tenere conto che per i redditi medio bassi la tassazione prevista è diversa per dipendenti, pensionati e autonomi anche a causa delle detrazioni da lavoro applicate per le diverse tipologie di reddito.
Facciamo un esempio pratico su un reddito annuo di 10.000 euro. Il lavoratore dipendente, oltre alle detrazioni da lavoro dipendente ha diritto anche ai 1.200 euro di trattamento integrativo (bonus 100 euro che spetta fino a 15.000 e, a volte fino a 28.000 euro). Con conseguenza che non solo su questi 10.000 euro il dipendente non paga nessuna tassa, ma riceve anche 780.
Il pensionato, con lo stesso reddito, invece, tolte le detrazioni da pensione deve pagare 442 euro mentre l’autonomo (senza flat tax) paga 1.188 euro.
Ovviamente la differenza di imposizione sale, sempre a favore del dipendente, al salire del reddito, ma solo fino a redditi entro i 20.000 euro annui. Per poi decrescere fino ad azzerarsi a 50.000 euro di reddito.
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Cosa potrebbe cambiare con la riforma fiscale?
Quello che si vuol fare, nel tempo, con la riforma fiscale è applicare l’esenzione fiscale alla stessa area di reddito (che oggi è differente per le 3 tipologie di reddito) e prevedere lo stesso carico fiscale per ogni tipologia di reddito. L’obiettivo finale, quindi, è quello di equiparare il reddito da pensione con quello da lavoro dipendente e autonomo a livello di imposizione fiscale.
In tutto ciò, ovviamente, si terrà conto anche delle spese sostenute per produrre il reddito: il lavoratore, sia autonomo che dipendente ha delle spese per la produzione del proprio reddito che il pensionato non ha. E si sta pensando ad un modo per permettere una deduzione trasparente di queste spese (come quelle di spostamento da casa alla sede di lavoro).
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