Ecco come si dividono le spese del riscaldamento centralizzato tra i condomini secondo la legge e come si devono considerare i consumi.
Il riscaldamento centralizzato è piuttosto efficiente dal punto di vista energetico, ma in un condominio pone l’inevitabile problema della divisione delle spese fra i diversi utenti. In realtà, la legge stabilisce con sufficiente precisione i criteri da adottare, ma alcuni elementi restano comunque oggetto di lite, specialmente riguardo ai cosiddetti prelievi involontari.
Questi ultimi riguardano semplicemente le dispersioni di calore di cui alcuni condomini – a seconda della posizione e della struttura degli alloggi – usufruiscono indipendentemente dalla loro volontà. Il risultato è che anche chi ha un riscaldamento autonomo o comunque non usufruisce di quello centralizzato deve versare una quota per il riscaldamento condominiale, spesso ritenuta ingiusta dagli interessati.
Vediamo quindi come si dividono le spese del riscaldamento centralizzato condominiale e quanto influiscono i consumi e le dimensioni delle proprietà.
Cosa stabilisce la legge sulla divisione delle spese per il riscaldamento centralizzato
La ripartizione delle spese condominiali è regolata dal Codice civile, che individua il criterio generale per il quale i costi debbano essere divisi tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà e il responsabile di questa divisione è l’amministratore di condominio. Questa regola può comunque essere modificata dall’assemblea condominiale, purché con votazione all’unanimità.
C’è poi un secondo criterio, una forma eccezionale, che riguarda le spese relative a servizi utilizzati dai condomini in materia eterogenea. In questa categoria rientrano proprio i costi per il riscaldamento centralizzato, inevitabilmente sfruttato in diverse misure dai condomini, ma anche altri servizi comuni come l’ascensore. In base a questo principio le spese vengono suddivise in proporzione dei consumi e non dei millesimi di proprietà.
Come anticipato, tuttavia, non tutta la somma dei costi per il riscaldamento è formata dai consumi diretti, poiché si comprendono anche le dispersioni inevitabili. Di conseguenza, per una divisione equa si adotta un criterio misto con cui ogni condomino è tenuto al pagamento di una quota fissa (in genere intorno al 30% della spesa complessiva) e di una quota variabile dipendente dai consumi.
La percentuale precisa può essere derogata dall’assemblea secondo la legge, infatti può variare a seconda della diagnosi energetica e delle eventuali relazioni tecniche, anche se la parte relativa ai consumi rimane nella maggior parte dei casi quella più corposa della spesa da sostenere.
Riscaldamento condominiale, quote fisse e variabili
Secondo quanto stabilito dalla legge, la quota fissa del riscaldamento è ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, poiché riguardante i prelievi involontari di calore dovuti alla dispersione e in genere all’arricchimento che trae il condominio dal servizio, a prescindere dall’utilizzo del singolo proprietario. L’assemblea condominiale può comunque individuare criteri diversi e personalizzati per la ripartizione di questa quota. Tra i criteri adottabili in luogo dei millesimi ci sono i metri quadrati e i metri cubi degli appartamenti, ma anche le potenze installate.
La quota variabile, invece, dipende dai consumi dei condomini registrati dai contabilizzatori del calore. Il decreto legislativo n. 73/2020 consente all’assemblea condominiale di stabilire l’entità delle quote in base alle particolari esigenze del condominio, purché la quota fissa non superi il 50% del totale.
Quanto pagano gli inquilini?
Sapere come si dividono le spese del riscaldamento centralizzato tra i condomini non è sufficiente se uno o più alloggi sono in locazione, poiché sono gli inquilini ad avere responsabilità riguardo ai consumi. Tutti i dettagli devono essere contenuti nel contratto d’affitto, su cui gli inquilini hanno il diritto a visionare la documentazione.
Salvo diversi accordi, comunque, l’intero costo del riscaldamento centralizzato spetta agli inquilini, mentre il proprietario di casa deve sostenere le spese per la manutenzione – sia ordinaria che straordinaria – e dell’eventuale distacco per l’installazione del riscaldamento autonomo, che comunque è stabilito dal locatore.
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