Con la discussione sulla riforma del MES calendarizzata in Parlamento il 30 giugno, sorge una semplice, ma necessaria, domanda: cosa succede se l’Italia ratifica il Meccanismo Europeo di Stabilità?
Nuovi aggiornamenti sul fronte della ratifica del MES. Per il via libera alle modifiche al Meccanismo Europeo di Stabilità, infatti, manca solo l’ok del Parlamento italiano. La data chiave è fissata il 30 giugno, giorno in cui la Camera si troverà a discutere della proposta di legge sulla ratifica del Mes, che l’Unione Europea vuole modificare oramai da anni.
L’obiettivo dichiarato è quello di renderlo meno stringente e aiutare gli Stati membri. Questo strumento di sostegno finanziario, infatti, è noto per essere stato utilizzato nel 2011 in occasione della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, soprattutto per la Grecia, con risultati quantomeno controversi.
Basta temporeggiare: tra un mese arriverà la decisione italiana sulla riforma del MES, una «nostra richiesta, sostenuta anche dalle altre forze di opposizione», ha specificato Chiara Braga, presidente dei deputati del Pd, a margine conferenza dei capigruppo di Montecitorio, occasione in cui il presidente Fontana «si è preso un impegno».
Ma cosa succede se l’Italia ratifica il MES? Quali sarebbero le conseguenze e quali scenari si aprirebbero?
Cosa prevede la ratifica del MES
Il MES è un’organizzazione intergovernativa dei 19 membri dell’Eurozona, nata nel 2012 per sostituire quel Fondo salva-Stati che ha sostenuto finanziariamente i Paesi a rischio default dopo la crisi economica del 2007-2008, ma in cambio di riforme d’austerità, con diversi tagli alla spesa pubblica.
Questa istituzione ha una “potenza di fuoco” fino a 700 miliardi, che può raccogliere sul mercato con vari escamotage. Attualmente i soldi possono essere prestati con due linee di credito: condizionale precauzionale (Pccl) e soggetta a condizioni rafforzate (Eccl). La prima ha condizioni “soft”, la seconda più dure.
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Riforma del Mes, cosa prevede?
La riforma dell’Ue, che deve essere approvata da tutti Stati membri (e ricordiamo, ad oggi manca solo l’approvazione dell’Italia), elimina le prime condizionalità, sostituite dal rispetto del nuovo Patto di Stabilità e modifica le clausole più restrittive. Fa discutere, tuttavia, la questione ristrutturazione del debito. Se il board direttivo del Mes, il cui potere viene in parte rafforzato, non dovesse ritenere sostenibili i debiti degli Stati, potrebbe richiedere una ristrutturazione come condizione obbligatoria per accedere al prestito.
Il nuovo MES si lega poi al Fondo di risoluzione unico (Fsr), finanziato dalle banche degli Stati dell’Eurozona, con l’obiettivo di risolvere le crisi bancarie. Se il Fondo finisce i fondi a disposizione, il Mes può prestare fino a 55 miliardi per salvare gli istituti bancari.
Cosa succede se l’Italia ratifica il MES
Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani ci sono delle riserve nei partiti di maggioranza sulla riforma proposta in sede europea e aggiunge che Forza Italia lo considera uno strumento “ poco europeista ”, soprattutto per “il mancato controllo di chi guida il MES da parte del Parlamento europeo”.
Di fatto, qualora l’Italia ratificasse il MES, si ritroverebbe de facto ad accettare le modifiche proposte in sede europea al meccanismo e, di conseguenza, dovrebbe sottostarvi qualora avesse necessità di usufruire di tale strumento.
Questo vuol dire che se il board direttivo del MES, il cui potere viene in parte rafforzato con la riforma, non ritenesse sostenibile il debito dello Stato italiano, potrebbe richiedere una ristrutturazione come condizione obbligatoria per accedere al prestito, valutando l’opzione con la Commissione europea.
In caso di ristrutturazione, che in questo caso sarebbe semplificata e quasi immediata tramite la modifica delle Clausole d’azione collettiva, l’Italia non ripagherebbe più tutti i suoi debiti ai creditori. Questo potrebbe far scendere drasticamente la fiducia dei mercati e far salire alle stelle i tassi dei titoli di Stato.
L’Italia si esporrebbe a un’esplosione certa dello spread, con lo spettro del default in caso di assoluta emergenza.
La riforma non prevede un meccanismo automatico di ristrutturazione, ma solo la discrezionalità nel valutare la sostenibilità del debito da parte del MES e della Commissione europea. In ogni caso l’Italia controlla il 17% del board del MES e può bloccare le decisioni discrezionali. La ristrutturazione, pertanto, può diventare un vero pericolo solo se inserita nel Memorandum d’Intesa “strong”. Ma comunque dovrebbe essere sempre l’Italia a fare richiesta del prestito.
E se l’Italia non approva la riforma del MES?
Difficile che questo accada e l’atteggiamento del governo mostra chiaramente che Meloni non vuole rischiare di rimanere ulteriormente isolata in Europa. Il momento economico è difficile e i pregiudizi per l’esecutivo di centrodestra sono tanti. La manovra è stata approvata dalla Commissione Ue, seppur con diverse critiche, ma l’equilibrio è precario.
Le distanze con alcuni Paesi, in primis la Francia, sono già tante. Bloccare una riforma europea da soli è uno scenario che l’Italia potrebbe non permettersi se vuole avere spazi di bilancio. Ci sarebbe infatti uno strappo con Bruxelles, inimicandosi l’esecutivo comunitario, che finora è stato tutto sommato morbido con il governo Meloni. I
Una forzatura, poi, non sarebbe gradita nemmeno al Quirinale, con Sergio Mattarella che spinge per rimanere nell’alveo dell’UE.
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